Il disco da macchina delle vostre vacanze: DEICIDE – To Hell With God (Century Media)

A un certo punto i Deicide parevano completamente andati. Insineratehymn era una palla e il successivo, quasi autoparodistico, In Torment In Hell (che il grande Fabio Bava, all’epoca, mise comunque disco dell’anno: respect) rende plausibili le voci che lo vogliono registrato di fretta e alla cazzo di cane per liberarsi il prima possibile dal contratto con la Roadrunner. Poi ci fu la resurrezione improvvisa del fichissimo Scars Of The Cruficix, dopo il quale i fratelli Hoffman (che hanno pensato bene di resuscitare il moniker Amon, ovvero il nome della prima incarnazione dei Deicide, per la loro nuova creatura; tra un po’ esce pure il disco) furono sfanculati per lasciare il posto all’ex Cannibal Corpse Jack Owen e a Ralph Santolla, che, con il gusto classico dei suoi assoli, inizierà a pesare tantissimo nell’economia del suono della band, come dimostrerà il seguente, comunque notevole, The Stench Of Redemption, che ricordo di aver visto esposto alla Feltrinelli di Piazza Colonna tra i trenta dischi più venduti della settimana, che sono un po’ le cose che continuano a farti sperare in un futuro migliore. Poi arrivò il moscio Till Death Do Us Part, opera introspettiva e intimista dove un Glen Benton divorziato smetteva di insultare gratuitamente la santa trinità per sviscerare “gli orrori del matrimonio”. Li morté. Le mie aspettative per questo To Hell With God non erano quindi troppo elevate. Invece la vena melodica impressa dalla chitarra di Santolla (che ora, in teoria, sarebbe un membro degli Obituary e sembra avesse smesso di partecipare ai tour per via della sua fede religiosa che cozzava con la weltanschauung bentoniana) è tornata a dare ai pezzi l’impatto e l’immediatezza necessari per la maggior gloria di Lucifero. Pure troppo.

Due giovani fan intonano "Hang In Agony Until You're Dead" di ritorno dal corso di spinning

Perché i Deicide hanno intrapreso una deriva allegramente scapocciona che, mutatis mutandis, si può accostare all’approccio sviluppato negli ultimi anni dai Cannibal Corpse che, come dice Trainspotting, da The Wretched Spawn in poi hanno iniziato a fare album da cantare in macchina d’estate con i finestrini abbassati. Solo che se lo fanno i Cannibal è un conto, ci sta pure che dopo vent’anni suonino più dinamici e meno claustrofobici rispetto ai tempi di Tomb Of The Mutilated. Per i Deicide il discorso è un po’ diverso: esattamente come avviene per i Morbid Angel, nella loro musica il feeling e l’atmosfera sono molto più importanti. To Hell With God è davvero un buon disco, non ha niente che non vada a livello di songwriting e dal vivo funzionerà alla grande. Però i suoni sono un po’ troppo puliti per i miei gusti e le canzoni hanno un’impostazione quasi thrash metal che da un lato garantisce l’headbanging dall’inizio alla fine, dall’altra sacrifica quella componente di feroce nichilismo che era restata marchio di fabbrica dell’act floridiano anche nei momenti peggiori. Insomma, non si sente bene Satana, se ci siamo capiti. Sicuramente c’entreranno qualcosa le ultime evoluzioni del regime di droghe di Glen ma non avendo informazioni fresche sull’argomento glisso. Gli episodi più divertenti sono però proprio quelli meno trucidi e più catchy, come la conclusiva How Can You Call Yourself A God o la spettacolare title-track. E per un gruppo giunto a questo punto della carriera è sicuramente più interessante e salutare un’evoluzione del genere che un ripiego sull’ignoranza fine a se stessa.  (Ciccio Russo)

Chissà se Glen Benton ha più rivisto il bigfoot.

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