Avere vent’anni: due chitarristi dal vivo, uno pelato e uno no

Vent’anni fa tutta l’industria discografica si trovava nel pieno della crisi del supporto magnetico da vendersi sfuso, ovvero i CD, oggetti di quasi modernariato che ormai non comprava quasi più nessuno grazie all’avvento di mIRC, Emule, Winmx, Napster (poi fatto chiudere grazie alla famosa querelle coi Metallica) e compagnia peer to peer che, di fatto, causarono una rivoluzione in un mercato livellato dalle tariffe imposte dalle major discografiche, forti di un potere di monopolio sul prezzo a cui poi tutte le altre giocoforza si adeguavano. Ricordo bene le Madonne che volavano quando compravo un cd nuovo di pacca il giorno dell’uscita e mi scappavano via dal già esangue portafogli trentacinque/trentottomila lire, l’equivalente odierno di un fracco di euri considerato il cambio e l’inflazione, con tutta soddisfazione per il mio negoziante di sfiducia, che però adesso vive di aperitivi cenati che paga con lo stipendio della moglie. Che poi, detto tra noi, pure mi spiacerebbe per te, cara moglie, ma se hai sposato un coglione purtroppo con ogni evidenza sei una cogliona pure tu, e quindi direi di no, non mi dispiace per te, tutto sommato.
E insomma non c’era più tanta trippa per gatti né per le case discografiche né, tantomeno, per gli artisti, che dall’oggi al domani si sono trovati a vedere azzerate o quasi le entrate derivanti dal venduto e a dover ripianificare la propria carriera. Ovviamente gruppi come i già citati Metallica, gli Iron Maiden, Black Sabbath, Kiss, insomma quella gente che nel complesso ha venduto milioni o decine di milioni di dischi (tanto che continuano ancora a venderne nonostante tutto), risentirono dell’improvvisa contrazione delle entrate, in misura molto minore rispetto ad altri che campavano più sul nuovo che non sul catalogo dal già venduto, e che magari, da topi da studio, si videro costretti a cominciare un nuovo percorso di artisti dal vivo, visto che se vuoi vedere un concerto comunque il biglietto devi pagarlo, poco ma sicuro (al netto di accrediti stampa e imbucati vari, chiaramente).
E poi c’è anche tutto l’indotto dato dalle vendite collaterali, ovvero magliette, gadget e amenità varie, e vent’anni orsono anche i CD e DVD dal vivo, oggi una vera rarità. Oddio, i DVD dal vivo ancora vanno un po’, forse. Blu ray magari? Non so. Comunque, Satriani e Vai all’epoca si sono evidentemente trovati entrambi nelle stesse secche commerciali, visto che tutti e due, dopo lunghi tour, diedero alle stampe due CD (ed anche un DVD per Satriani) registrati dal vivo. Sono entrambi dischi molto carini, ma la cosa interessante di Alive in an Ultra World di Steve Vai è che è composto da soli inediti scritti appositamente per la nazione dove poi sono stati suonati, il che lo rende decisamente più fresco di Live in San Francisco di Satriani, che, per quanto gradevole, era composto esclusivamente da canzoni già note. Chiaramente nel disco di Vai non è che ci siano questi capolavori, però sono tutti pezzi gradevoli e qualcuno pure un po’ più che gradevole. Vabbè, se vi capita quello di Vai ascoltatelo, quello di Satriani giusto se lo amate visceralmente. (Cesare Carrozzi)
Steve Vai lo vidi dal vivo poco dopo l’uscita del live, stava continuando a portare in giro le canzoni inedite, oltre ai suoi classici. La serata in cui lo vidi al basso c’era Billy Sheehan e fu uno spettacolo indimenticabile. Vero che a sentirle sul CD non sono canzoni stupefacenti, sono semplicemente gradevoli, ma dal vivo c’erano un’energia e un’intensità completamente diverse, avevano veramente qualcosa in più.
Il live di Satriani sinceramente lo mancai e non l’ho mai più recuperato.
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