L’umanità propone: Jean-Claude Romand, l’apparenza come stile di vita

In un’epoca come quella attuale, dove sembra lecito fingere di essere ciò che in realtà non si è (soprattutto tramite i social) ed in cui, quindi, la menzogna è diventata ormai la norma, secondo me è doveroso chiedersi fin dove ci si possa spingere e, soprattutto, quali conseguenze possano avere le bugie. La mistificazione della realtà non è una peculiarità solo di quest’era malata: seppur con sfumature diverse, è sempre stata parte integrante della vita degli esseri umani. Si mente per non affrontare delle situazioni, per ottenere delle cose dagli altri che altrimenti ci verrebbero negate o, come accade oggi sempre più spesso, si dicono le bugie a causa dell’insicurezza, magari nel tentativo di apparire migliori agli occhi di chi ci sta intorno. A volte lo si fa anche a fin di bene, almeno nelle intenzioni. Sull’argomento sono stati scritti trattati, saggi, leggende e favole, ma, come spesso avviene, la realtà in alcuni casi supera di gran lunga la fantasia. Riguardo questo tema a me viene in mente la storia di un uomo apparentemente normale: stimato professionista, marito e padre esemplare ed amico prezioso. Più o meno.

Jean-Claude Romand nasce nel febbraio del 1954 a Lons-le-Saunier, una cittadina di circa 20.000 abitanti della Borgogna-Franca Contea, una regione francese al confine con la Svizzera. La sua è un’infanzia normalissima, comune a tanti figli della borghesia di quell’epoca: alle elementari è tra i primi della classe. Col tempo i suoi voti calano, ma rimangono comunque sempre buoni, sino al conseguimento del diploma. È figlio unico e la famiglia cerca di accontentarlo sempre e comunque, seguendolo amorevolmente nel suo percorso di crescita. È molto curioso ed ama imparare cose nuove ogni volta che ne ha la possibilità. Nella prima adolescenza, però, Jean-Claude ha un piccolo cambiamento: comincia ad inventare delle storie e le racconta regolarmente alle persone che gli stanno intorno. Le classiche sbruffonate da bar atte a mostrarsi figo, scaltro e brillante. Niente di particolarmente insolito: chi non ha mai avuto a che fare almeno una volta con un elemento del genere?

Chiunque lo conosca lo considera un bravissimo ragazzo, generoso, dispensatore di consigli e disponibile ad aiutare tutti. Un buon amico, insomma, ma anche un giovane stimabile, maturo e con la testa sulle spalle. In virtù dell’immagine di sé che ha sempre mostrato agli altri, nessuno mette in dubbio le storie che il giovane Romand racconta in giro. Ma perché lo fa? Forse per insicurezza. Jean-Claude non è un adone: è un misto tra Carlo Conti (non lampadato) e Gerry Scotti e con le ragazze non ha molto successo, quindi probabilmente decide di darsi una sorta di fascino alternativo raccontando panzane a tutti. Funziona: verso la fine delle scuole superiori riesce a conquistare Florence Crolet, una ragazza di ottima famiglia, bella e corteggiatissima. La storia ad un certo punto inizia a vacillare: Florence vuole lasciarlo. Jean-Claude ha già avuto più di una dimostrazione pratica riguardo l’efficacia delle bugie e decide quindi di uscire da quella situazione con un’altra fregnaccia: dice alla sua ragazza di avere un linfoma. Niente di troppo aggressivo, ma dovrà sottoporsi a delle sedute di chemioterapia per il resto dei suoi giorni. Roba leggera, ma vuole andare a fare le terapie da solo per evitare che i suoi cari lo vedano debilitato. È una palese minchiata che non sta in piedi, ma Florence ci crede. Ci credono anche tutte le altre persone che fanno parte della sua vita. Il finto linfoma salva la sua storia d’amore (suscitare pietà è un classico di certi soggetti per legare a sé le persone) e gli tornerà utile in futuro per giustificare diverse puttanate.

Finito il liceo, Jean-Claude decide di iscriversi alla facoltà di medicina di Lione. I genitori pensano bene di comprargli un appartamento vicino all’università. Il primo anno è disastroso. Il passaggio dalle superiori agli studi di medicina è traumatico e Jean-Claude si “arena”. Una persona più o meno normale a quel punto avrebbe vagliato delle opzioni logiche: impegnarsi maggiormente, cercando di recuperare, oppure comprendere di aver sbagliato corso di studi, quindi cambiare facoltà o addirittura decidere di abbandonare l’università e cercare un impiego. Jean-Claude Romand, però, ormai da anni è caduto in un vortice terrificante: le opinioni altrui. Con fatica si è costruito un’immagine impeccabile, quella del giovane responsabile, brillante ed altruista, la cui logica evoluzione è, ovviamente, quella dell’adulto professionista di altissimo livello. Ottenere dei risultati costa fatica e richiede uno sforzo probabilmente al di sopra delle sue effettive capacità ed è così che quindi decide di tornare al solito stratagemma: la menzogna. Questa volta non si tratta di ingannare qualche adolescente mostrandosi un giovincello brillante ed amico di tutti. Ora è nel mondo degli adulti, lo step successivo, e si fa sul serio. Per ben dodici anni Jean-Claude frequenta la facoltà di medicina. O meglio: si reca in aula a giorni alterni, ma non dà nemmeno un esame. Si limita a farsi vedere lì durante le lezioni o quando ci sono gli appelli, in modo che tutti pensino che sia un vero e proprio studente. Inventa, quindi, di essersi laureato e poi specializzato. Incredibilmente il piano gli riesce: i colleghi di facoltà, gli amici e tutta la sua famiglia alla fine del suo finto percorso di studi credono che sia un medico specialista. Per tutti diventa il dottor Romand.

Dopo un brillante e difficile periodo universitario atto a garantire una professione remunerativa, chiaramente, bisogna formare una famiglia. È il giusto passo successivo di ogni “persona rispettabile”. Il matrimonio con la storica fidanzata Florence è il degno coronamento dell’elaborato disegno di Jean-Claude. E poi? Ci sono i figli, ovviamente. Ne arrivano due, prima una femmina e poi un maschio: Caroline ed Antoine. Bisogna abitare in una villa, come ogni professionista che si rispetti. E i figli devono studiare nelle scuole private più blasonate. La moglie deve avere abiti firmati, frequentare posti esclusivi ed amicizie di pari levatura sociale, avere dei domestici, una bella auto, gioielli e cazzi vari. Insomma: tutto ciò che ci si aspetta da un medico specialista di altissimo livello. Chiaramente non si tratta di un comune ospedaliero, ma di un brillantissimo ricercatore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la famosa OMS, la cui sede centrale è a Ginevra, quindi il Nostro compra una villa in una località francese ancora più vicina al confine con la Svizzera, per recarsi sul posto di lavoro agevolmente.

Se qualcuno è arrivato sino a questo punto, di sicuro si starà chiedendo come cazzo abbia fatto il vecchio Jean-Claude ad ingannare anche l’OMS. Semplice: non lo ha fatto, né ci ha mai avuto a che fare. E quindi come fa a garantire quell’altissimo tenore di vita alla sua famiglia, visto che non è davvero un brillante ricercatore? Risposta ancora più semplice della precedente: ovviamente con la menzogna, la costante della sua esistenza. Venendo da una famiglia borghese ed avendo sposato una donna di pari ceto, l’ottimo Romand ha molti amici e conoscenti benestanti. Ne inventa un’altra delle sue: visto che per lavoro, almeno in teoria, frequenta Ginevra tutti i giorni, millanta delle conoscenze tra i direttori di varie banche svizzere, i quali, data la sua stimabile professione, gli garantiscono degli investimenti pazzeschi con degli interessi annuali enormi. Un vero e proprio affare. Racconta questa storiella a tutti, in primis alla sua famiglia, e, come sempre, tutti gli credono. E gli affidano una barca di soldi da investire. Si parla di circa due miliardi di franchi francesi dell’epoca (seconda metà degli anni Ottanta), tra amici, conoscenti, cognati, suoceri, genitori e persino una storica amante, che gli consegna ben 900.000 franchi. Del resto, chi non si fiderebbe ciecamente dello stimato dottor Romand, amico leale, luminare della medicina, marito esemplare, padre amorevole e figlio amatissimo?

Sempre rimanendo in tema soldi, c’è un altro episodio molto significativo che aiuta a caratterizzare meglio questo assurdo soggetto. Un parente di sua moglie malato di tumore, ormai allo stadio terminale, si rivolge a lui per chiedergli dei consigli. Jean-Claude lo rassicura dicendogli che all’OMS hanno elaborato dei farmaci sperimentali efficacissimi contro qualsiasi forma di neoplasia. Sono ovviamente segreti ed hanno un costo elevato, ma lui è in grado di farglieli avere ad un prezzo di favore: 15.000 franchi a confezione. Si tratta in realtà di semplici placebo e il poveretto ovviamente muore comunque senza trarre alcun tipo di giovamento, ma con il portafoglio notevolmente alleggerito dal sedicente dottor Romand.

Le “giornate lavorative” di Jean-Claude sono una sorta di compendio della sua vita. Ogni mattina si sveglia presto, accompagna i figli a scuola e poi attraversa il confine sino ad arrivare a Ginevra, distante circa 20 chilometri. Trascorre mattinate intere a cazzeggiare: va al cinema, al museo, nei parchi o nei boschi a passeggiare, oppure in biblioteca, dove legge per ore volumi di medicina, acquisendo nozioni da sciorinare durante le ricorrenze con amici e conoscenti, per alimentare e rendere maggiormente credibile il suo personaggio. Se piove, si ferma nel parcheggio di un supermercato e rimane in macchina per ore, sino all’ora di pranzo. A quel punto ritorna quasi sempre a casa, mangia, si riposa e poi torna a Ginevra, trascorrendo i pomeriggi nello stesso modo. Si inventa anche dei congressi all’estero: si fa accompagnare in aeroporto e finge di partire. Poi compra delle guide turistiche delle città in cui ha i congressi immaginari, prende una stanza in un hotel lì vicino e le studia, in modo da poter raccontare alla famiglia qualcosa sulle bellezze delle città in cui ha finto di andare. Questa routine si ripete per oltre dieci anni. La sua intera esistenza è una menzogna.

Florence nota più volte delle stranezze e si insospettisce, ma alla fine non le manca niente e probabilmente preferisce considerare i dubbi sul marito delle sue seghe mentali. Anche suo padre, il suocero di Jean-Claude, ad un certo punto comincia a sentire un forte odore di merda: qualche anno prima gli ha affidato un sacco di soldi da investire in Svizzera, ma non ha mai più visto un cazzo di niente. Lo fa presente al genero e come risposta riceve delle scuse. Servono al fantomatico dottor Romand per prendere tempo. Un giorno succede una cosa un tantinello strana: Jean-Claude è da solo in casa con il suocero, il quale ad un certo punto cade accidentalmente, batte la testa e finisce in coma, morendo pochi giorno dopo. Il Nostro racconta che l’anziano è scivolato mentre lui era in un’altra stanza. Manco a dirlo, ci credono tutti e la vicenda viene quindi considerata una tragica fatalità.

Anche la sua amante comincia insistentemente a chiedergli conto delle enormi somme che gli ha affidato nel corso degli anni, così come i cognati ed i suoi genitori. Ci sono pure le banche: Jean-Claude ha i conti in rosso. Si genera una sorta di effetto domino: tutti i suoi creditori lo mettono con le spalle al muro. Persino sua moglie Florence pretende delle spiegazioni. Questa volta, insomma, non c’è bugia che tenga. Il dottor Romand si sente in trappola: sarà costretto a svelare tutte le menzogne con cui ha letteralmente costruito la sua vita, coprendosi di vergogna e smerdando, di conseguenza, tutti i componenti della sua famiglia.

La situazione è seria e quindi serve una soluzione drastica. Insomma: bisogna passare all’azione. Una sera, dopo l’ennesima lite con sua moglie, Jean-Claude prende un mattarello e la colpisce più volte con estrema violenza, fracassandole il cranio, poi si mette a dormire, con il cadavere di Florence ancora riverso sul pavimento. La mattina successiva si alza e trova i bambini già svegli che guardano la televisione sul divano. La notte precedente non hanno sentito niente. Si siede con loro a guardare i cartoni animati e poi propone di fare un gioco: Caroline (sette anni) ed Antoine (cinque anni) devono andare nelle rispettive stanzette, stendersi sul letto a pancia in giù e mettersi un cuscino sulla testa. I bambini, entusiasti, obbediscono al padre. Probabilmente sono anche ansiosi di scoprire in cosa consista il gioco. A quel punto Jean-Claude va a prendere un fucile che si è procurato qualche giorno prima, monta un silenziatore, sale al piano di sopra e spara diversi colpi ai suoi figli, uccidendoli. Pulisce in maniera molto approssimativa e va a casa dei suoi genitori. Mangia, parlando del più e del meno, poi, a turno, li attira in una stanza con una scusa e spara anche a loro. Prima di andarsene, va in giardino ed ammazza anche il cane. Sua figlia Caroline era molto affezionata al labrador dei nonni ed in quel modo potrà continuare a giocare con lui in paradiso, dirà in seguito durante il processo. Subito dopo chiama la sua amante e le chiede un incontro per quella sera stessa: vuole ridarle i soldi. Ovviamente si tratta dell’ennesima bugia. La carica in macchina e finge un guasto dell’auto quasi subito, mentre percorrono una strada di campagna. A quel punto la stordisce con uno spray al peperoncino e tenta di strangolarla. La donna, nel disperato tentativo di salvarsi, gli chiede di pensare ai suoi figli. Assurdo ma vero, è un’ottima idea: lui si ferma e si scusa, dicendole che è sotto l’effetto collaterale di un farmaco che sta prendendo in quei giorni, e va via. Torna a casa sua, ingerisce una massiccia dose di barbiturici e dà fuoco a tutto. Poco dopo finisce in coma. È la mattina del giorno successivo alla strage: i netturbini stanno lavorando nella sua zona proprio in quel momento (qualcuno ha addirittura ipotizzato che Jean-Claude lo abbia fatto volutamente in quella fascia oraria), vedono il fumo e chiamano i soccorsi. Dopo aver domato le fiamme, i pompieri entrano in casa e trovano il “dottore” in coma e tutti i membri della sua famiglia morti in un lago di sangue. Romand viene portato d’urgenza in ospedale, si rimette e viene processato: ergastolo. Siamo nel 1993.

Nel 2019, dopo 26 anni di carcere, Jean-Claude Romand ha ottenuto la libertà vigilata. Sarà in prova per due anni con il braccialetto elettronico. Vivrà in un monastero insieme ad un gruppo di monaci benedettini, monitorato costantemente dalle autorità. L’opinione pubblica francese inorridisce. “Li ha uccisi tutti una seconda volta. Loro non avranno mai più una seconda possibilità”, dichiarerà uno dei fratelli di Florence in diverse interviste. È difficile dargli torto, anche perché pensare che un simile sbarellato non sia rinchiuso in quattro mura mette addosso una discreta ansia. A proposito: vi siete mai chiesti se tutto ciò che vi dicono i membri della vostra famiglia o i vostri amici intimi sia vero? O se l’idea che avete di loro corrisponda alla realtà? Lì fuori di Jean-Claude Romand ce ne saranno diverse migliaia, solo che magari non sono stati scoperti. Almeno per ora. (Il Messicano)

4 commenti

  • Stasera mi guardo il film. A guardarlo in faccia pare l’ amicone del liceo che non vedi l’ ora di rivedere dopo qualche anno di allontanamento. Penso sia stata proprio la sua faccia empatica a convincerlo che poteva farla franca. A questo punto in giro ci sarebbero migliaia di Jean-Claude, hai ragione.

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  • Stasera guardo Brutal Assault 2015 Death To All live: 1) Suicide Machine 2) Overactive Imagination 3) Symbolic

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  • Perché me l’ero perso questo articolo?
    Per me che sono un pessimo bugiardo queste storie di fandonie reiterate mi mettono sempre addosso un’ansia pazzesca. Questa finisce anche peggio delle altre.
    Però la narrazione del Messicano è sempre affascinante.

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  • Sunto piuttosto raffazzonato degli avvenimenti che da un’ idea distorta del tutto. Nessuno riuscirà mai a capire che cosa possa essere scattato nella testa di questo miserabile ad un certo momento della sua vita. Mi viene da pensare, senza farne motivo conduttore tantomeno portarlo a parziale suo discapito, che vi sia dietro un enorme dramma della solitudine. Quella solitudine che ti porta a sprofondare in un abisso senza fondo e a perdere coscienza di quel che sei per trasformarti in qualcosa che neghi perfino che esista ma sei costretto in una sorta di dannazione eterna a viverlo come fosse la realtà.

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