Avere vent’anni: PROBOT – st
Negli anni ‘90 gli album collaborativi, che fossero colonne sonore o album tributo (vedi quelli di Kiss, Ramones e Sabbath), erano sempre oggetto di una certa eccitazione da parte degli appassionati. Per quelli dell’età mia, colonne sonore quali Singles, Judgement Night o il Corvo hanno fatto parte del bagaglio in dotazione per il transito attraverso la teenage wasteland generazionale. A un certo punto, verso la fine del decennio, cominciarono anche comparire anche gli album multiospiti, di cui al volo mi viene in mente il terrificante Supernatural (che Dio ci scampi e liberi) ad opera di Carlos Santana. In retrospettiva è come se in qualche modo si cominciasse già a sentire l’esigenza della playlist e queste operazioni sopperissero in qualche maniera a questo desiderio embrionale ancora privo di forma precisa.
Dato che vi conosco, blocco subito voi quattro lettori coglioni che state per ricordare a me e al mondo intero che “in realtà le compilation tipo Festivalbar e Mixage esistevano da che noi abbiamo memoria”. Quello a cui mi riferisco sono album costituiti principalmente da inediti e il cui pubblico di riferimento è completamente differente; quindi obiezione respinta e per favore evitate di scrivere questa cazzata nei commenti. Andiamo avanti.
Questi album “di gruppo”, in genere utili a rivitalizzare e rilanciare vecchie cariatidi in putrefazione (mi pare di ricordarne pure uno con Tom Jones), vendono una vagonata di copie e sono sempre in heavy rotation in radio e tv. Visto il successo, la formula viene ripresa, con risultati del tutto differenti, anche in altri generi fra cui il metallo. È così con l’album solista di Tony Iommi ed è questo in sostanza anche il modello a cui si ispira Dave Grohl per questo progetto denominato Probot. A prescindere dall’avere suonato con gli Scream, che il cantante dei Foo Fighters fosse un appassionato di musica pesante si sapeva fin dai tempi in cui sembrava avesse provato ad avere i Sepultura come gruppo di apertura ai Nirvana per il tour di In Utero. Che però potesse avere come oggetto di culto un certo tipo metallo vecchia scuola era cosa ignota ai più.

Probot nasce come un cazzeggio nei tempi morti ma finisce ad essere una cosa abbastanza seria. Il disco esce per la Southern Lord (per la quale ovviamente si tratta di un momento di svolta in termini di esposizione) e ne traspare un amore autentico nei confronti della musica del Demonio che è in primo luogo testimoniato dalla lista dei partecipanti, una selezione tutt’altro che scontata che denota una conoscenza del genere non superficiale. Nomi storici che però temo ancora oggi dicano poco al pubblico metal generalista da grandi eventi tipo Metallica/Iron Maiden, gente che nel migliore dei casi ha forse sentito per caso i Saint Vitus o Venom, figuriamoci i Trouble o i Celtic Frost.
Sulla sincerità dell’operazione non credo ci sia molto da discutere: se decidi di suonare con Cronos lo fai perché ti va, non è qualcosa che fai per avere visibilità aggiuntiva. Soprattutto perché Dave Grohl in quegli anni a tratti era presente nelle classifiche con addirittura tre gruppi contemporaneamente (i Foo Fighters, i QOTSA e i resuscitati Nirvana che riapparivano sui teleschermi grazie alla clamorosa You Know You’re Right). Se l’intento poi fosse stato rifarsi la verginità anale probabilmente l’operazione avrebbe virato più sul versante punk (genere considerato eticamente meno compromesso e più contiguo all’indie rock), perché agli occhi del fan medio di Nirvana (purtroppo) l’associazione con personaggi tipo King Diamond temo risulti abbastanza incomprensibile.
Insomma, l’impressione è che Dave Grohl fosse consapevole di essere ad un punto della sua carriera in cui poteva fare il cazzo che gli pare, e potendoselo permettere, decide di farlo. E allora chiama a raccolta una serie di personaggi centrali nella storia del metallo per mettere assieme una sorta di suo personale dream team. Il disco, non era per niente scontato, è una bombetta: parte con un brano simil-Venom, poi si alternano in sequenza Max Cavalera e Lemmy (la cui partecipazione che sembrava sfumata e possibile oggetto di rimpianto si concretizzò solo all’ultimo). Data la storia personale dell’autore ci sono un paio di concessioni al punk HC (sebbene di confine) con Mike Dean e Kurt Brecht (pezzone!). Ma il meglio vero si vede dalla sesta traccia in avanti, che vede i brani abbracciare più a fondo il suono degli anni ‘80. Il risultato finale è quello che presumo l’autore avesse in testa: una collezione di pezzi che suona come una compilation su cassetta doppiate con i loghi a penna fatti male, quelle che ci si scambiava da pischelli prima che tutto lo scibile umano fosse a portata di click. Quello che sorprende è come i pezzi si riescano ad adattare alle caratteristiche dei vari cantanti impegnati, al punto che alcuni dei brani poi vennero anche ripresi dal vivo dai gruppi originali stessi. Un po’ di doom (Wino), un po’ di thrash strano (Snake) e tanta malvagità (Tom Warrior), tutto di livello con alcune vette che vedono sul podio Ice Cold Man (il pezzo con Lee Dorrian dei Cathedral), Sweet Dreams con King Diamond e quella che per me è la più bella in assoluto ossia My Tortured Soul, brano che oserei addirittura definire elegante e che vede dietro al microfono il mai troppo compianto Eric Wagner dei Trouble (uno dei gruppi davvero più sottovalutati della storia). E se non vi dovesse bastare c’è anche l’artwork nell’inconfondibile stile di Away che contribuirà a rendere il vostro salotto un grande protagonista del nuovo millennio. Consigliatissimo, anche ai più scettici. (Stefano Greco)


questo disco mi ha fatto capire che dave grohl di metal non ne capisce un ca**o o ancora peggio, no gli piace affatto.
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👎
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Discone. Però non toccatemi Supernatural dei Santana
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Vero
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Quanto hai ragione Ma forse queste cose che possiamo capire noi chi siamo alla soglia dei sessanta e che il metal l’abbiamo visto nascere e svilupparsi grandissimo disco un vero omaggio ai suoi eroi
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Se non ti piace questo album, o sei un sordo o sei un tordo.
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Album grandissimo e grande pure a te per aver nominato la colonna sonora di judgment day. Da piccolo l’ho consumata quella cassetta!
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Shake your blood. Lemmy è Dio.
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❤️
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