I DYNAZTY vincono il Sanremetal 2023

Si è appena conclusa la settima edizione del Sanremetal, kermesse annuale alternativa al noto festival ligure in cui, sulla falsa riga del Fantasanremo, io e i miei amici, in una quasi decennale chat di Whatsapp, ci sfidiamo a colpi di band solitamente provenienti dall’area ad alta concentrazione di polveri tossiche del melodic-pussy-power metal odierno scuderia Napalm/Scarlet Records (ma ormai lo conoscete, no?).
Come da tradizione, otto partecipanti, alcuni magari vi sono anche noti; penso ai Beyond the Black o ai Visions of Atlantis, menzionati dal buon Belardi qualche tempo fa, quest’anno all’arrembaggio con Melancholy Angel, dal loro concept album sui pirati SENZA I PIRATI (ragazzi, non basta mettersi un cappello nero a falda larga, un pappagallo sulla spalla, una benda sull’occhio e una sciabola in culo nei video per farci sentire la puzza di piscio e sangue dei bar di Tortuga… E che cazzo, più vi ascolto e più potreste star benissimo a parlare di arance siciliane per quanto mi riguarda… DO CAZZO STANNO ‘STI PIRATI? DOVE SONO?? IO NON LI VEDO!). Altri non credo; ad esempio i pacchiani, mediocrissimi, misconosciuti Imperial Age, dalla Russia col furgone; convocati all’ultimo secondo per far numero, come il classico decimo che manca a calcetto (e che infatti, spesso e volentieri, si rivela essere il più scarso di tutti).
Quest’anno, per la prima volta, dopo due anni di finali austro-italiane dal sapore storico, due band svedesi.
Entrambe partite a fari spenti, almeno sulla carta: i soporiferi Dynazty contro gli scoppiettanti Brothers of Metal.
Ma, nonostante la canzone dei Brothers of Metal fosse sotto OGNI aspetto superiore a quella dei Dynazty, in seguito ad un odioso complottone di palazzo, voti dati per ripicca, vecchi rancori personali, coltellate nella schiena, l’hanno spuntata i Dynazty, con Yours.
Yours è una lagna indigesta come una torta al cacao dopo pizza e fritti, come un saggio sulle tecniche di coltivazione del sorgo nel padovano, come un divano-letto appoggiato alla vostra sacca scrotale, ma mi duole ammettere che la percentuale di sanremesità presente in essa è assolutamente considerevole, tanto che potrebbe essere portata sul palco dell’Ariston da Ultimo o quell’altro giovinastro coi capelli di Maria De Filippi.
Il brano sfidante, The Other Son of Odin dei Brothers of Metal, è forse meno sanremese ma è tanta, tantissima roba. Ritmo incalzante, ritornello cristinadaveniano, felicità, epicità, unicorni alati, sesso libero.
Ma che ve devo dì, siccome la vita fa schifo, il Sanremetal quest’anno ha preferito rimanere nella sua comfort zone e premiare la dinastia piagnona dei capelloni imbalsamati di Stoccolma, piuttosto che puntare sull’energica frizzantezza di svedesi più meritevoli, fratelli del vero metallo.
Brutta storia questa storia.
Ps. Rivelazione dell’anno: i Fellowship, anche loro convocati all’ultimo momento. Usciti al primo turno contro i pirati pirateschi come un film sui cowboy di cui sopra, sono autori di un simpatico power metal dragonforciano. Gaio, supersonico, iperspaziale ma che, a mio avviso, si prende molto meno sul serio di quello dei loro maestri britannici.
Guardate il video della loro Oak and Ash. E non pentitevene.
Dal pianeta Sanremetal è tutto, all’anno prossimo. Yo! (Gabriele Traversa)
Brothers of Metal, ma come cazzo si fa a chiamare un gruppo così. deficienti.
la canzone è invero molto carina
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Per gli standard odierni i gruppi da voi citati peccano tutti (chi più chi meno) di scarsa fluidità di genere manifesta, un elemento di fondamentale importanza per ogni astro nascente sanremese-eurovisionaro che si rispetti.
Comunque i Fellowship sono simpatici, praticamente sono cosplayer prestati alla musica.
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la cosa che più mi sorprende è che sia difficile rimpinguare la lista di gruppi da inserire nella kermesse
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