Avere vent’anni: STEVE VAI – The Ultra Zone

A volte mi è difficile scrivere di Steve Vai; è difficile perché, anche a distanza di tutti questi anni dalla prima volta che ascoltai Flex-Able, arrivando a pensare ad un certo punto che si fosse rotto il mangianastri dello stereo, non ne ho un’opinione definita e questa cosa è particolarmente perniciosa, avendo io un’opinione, condivisibile o meno (ma se non la condividete siete sicuramente degli incredibili stronzi), per tutto o quasi. Ecco, qui rientriamo in quel quasi in cui non amo molto stare e che preferirei evitare, ma non si può evitare Steve Vai se suoni la chitarra elettrica e sei un contemporaneo. Eh no. Quindi come la mettiamo? La mettiamo che The Ultra Zone è un lavoro discreto, che riprende qualcosa da Flex-Able ma fortunatamente giusto in frangenti limitati a qualche sporadico qui e lì. Perché poi a me Flex-Able, tranne qualcosa tipo The Attitude Song o Call it Sleep, fa cacare adesso come quando avevo quindici anni, e non è questione di mancata maturità (o immaturità relativa) dell’epoca: è che ho sempre pensato che le sperimentazioni sonore alla Frank Zappa sono divertenti quando LE FAI ma non quando LE SUBISCI, perché se ti piacciono evidentemente sei quel genere di persona che o ama subire, anche in generale, o ascolta un po’ di tutto prestandoci però relativamente poca attenzione, quindi una sorta di bulimico musicale o, più probabilmente entrambe le cose.

Tanto è che, se vi piace Frank Zappa e leggete, allora siete uno dei motivi principali per i quali i CD ad un certo punto sono arrivati a costare trentacinque/trentasette/trentottomila lire, e quindi ANDATEVENE AFFANCULO ora per allora. Detto questo, adoro Passion and Warfare, ritengo Steve Vai un produttore coi controfiocchi e mi piace abbastanza come persona (per quanto si possa dire di un personaggio pubblico), specialmente adesso che è sul far dei sessanta e che con l’età ha limato qualche bizzarria caratteriale di troppo. Peraltro è anche uno dei motivi per i quali ad un certo momento ho avuto una Ibanez RG (non una Jem, però). E The Ultra Zone? È carino, nulla di che ma si fa ascoltare, con un pezzo clamoroso che è Windows to the Soul, ed una porcata allucinante come The Silent Within, immagino pregna di significati per Vai ma, non di meno, terribile per chiunque altro. Insomma, boh: se vi va e vi piace particolarmente Vai mettetelo su, altrimenti fossi in voi tornerei ad ascoltare Passion and Warfare (e magari anche qualcosa da Fire Garden). (Cesare Carrozzi)

7 commenti

  • Non sono un cultore di Vai ma sto pezzo mi ha fatto venire il doppio mento a forza di piegare il collo in avanti per mimare l’ assolo !

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  • Eh, boh, a me piace sex & religion

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  • Album capolavoro, semplicemente fenomenale. Cesare, ho definitivamente compreso che noi due viaggiamo su due binari diversi (SI, mi piacciono i Nevermore, e Warrel è un cantante di serie A+). E Voodoo acid è stratosferico. Wiwa ladddroga 😁. E wiwa la Bagigia 😍. E wiwa le bigboobs

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  • Se puoi fai un favore a tutti le tue oppinioni da coglione tienitele per te ignorante

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  • Non ho ben capito il discorso su Zappa e sul fare o subire il suo stile…onestamente non me ne fotte niente di Steve Vai, che era tra l’altro la stunt guitar di Zappa per un periodo, ma sono un fan terminale di Zappa, e questa frase buttata li così non capisco dove voglia arrivare…

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  • Sostanzialmente la penso uguale, sia su flexable, sia su zappa, sia su vai in generale, anche essendone stato all’epoca un grande fan.
    The ultra zone era un distacco dalle cose già sentite, un cambio (relativo) di direzione e in un certo senso ha una ventata di freschezza. Purtroppo non è all’altezza dei precedenti come singoli pezzi, ma nel complesso ha un suo perché.

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