Spippacchiare positività coi WEEDPECKER – IV: The Stream of Forgotten Thoughts

Sarà forse la droga che gira in certi contesti. Quel tipo di droga che ti fa scompisciare ancor di più per i peti propri o altrui. Fatto sta che, nel giro dello stoner internazionale, scegliere come nome per una band un gioco di parole che includa una droga, o qualche accessorio utile per assumere della droga, sembra un divertimento che non tramonta mai di moda. Poi ci sono cose ben peggiori. Tipo chi un certo genere si può dire l’abbia fondato (e ormai sepolto), ma ora nemmeno si prende la briga di cercarsi un nome decente.

Ok, quindi fosse stato per il nome non mi sarei mai avvicinato ai Weedpecker. Forse nemmeno se avessi saputo della provenienza, che di solito a me sembra che i gruppi stoner polacchi facciano il compitino fatto bene e basta. Poi un Santo Algoritmo ti passa un giorno i Weedpecker e, cazzo, cominci a vedere le cose da un’altra prospettiva.

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Come ti immagini il luogo di provenienza dei polacchi e come, con ogni probabilità, si presenta realmente

Insomma, esordi post-sleepiani come si usa, ma non troppo. Anzi, più Kyuss che Sleep. E un esordio che fa tanto vecchio stoner (ahi, nostalgia). Ma poi da lì comincia il viaggio vero in cui i quattro si sono spinti, coi due successivi album, sempre più persi tra onde space e una psichedelia sempre più eterea, almeno nei momenti di pausa tra una tempesta cosmica e l’altra. II e III sono ottimi, se la giocano a testa alta con gli Elder, nome psych di punta odierno. A tratti ci ho sentito lo confusione libera dei primi Verve. Soprattutto, nell’ultimo, una vena definitivamente psych-pop da far ricordare di quando se ne vennero fuori i Tame Impala, in un contesto del tutto altro rispetto al nostro, a riprendere certe vibrazioni anni ’60. Vibrazioni che in questo IV: The Stream of Forgotten Thoughts sono ancora più presenti.

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Non temete: di un disco stoner si parla. Insomma, nulla di cui dovreste giustificarmi troppo coi vostri compagni più seriosi. Stoner solare, rilassato, positivo. Diciamo alla Yawning Man, per certi versi, che è un gran bel riferimento, no? E Atomic Bitchwax, ma con meno sensualità. Quindi: banchi di psichedelia che bisogna accendere i fendinebbia, alla faccia di chi oggi suona stoner ma dimentica di sedurre la mente. O l’anima. O entrambe: ψυχή. Discorso ampio, che di gente in grado di farti fare un viaggio interstellare per davvero oggi ce n’è meno che vent’anni fa. Almeno a me sembra. Ma i Weedpecker lo fanno eccome. Stoner, dicevamo, ma anche tanta psichedelia british invasion (come per i Tame Impala, almeno i primi, cosa facciano ora non lo so e non mi interessa). E tantissima rilassatezza West Coast. Insomma, Joshua Homme e Jerry Garcia, Kinks ed Hendrix. E un John Lennon fuori come un balcone alla voce.

Si parte con No Heartbeat Collective, dal riff abbastanza duro da acchiappare chi è in cerca di emozioni forti, ma il punto di arrivo è poi Endless Extension of Good Vibrations, anche se non è esattamente l’ultima. Non so se ci siamo capiti, col titolo: Brian Wilson non ti temo. Questo è un pezzo veramente avventuroso, parte pigro e sognante (o sonnacchioso), roba alla Connan Mockasin, quasi (chiedete ai vostri amici hipster). Poi ci si sveglia all’improvviso nel vortice di un caleidoscopio multicolore, melodie solari, accellerazioni psych, chitarre che è un piacere. Linee vocali fanciullesche, che in fondo la prima psichedelia è tutta lì, nella meraviglia dei primi anni di vita.

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Ma è tutto il disco a divertire, tanto. Sì, ok, non avremo i riffoni-mazzata che piacciono a noi, gli inni da bong, lenti e monotoni che sennò vi viene il mal di mare, anche se spiaggiati sul divano. Qua ci sono evoluzioni cangianti, una dietro l’altra, dei musicisti sicurissimi, che si divertono, si sente. Che rischiano pure, per piazzare il colpo psych che ti lascia lì, a mezza altezza tra le nuvole. Che se sono quelle nel cielo o piuttosto quelle che vi spippacchiate di tanto in tanto, chi siamo noi per giudicare. Ognuno è fatto a modo suo. E i Weedpecker sono fatti così. Se ne infischiano di quello che va per la maggiore nello stoner di oggi e giocano la partita loro, con uno spirito libero che ancora una volta li conferma tra i migliori prosecutori di quel viaggio cosmico iniziato qualche decennio fa. (Lorenzo Centini)

One comment

  • Li seguo da tempo e sono una delle mie band preferite degli ultimi anni, magici nell’unire psych e belle melodie, cosa che riesce a davvero pochi musicisti.
    Sicuramente da recuperare anche II e III, con la speranza di rivederli dal vivo in Italia in futuro non troppo prossimo.

    "Mi piace"

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