Avere vent’anni: JOE SATRIANI – Crystal Planet


Tra i vari guitar heroes che mi hanno allietato l’adolescenza, Satriani è sempre stato quello che meno ha incontrato il mio personalissimo gusto, per quanto potesse comunque piacermi molto. Ovviamente la stragrande maggioranza di voialtri testoni starà pensando che non capisco un cazzo (vero), oppure “chi cazzo è Cesare Carrozzi?” (già, chi stracazzo sarà mai?), o magari che devo morire gonfio (non dobbiamo forse tutti?) o tutte e tre le precedenti, però sappiate che quello che intendo dire non è tanto che non mi piacciono i dischi di Satriani, anzi, ma che non sempre apprezzo come suona, proprio da un punto di vista stilistico, o più propriamente tecnico. Per questo particolare aspetto, infatti, ce ne sono parecchi altri che mi piacciono di più, tipo Steve Vai, tanto per fare un nome per tutti e di uno che rimane facilmente accostabile a Satriani per ovvie ragioni. Ho sempre trovato Vai di varie spanne superiore (ripeto dal punto di vista esecutivo/tecnico) al suo ex maestro Satriani, che mi è sempre sembrato più limitato, pure più “sporco” per certi versi, meno definito, meno rifinito. Più approssimativo, sostanzialmente. Ma se è vero che tecnicamente apprezzo più altri, è anche vero che come compositore Satriani è indiscutibilmente uno dei migliori nell’ambito della musica rock strumentale per chitarra, se non il migliore in assoluto. 

A partire da Not Of This Earth fino a Crystal Planet, quindi per circa una decina d’anni, questo signore ha tirato fuori dischi bellissimi, affermerei uno migliore dell’altro se non fosse che, com’è normale che sia, ho i miei preferiti, che sono appunto Not Of This Earth, Surfing With The Alien e Time Machine, quest’ultimo doppio di inediti di cui il solo secondo disco, quello live con Stu Hamm al basso e Jonathan Mover alla batteria, vale da solo l’acquisto di tutto il pacchetto con entrambi i cd (peraltro se non lo avete ancora correte a recuperarlo prima di subito). Molti identificano il lavoro migliore di Joe in The Extremist, che è effettivamente un discone anche se gli ho sempre preferito il Satriani più sperimentale dei primi due dischi, volendo quello più fantascientifico, capace di evocare paesaggi alieni e spaziali, se mi passate l’analogia con la fantascienza o lo spazio (ma anche se non me la passate, chi se ne fotte dopotutto). In questo senso, Crystal Planet già dal titolo non poté che richiamare il mio interesse, vent’anni fa quand’ero ancora piuttosto preso da tutta ‘sta roba per chitarra; lo presi appena uscito, lo misi nel lettore cd e fu subito amore. Non quell’amore travolgente dei dischi che vi ho nominato, ma amore comunque, solido e duraturo, visto che a vent’anni di distanza rimane sempre lo stesso discone fantastico, non essendo in pratica invecchiato di un giorno dall’uscita. È inutile che vi accenni a questa o quella traccia: quello che dovete fare adesso è ascoltarvelo dalla prima all’ultima nota, perché se già lo conoscete non potrete che essere felici di riscoprirlo, nel caso invece non lo conosciate affatto lo amerete senza dubbio alcuno. Come che sia, ascoltatelo e basta. (Cesare Carrozzi)

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