Avere vent’anni: GRAVEN – Perished and Forgotten

Nel booklet l’unica cosa che c’è scritta è la sentenza: “Questo è il nostro ultimo album con il suono così pulito e cristallino, già il prossimo sarà molto più vicino all’autentico spirito black metal”. Non è letterale, vado a memoria, non ho voglia di tirare fuori il CD dallo scaffale, sono un pigro blackster matusa, quindi prendete per buono ciò che vi dico. Nel caso non mi credeste posso farvi arrivare delle foto, io il CD ce l’ho.

Vargsang se l’è sempre tirata da ultracattivo, con tutti i progetti che ha o nei quali ha partecipato, una miriade: il suo solista che si chiama come lui, ma anche i sottovalutatissimi Nocti Vagus e molti altri. Nel 2002 se non avevi almeno cinque progetti paralleli eri uno sfigatello da quattro soldi, impossibile non adeguarsi. Suoi compagni di squadra anche Zingultus (Nagelfar, Morast, Endstille, Graupel), Vronth pure lui nei Nocti Vagus, altra gente sparsa che nel frattempo teneva piede in mille altre scarpe. Non considerando la demo Of Misanthropic Spirit (poi ristampata in vinile nel 2015, con l’aggiunta di qualche bonus track presa dalle demo dei Totenreich, la loro prima incarnazione) i Graven hanno debuttato con lo split CD uscito per 88 Records (ooops!) assieme ai Barad Dur, loro sì puramente estremisti di destra. CD veramente raro, tra l’altro. I Graven si sono adeguati, dato che faceva davvero figo tirarsela da reietti. Poi venne il momento di pubblicare un disco da soli, senza avversari che ti randellavano (come i Barad Dur, per esempio), Undercover records gli offrì un contratto, e questa è cronaca. Uscì il debutto Perished and Forgotten che è, senza troppi giri di parole, un ottimo disco di black metal riciclato. Non viene inventato assolutamente nulla qui, nemmeno se ne sarebbe sentita la necessità. In contesti come questi cosa vuoi inventare? Riff molto norvegesi, sonorità molto norvegesi, atmosfere molto norvegesi. Ce l’avete presente quel giochino che si faceva tra amici (forse lo si fa ancora oggi alle feste, dopo il quarto giro di grappa) in stile Sarabanda? Metto su il cd e faccio partire un brano a caso, se sei così tanto intenditore di musica mi dici che CD è. Se non lo indovini 1) Ti sputtaniamo 2) Ti prendiamo per il culo a vita 3) Paghi da bere. Se mettevi su Perished and Forgotten vincevi facile, 99 su 100 ti avrebbero detto Gorgoroth, i più sgamati azzardavano qualcosa di meno scontato tipo Tsjuder, o Trelldom, tanto non ci avrebbero azzeccato comunque e tu avresti potuto perculare tutti quanti almeno fino a quando non sarebbe poi toccato a te indovinare il gruppo nello stereo in quel momento, e sarebbero stati cazzi tuoi.

Perché quelli che furono portati nel palmo della mano come la nuova, autentica speranza del rinascimento del true black metal, quelli che avrebbero dovuto raccogliere l’eredità dei grassi, fottuti ed imbolsiti rockers che un tempo usavano suonare black metal in Norvegia non hanno mai fatto nient’altro che riproporre – bene, eh! – cose già fatte prima, però siamo sempre da capo: se la massa decide che tu sei la nuova luce da seguire a te non basta che assecondarne il volere, i tuoi problemi sono risolti. Perished and Forgotten è un ottimo disco di black metal canonico, ad essere sinceri abbastanza prevedibile, ma non c’è una nota fuori posto, non c’è un riff sbagliato o un pezzo inutile… Se non fossero arrivati con buoni 6/7 anni di ritardo avremmo potuto gridare al miracolo; ma eravamo nel 2002, non potevamo farlo, erano dieci anni che ascoltavamo cose di questo tipo, che facevamo headbanging estremo con cose di questo tipo e che ci immedesimavamo nei cattivissimi tipi che suonano cose di questo tipo, leggendo le loro interviste che inneggiano all’estinzione della razza umana, a Satana, alla misantropia, al Glenfiddich 10 anni, alla birra belga rossa triplo malto, al Bayern Monaco, alle epidemie, a Himmler o a Topolino. Ci sono piaciuti così, abbiamo ascoltato Perished and Forgotten fino a sfinirci e nonostante tutto quando abbiamo giocato al black metal Sarabanda abbiamo sbagliato perché pensavamo che stessero girando i Gorgoroth e i nostri amici ancora ci prendono per il culo. Tre anni dopo (2005) uscì The Shadows Eternal Call, il secondo album. Non ci furono gli straordinari peggioramenti promessi nella qualità del suono, direi anzi che sono abbastanza simili ma questi sono pareri soggettivi. Il disco è la copia conforme di questo esordio, e ad oggi è pure l’ultimo episodio discografico dei Graven. Sono passati 17 anni, anche se Metal Archives li riporta come band ancora attiva secondo me sono morti e sepolti da anni. E tanti saluti all’ultima speranza che aveva il black metal di ritornare agli antichi splendori, mai fosse stato possibile o credibile. (Griffar)

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