L’Ep di debutto dei RÜYYN

Debutto assoluto per i francesi RüYYn con un lungo EP omonimo di quattro pezzi che dura quasi mezz’ora. Siamo sempre lì a tentare di stabilire che formato abbia un EP, cosa si possa altrimenti definire un mini-album e cosa un full lenght. Uno di ‘sti giorni dovremmo fare un concilio in stile medioevale tra tutti gli acquirenti di musica del mondo, tipo uno di quei sondaggi del cazzo che si trovano su Youtube, e stabilire dei criteri definitivi, perché ho visto anche recentissimamente considerare full length uscite da 22/23 minuti. Se pensate che questa sia una questione di lana caprina, sappiate che il prezzo di vendita cambia a seconda della classificazione, per cui si corre il rischio di pagare trenta minuti di musica meno di quanto se ne paghi per 22, il che assomiglia un po’ a una presa per il culo.
Non è però il caso dei RüYYn, perché, a parte un’insignificante outro di una cinquantina di secondi (che sul serio non si capisce cosa diamine ci stia lì a fare, visto che non aggiunge assolutamente nulla ai quattro pezzi che la precedono né impreziosisce il prodotto finale), questi brani sono tutti piuttosto lunghi, elaborati, privi di titolo come di solito si usa fare per i dischi che più che in canzoni a sé stanti sono suddivisi in capitoli, come se in realtà l’opera consista di un solo lungo episodio diviso in movimenti. Tendo a pensare che sia proprio questa l’intenzione della band, dal momento che i quattro brani sono tutti molto simili per stile ed impostazione, un fast black metal melodico e d’atmosfera (non inquadrabile nel sinfonico perché affatto ridondante come spesso capita in questo frangente) che solo di rado rallenta in sezioni più meditate. Le chitarre sono arrangiate con suoni molto acidi, e, sebbene si senta che sono francesi, a me come impostazione ricordano moltissimo i Watain dell’epoca mediana della loro carriera, contaminati con influenze straziate di reminiscenza religious black; si potrebbe dire che, tanto per rimanere in Francia, un po’ di Deathspell Omega nella ricetta dei RüYYn lo troviamo senza dubbio, ma non solo. Anche gli Antaeus e i Bekhira devono averli ascoltati parecchio, considerando la voluta tragicità dei suoni delle chitarre e la propensione a far “esplodere” il brano nei suoi primi passi per poi cercare soluzioni più meditate e fare nuovamente tabula rasa in un secondo tempo.
Di fatto non si sa se il progetto sia il parto di una mente sola o di un gruppo vero e proprio, perché non ci sono informazioni a riguardo. Quella dell’anonimato totale è una moda che sta tornando in auge come ai tempi dei Kvist, tanto per fare un esempio, che per anni nessuno ha saputo chi fossero, neanche ci fosse chissà che cosa da nascondere. Di certo il disco è più che apprezzabile, anche perché, seguendo la tradizione francese, i RüYYn di melodie gustose ce ne mettono parecchie. Una volta, senza l’ausilio della tecnologia che oggi è alla portata di tutti e permette risultati di assoluta eccellenza per quanto riguarda i suoni e registrazione, questa sarebbe stata una demotape pubblicata probabilmente da Drakkar records o da Chanteloup creations – label underground francesi che hanno fatto prosperare il black metal in Patria – e in breve tempo avrebbe generato un discreto tapetrading prima di essere stampata in versione ufficiale su CD, magari riregistrata con suoni migliori. Oggi non c’è bisogno di rivedere il master e il disco è già pronto per la pressing plant, l’unica differenza è che adesso lo chiamiamo EP, e bisognerà vedere se qualcuno avrà voglia di investire un po’ di soldi per dare una versione fisica a qualcosa che non sia destinato a rimanere solo una bolla di sapone che si perde in un mondo infinito di altre uscite non necessariamente dello stesso livello artistico. A me RüYYn è piaciuto molto, lo trovo bello aggressivo e cattivo il giusto, violento quando serve e melodico quel tanto che basta da non essere sputtanato e farmi godere forte ad ascoltare questi brani più che volentieri, già un bel po’ di volte ormai e chissà quante altre ancora. (Griffar)
Quel che ho capito io: un EP di solito viene considerato alla stregua di una breve raccolta di tracce, con un singolo principale e altre tracce per un massimo di 4 complessive.
Un mini album dovrebbe contenere più tracce, diciamo 6.
Poi però subentra il paradosso della lunghezza e sti criteri se ne vanno a puttane.
Comunque è una vita che non compro un EP. E a parte rarissimi casi mi è spesso sembrato di buttare i soldi. Perché una volta uscivano per completare un full-lenght e ci finiva un sacco di merda dentro. Oggi è diverso chiaramente e questi formati stanno tornando alla ribalta.
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