La frusta letteraria: JOE ABERCROMBIE – Trilogia della Prima Legge

A un certo punto della mia vita di lettore mi ruppi le scatole del fantasy. Messa così sembra che non ne volessi più sapere a priori, ma in realtà tra l’odio per quel vecchio rottame bolso che risponde al nome di George R.R. Martin, l’amarezza nel sapere che non concluderà mai il ciclo di romanzi de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco e il richiamo di altri filoni letterari (fantascienza, horror e thriller in proporzioni variabili), semplicemente per vari anni mi sono distaccato dal fantastico, genere che peraltro, come ho già avuto modo di scrivere qui sopra, è stato fondamentale nel mio passaggio da ragazzino a giovanotto di belle speranze.
E il mondo, come capita in questi casi, è andato avanti per conto suo: si sono affacciati nuovi autori, la scena si è rinverdita ed è anche cresciuta, ma di questi nuovi nomi e inevitabili trilogie dai titoli bizzarri che spesso notavo sugli scaffali in libreria mi attirava poco o nulla, anche perché temevo che il successo di Martin avesse creato una serie infinita di cloni e che tutto si riducesse in un altrettanto infinito spreco di cellulosa o, ben peggio, dell’eventuale tempo che avrei potuto dedicarvi. E quindi continuavo a leggere altro, pure se più passavano gli anni e meno possibilità avevo di dedicarmi alla lettura come ad altri interessi, cosa che capita quando figli, lavoro, cazzi e mazzi avanzano inesorabilmente reclamando sempre più porzioni di te, parti che se a volte sei felice di dare (figli), altre invece proprio non vorresti sapere di dar via (lavoro, cazzi e mazzi).
Una prima svolta arrivò quando un amico mi prestò, quasi a forza, Il Nome del Ventodi Patrick Rothfuss, libro bellissimo oltre ogni dire che, comunque, lasciai colpevolmente giacere sulla scrivania per mesi e mesi prima di decidermi ad iniziare. Del libro e del suo seguito, l’altrettanto bello La Paura del Saggio, magari ne parlerò un’altra volta, anche perché Rothfuss deve pubblicare l’attesa conclusione della trilogia, e se non si sbriga finirà per farsi odiare tanto quanto Martin. Però credetemi sulla parola quando vi dico che questi libri sono capolavori e che se vi piace il fantasy dovete, assolutamente dovete, leggere Patrick Rothfuss, ok? Fatelo e basta.
Un ulteriore riavvicinamento capitò quando finalmente mi decisi a recuperare Gli Inganni di Locke Lamoradi Scott Lynch, ennesimo volume ad aver dato origine ad una trilogia, in questo caso dei cosiddetti Bastardi Gentiluomini (recentemente ristampata e completata con l’ultimo volume ancora inedito in Italia dalla mai troppo lodata Mondadori). È un libro che, nonostante abbia molto apprezzato, non considero l’opera maestra che mi raccontavano, pur avendo contribuito non poco a far rinascere in me l’interesse per la letteratura fantastica, essendo appunto molto, molto bello.
Arrivando quindi a tempi più recenti, mesi fa capitai in libreria e presi d’impulso un librone con un teschio in copertina intitolato La Prima Legge – Trilogia, di tale Joe Abercrombie, che è in realtà la ristampa in un unico volume di tre libri: Il Richiamo delle Spade, Non Prima che Siano Impiccati e L’Ultima Ragione dei Re. Di Abercrombie avevo sentito soltanto lodi sperticate e quindi, complice anche il fatto che tutta la trilogia fosse racchiusa in un libro, me lo portai a casa. E, amici cari, raramente ho fatto acquisto più avveduto, perché come nel caso di Rothfuss questa trilogia di libri è un fottutissimo capolavoro. Sgombriamo però il campo da dubbi: Abercrombie è decisamente ispirato a Martin, e quindi del fantasy – diciamo così – tolkieniano nei suoi scritti non è rimasto nulla, laddove Rothfuss è invece molto più “classico” e nel solco della tradizione. Diciamo che i due, a parte scrivere bene e scrivere fantasy, non hanno nulla in comune. Peraltro Abercrombie oggi è forse l’esponente più in vista del “grimdark”, quel sottogenere del fantasy a tinte tetre, oscure, sporco, “realistico”, nel quale i personaggi non si distinguono tra eroi e cattivi ma sono assai più complessi, stratificati, difficili, moralmente combattuti o ambigui, e dove non c’è perfetta simmetria tra giusto e sbagliato. La linea di demarcazione tra gli opposti è labile, per nulla netta o facilmente identificabile.
Ed è esattamente questo il bello di Abercrombie: come tratta i personaggi, pennellati con rara bravura e con una scrittura tanto semplice quanto profonda, diretta ma non superficiale, in un costante gioco al rialzo che mi ha portato a divorare le mille e più pagine (stampate a doppia colonna, come i vecchi Urania) della trilogia anche quando avrei dovuto – ahimè – fare altro, tuffandomi in un crescendo emotivo che è partito già alto nelle primissime pagine del primo volume per poi arrivare a vette stratosferiche alla fine del terzo, senza un calo che sia uno durante tutta la lettura. Non potrete non affezionarvi ai vari Logen Novedita, Sand dan Glokta, Ferro Maljinn e a tutti gli altri, perché li sentirete vitali, vicini, vivi per quanto possa essere possibile per il personaggio di un libro prendere corpo e forma. Sarà così, fidatevi. E procuratevi La Prima Legge prima di subito. (Cesare Carrozzi)
io non amo il fantasy , però vista la tua recensione un pensiero ce lo faccio.
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CAZZO CESARE BRAVO. Cercavo titoli, fate altri post. Appena torno compro tutto quello che hai citato. In alto gli arrosticini!
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Consiglio le opere di R. Scott Bakker, The Prince of Nothing (3 libri) e The Aspect Emperor (4 libri) una saga incredibile, con un worldbuilding degno del miglior Tolkien e un’atmosfera decisamente grimdark. Unica pecca, non è ancora finita!
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Ma grazie! Segno tutto per acquisto settembrino.
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Per chi non la conoscesse – anche se negli ultimi anni la sua popolarità è aumentata molto – è la saga del Libro Malazan Dei Caduti di Steven Erikson, composta di 10 volumi completa. Non esagero dicendo che tra le molte che ho letto questa è la migliore in assoluto; immaginatevi tutti gli stereotipi del Fantasy più classico, qui non ne troverete. Se non vi fate scoraggiare delle prime 200 pagine del primo libro ci andrete a ruota.
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