Titoli da far pronunciare a Jovanotti: ORIGIN – Chaosmos

Gli Origin tornano confermando due cose: primo, che non rifaranno mai più nulla all’altezza di Informis Infinitas Inhumanitas; secondo, che hanno scelto di collocarsi anni luce da quella sequela di album ultratecnici ed ultraviolenti che caratterizzarono la fase centrale della loro carriera – e fra i quali, se devo sceglierne uno, menzionerei Antithesis al tramontare dell’era Relapse.

Oggi gli Origin si dimostrano (o confermano) particolarmente furbi, navigati, di maniera, poiché pianificano la scaletta con un fare che oserei definire metodico. Troverai sempre il brano di matrice hardcore, ossia Truthslayer, la quinta traccia del precedente Unparalleled Universe, rispecchiata da Decolonizer, la medesima traccia dal qui presente Chaosmos. Un titolo che, qualora venisse pronunciato da Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, gli provocherebbe nientemeno che un ictus.

Jovanotti a parte, che certamente apprezza gli Origin e se li sarebbe volentieri portati appresso al Plan de Corones, direi che Chaosmos (paradossalmente) risulta di genuina fattura nel suo rinunciare quasi totalmente alla personalità in favore di una sorta di compendio delle cose che meglio riescono ai Nostri. Panoptical è il classico assalto shredding in memoria del periodo a cavallo fra l’abbandono di Relapse e l’approdo su Nuclear BlastCogito Tamen non Sum offre un finale cadenzato che rimetterete su a oltranza; e Cullscape è l’altro piatto forte del disco, con una spiccata componente death/black non tanto derivante dagli Angelcorpse – tanto per menzionare il reduce John Longstreth – quanto velatamente scandinava. Il che ritorna alla luce anche nella suite conclusiva, Heat Death, intorno al minuto e quarantacinque di scorrimento. E poi c’è Nostalgia for Oblivion che, rallentando temporaneamente i ritmi (arrivate a metà e puntualmente capirete che è più forte di loro), riprende il ruolo di frangiflutti rappresentato cinque anni orsono da Invariance under Transformation. Quando è che inizierete, miei cari amici dal Kansas, a capire che i vostri titoli non significano proprio un cazzo?

Sono sufficientemente contento. Tirando le somme, non avrei sopportato un album del genere se fosse uscito a un solo anno di distanza, o anche due, da Unparalleled Universe. Tuttavia, essendone trascorsi ben cinque, e pur non nutrendo io alcuna aspettativa per un loro ritorno discografico (con Abiogenesis potevano anche sciogliersi, per capirci), ho apprezzato e riascoltato Chaosmos numerose volte trovandolo interessante soprattutto nella parte centrale. Gli Origin odierni sono una band che svaria su più piani e non annoia, ma, in virtù di questo, rischia di offrirci una ricetta assai ripetitiva – il che è un po’ il sunto della loro stessa carriera. Vorrei piuttosto che si concentrassero sugli aspetti tipici delle canzoni migliori: Truthslayer era una bomba, così come Decolonizer, e le due canzoni a livello di fondamenta si assomigliano eccome. Accentuassero quella componente, senza relegarlo in un angolo di spazio all’ombra del solito death metal tecnico e feroce. Bell’album, ma ripeto: questi qua di must have ne hanno messo in commercio uno solo (anno 2002) e la cosa non cambierà neanche in futuro. (Marco Belardi)

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