R.I.P. Francesco Di Giacomo (1947-2014)
Devo ammettere di aver scoperto molto tardi il Banco del Mutuo Soccorso. O meglio, di averlo riscoperto molto tardi. Il fatto che piacessero a mio padre mi ha sempre portato, al pari della PFM, ad ascoltarli con enorme scetticismo, in primis per perpetuare lo stereotipo dell’atavico contrasto tra gli antitetici gusti musicali dei padri e dei figli e poi perché mio padre è uno che scambiò il vinile di Paranoid in cambio di qualche dischetto beat di merda e per questa ragione qualsiasi sua scelta musicale appariva, ed appare, assolutamente discutibile ai miei occhi. Detto questo, la morte di Francesco Di Giacomo è un evento che fa male a chiunque abbia a cuore le sorti di questo paese e della sua formazione musicale. Non perché il Banco sia stato particolarmente produttivo negli ultimi trent’anni, fermo restando che, musicalmente, si sono estinti insieme a tutto il resto del prog italiano. È una perdita gravissima perché nonostante tutto, continuavano a ricordare a tutti che una certa idea di rock era ancora viva e l’avevano ribadito col tour per i quarant’anni di carriera, nel 2012, e con le altre date dell’anno scorso. Senza voler cogliere esoterici messaggi metaforici nella sua scomparsa e fare parallelismi con la morte reale di una scena virtualmente già defunta, mi permetto di ricordarlo con un brano tra i meno celebri e celebrati del Banco, tratto dal loro terzo disco, Io sono nato libero. Un brano che, per certi versi, mi ha sempre ricordato le melodie di Branduardi e per questo ho sempre amato incondizionatamente. Segno che, seppur molto raramente, ogni tanto mio padre ha anche qualche gusto condivisibile.
io ho portato mio padre, in gioventù grande appassionato di progressive, ad un concerto a Milano qualche anno fa, tuttora uno dei più intensi ed emozionanti a cui mi sia capitato di presenziare. li ho poi rivisti quest’anno, un concerto acustico in un piccolo cinema di periferia, circondati dalla passione di tanti vecchi ragazzi dei ’70 e di qualche nuova leva come me, ed è stata nuovamente magia. anche se Francesco non ce la faceva più così tanto, anche se Vittorio aveva raggiunto la stazza di Galeazzi, anche se erano passati quasi 40 anni da quando avevano scritto i loro capolavori, quella musica era ancora viva, vibrante. questa notizia rende oggi un giorno di merda a prescindere
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