Una grevità quasi insostenibile: AHAB – The Coral Tombs

Come avrete già letto ovunque è uscito il quinto album degli Ahab, esponenti di spicco della scena funeral doom metal tedesca e mondiale, s’intitola The Coral Tombs, consta di sette brani, dura un’ora e sei minuti, segue di otto anni (per i tempi moderni quasi un’eternità) il precedente The Boats of the Glen Carrig – che sembrava aver dato alla loro musica una propulsione verso mondi meno ricoperti di pece e catrame qui quasi del tutto rinnegata – e last but not least è un concept album (come loro solito, comunque) basato sul libro di Jules Verne Ventimila Leghe Sotto i Mari. E qui qualcosa comincia a non tornarmi. Jules Verne penso sia uno degli autori storicamente più acclamati nel campo della letteratura per ragazzi; io stesso lo lessi da ragazzino preadolescente, più che altro perché mio fratello andava matto per i suoi libri avventuroso-visionari: Dalla Terra alla Luna, Viaggio al Centro della Terra, quello che ha ispirato gli Ahab oggi e altri. Io, che fin dal ventre materno ho avuto metallo nero fuso nelle vene, non ho mai provato lo stesso entusiasmo di mio fratello per le opere di Verne, preferendo Stephen King e Clive Barker ad esempio, ma, per quel poco che rammento dopo tutto questo tempo, non la ricordo come un’opera cupa e straziatamente disperata come ci viene proposta dagli Ahab oggi, che ovviamente filtrano le cose secondo il loro punto di vista ma che io trovo poco coerente con il contesto originario.
A parte Prof. Arronax’ Descent into the Vast Oceans, il pezzo di apertura che ospita un featuring alla voce di Chris Noir degli Ultha e che parte a una velocità inconsueta per la band, salvo poi sciogliersi in una chitarra pulita e giungere verso la fine a un assolo di palese ispirazione progressive rock, il resto del disco è un’angosciante rincorrersi di chitarre pesantissime accordate talmente basse da farmi pensare che gli Ahab stiano esplorando possibilità di arrivare agli infrasuoni (non scherzo, saranno almeno tre toni più basse del normale, anche se per esagerare mi sono trovato ad esclamare: “Minchia, sembra che suonino un’ottava sotto”), un basso distortissimo che segue la stessa linea delle chitarre in campi orribilmente cupi, la voce che con una certa frequenza diventa pulita e alla quale viene dato uno stile quasi operistico tirando fuori interpretazioni baritonali comunque di pregio, e numerose digressioni nel prog rock psichedelico e dissonante anche per merito di reiterati passaggi di chitarre non distorte.
Ora, che un disco funeral doom risulti pesantissimo mi sembra più che logico e normale. Io trovo però questo nuovo lavoro degli Ahab di una grevità quasi insostenibile, mi mette addosso un’angoscia che neanche gli Esoteric (a proposito, Greg Chandler partecipa alle voci nel pezzo conclusivo The Maelstrom): non me lo aspettavo per nulla, pur sapendo che il concept di questo The Coral Tombs avrebbe tratto spunto da un libro di letteratura per ragazzi sezione avventura fantastica. Naturalmente a me piace, anche parecchio; i pezzi sono costruiti da fuoriclasse e ciò è impossibile non notarlo, ma mi metto nei panni di chi compra i dischi perché qui il rischio di batterci la nasata c’è ed è concreto. The Coral Tombs è un disco difficile: ci vogliono molti, ma molti ascolti per entrare in questo mondo e nell’ottica di visione dello stesso, è stramaledettamente opprimente e per nulla agevole da ascoltare un po’ così, giusto per mettere su un disco nuovo una volta ogni tanto. Il mio consiglio: se non avete mai avuto a che fare con gli Ahab prima d’ora, recuperate innanzitutto i primi tre dischi, che vi aiuteranno a comprendere quanto siano meritevoli del loro successo, e solo in seguito dedicare il giusto tempo che merita a The Coral Tombs, se no ve lo bruciate. (Griffar)

8 commenti

  • Personalmente di insostenibile io trovo la timbrica (forzatissima e orrendamente innaturale) del cantato in pulito. Sembra de sentì Leo di “Un sacco bello” che fa cori ecclesiastici inneggiando a Marisol.

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  • Fin’ora l’ho ascoltato un paio di volte e mi pare che a questo giro i riff siano abbastanza anonimi, vediamo se cresce con gli ascolti

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  • la copertina se non altro è stupenda! ho letto qualche settimane fa (a mio figlio) proprio la scena del funerale sottomarino, con quei caschi da palombaro ottocenteschi in ottone e rame…che fascino! mi sa che provo ad ascoltarli anche se non è la mia cup of tea…

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  • Disco incredibilmente bello.
    Interessante la riflessione : conoscendo gli Ahab, ho trovato questo lavoro quasi più commerciabile e immediato di altri precedenti. E’ pur vero che un ascoltatore non avvezzo possa pestarci il muso.

    Rimane una band con un talento incredibile.

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  • Tuttora mi stupisco che Verne venga considerato uno scrittore “per ragazzi”. Dal disco, di cui ignoravo l’esistenza, mi terrò alla larga senza rimpianti. Molto bella la copertina, però.

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  • Gabriele Brawler

    Per me disco eccezionale, potenzialmente da listone dei migliori dell’anno (al momento ci metto pure l’ultimo …And Oceans e il debutto degli Høstsol), ma concordo con le parole di Griffar: è un disco che ha bisogno di tanti ascolti per essere assimilato e compreso per bene.

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  • per ora mi sembra un buon lavoro, per non dire ottimo. la precedente uscita mi aveva lasciato un po’ così, questa la sto adorando

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  • Ho tutti i loro dischi. Il mio preferito è The Giant. The Boats of the Glen Carrig al principio mi piaceva meno dei precedenti, ma poi è cresciuto con il tempo e gli ascolti. Penso che per quest’ultimo sarà lo stesso. Comunque, gli Ahab direi che oramai sono una band da considerarsi “classica” del Funeral Doom, con una proposta decisamente originale (al di là delle tematiche acquatiche di tutti i loro dischi).

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