Ecoterrorismo black metal: AŪKELS – Ebwaidilīsnā

Già autori del debutto sorprendentemente bello Raynkaym, senza dubbio uno dei dischi migliori dell’anno passato, i talentuosi polacchi Aūkels tornano a deliziarci con un black metal atmosferico di gran pregio: possiamo dire sin da subito che il nuovo episodio Ebwaidilīsnā è quantomeno al livello del suo illustre predecessore, anche se con l’accumularsi degli ascolti tendo a considerarlo persino superiore. Quattro pezzi, tutti lunghi/lunghissimi (Turmai, 10’30”; Burrewis, 16’40”; Suji, 13’47” e Gais, 11’30”) e talmente omogenei da sembrare i capitoli di un’unica black metal opera, aggressivi, veloci e potenti nonostante non si sconfini mai nel blast beat e siano innumerevoli i cambi di tempo tra episodi lenti, intermezzi d’atmosfera in grado di far partire più di un brivido, up-tempo sostenuti o parti rocciose massicce ed incazzate come un sergente maggiore alpino arruolato in una compagnia di artiglieria da montagna.

Il concept di tutto il progetto – la one-man band di uno dei tipi dei pagan blackster Wędrujący Wiatr – indulge all’ambientalismo estremo, l’estinzione di massa del genere umano come unica possibilità di salvezza per questo sfortunato sasso che noi usiamo chiamare Terra. Tradizionale, direi, anti-human anti-life di gloria passata ma, estremismi lirici a parte, quello che si deve sottolineare è l’altissima qualità della proposta musicale nel suo complesso: i brani sono energici, malvagi all’ennesima potenza (anche grazie al latrato digrignante degno dei grandi screamer della storia del black metal), intrisi di pathos, di coinvolgenti melodie suonate con perizia, arrangiate da favola e gratificate da una scelta di suoni che riporta alla mente i grandi nomi del passato, non solamente scandinavi: io qui ci sento anche molto i migliori Graveland (poteva non essere così?) oltre a una certa impostazione tedesca del riffing veloce alternato a frasi più meditate. Da notare la perizia con cui vengono armonizzate due ma più spesso tre tracce di chitarra: la ritmica, la solista – che ricalca il riff un’ottava sopra accentuandone la melodia – e la chitarra pulita, spesso arpeggiata; il tutto mirato ad ottenere un effetto melodico soffuso, delicatamente incisivo laddove il termine delicato di norma poco abbia a che fare quando si parla di black metal. Eppure è così, e anche le non troppo frequenti tastiere inserite in sottofondo a rendere più marziale e maestoso il tutto contribuiscono alla riuscita di un album impossibile da non definire “sorprendente”. Quando è uscito l’ho preordinato mi aspettavo un gran disco e non sono stato affatto deluso. Da classifica top-5 a fine anno, non necessariamente al quinto posto. Complimenti, Mr. W., i suoi Aūkels sono tanta, ma proprio tanta roba. (Griffar)

One comment

  • tante teste, tante idee, caro Griffar….purtoppo io l’ho sentito un paio di volte in cuffia da internet e niente…entrambe le volte è stata orchite a manetta. La voce non mi piace, preferisco quella black tradizionale (tipo darkthrone, o burzum tanto per dirne due) e le melodie non mi sembrano particolarmente orginali. Probabilmente mi manca il feeling col black polacco, dato che non riescono a piacermi i Graveland (soprattutto gli ultimi sono una vergogna), non mi vanno giu i behmoth del satanello hipster nerchial, mi fan cacare pure i due scemi vestiti da preti ortodossi che poi litigano via web come delle checche…..

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