Una lupa incazzata nera che vi odia tutti: WILCZYCA – DrakoNequissime

Sarebbe troppo facile dirvi “sentirete parlare dei Wilczyca”, magari nel trasporto generato dai primi ascolti di questo nuovo DrakoNequissime e solo perché crea subito impressioni forti e ben distinte rispetto alla massa dei lavori che escono oggi. Eppure i Wilczyca (“lupa” in polacco) mancano di quel fattore “tranquillizzante” che fa gridare al miracolo ogni volta che esce un disco dei Mgła, fenomeno sopravvalutato. I Mgła “tranquillizzano” appunto perché nulla è fuori posto con loro, le strutture, i cambi di tempo al punto giusto, le melodie, i riff. Tutto molto competente e senza sorprese. E quindi hanno successo.

Con i Wilczyca è un discorso completamente diverso. Eravamo rimasti al precedente Horda, uno dei dischi più misantropici e carichi d’odio che mi sia capitato di sentire negli scorsi anni. Abbastanza “convenzionale” però, soprattutto se lo si inserisce in un certo filone, ovvero quello del black metal più grezzo e depressivo. Roba bella, per carità, ma già nota.

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Stavolta i polacchi vogliono proprio spiazzare l’ascoltatore, e lo mettono bene per iscritto già dall’introduttiva Nienawidzę Jesus Christusa (“odio Gesù Cristo”), il cui messaggio potrebbe magari sembrare ad uno spettatore incauto quello di quindicenni che si ribellano per la prima volta. Purtroppo però, in un paese in cui il libero arbitrio è ancora sotto scacco e minacciato dal bigottismo più bieco, ampiamente incoraggiato dal pessimo governo in carica, il significato è ancora una volta quello di un grosso dito medio violentemente rivolto all’unico, verosimilmente insormontabile ostacolo che trattiene il paese da cui provengono i nostri dal diventare una delle più efficienti e moderne nazioni europee: la Chiesa Cattolica.

Musicalmente è un lavoro impressionante, con i suoi “chiaroscuri” in forma di melodici e quieti riff che un secondo dopo diventano violentissime sfuriate supportate da uno stile vocale degno della migliore Linda Blair o Carla Gravina possedute dal demonio, il tutto mixato a livelli allucinanti e distorti.

Come in una pittura naif dal messaggio chiaro e apparentemente semplice ma allo stesso tempo ben studiato, con quei suoni mai troppo curati e volutamente a bassisima fedeltà, DrakoNequissime, loro terzo album in studio, ci consegna una band davvero matura e con le idee chiarissime.

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La produzione con i suoi “pianissimi” e “fortissimi” crea un effetto straniante e per niente banale, proprio come le strutture dei pezzi, sempre riconoscibili ed accostabili ad un genere ed un determinato stile, eppure per nulla scontate e proprie di quei lavori curati non solo nell’esecuzione dei pezzi, volutamente lo-fi, ma anche dal punto di vista della trasmissione di sensazioni ben definite. È difficile da spiegare così, ma dategli un ascolto e capirete. E tutto ciò i Wilczyca lo fanno in poco meno di mezz’ora, proprio come nel disco precedente. Certamente non una formula commercialmente felice.

Prendete Jeszcze Zemści się Ziemia (“La terra si dovrà ancora vendicare”), il pezzo che vede l’ospitata della vecchia gloria del metal non solo polacco, ma mondiale Roman Kostrzewski, storico cantante dei Kat, semplicemente uno dei primi gruppi in assoluto che negli anni Ottanta si potevano definire estremi sia musicalmente che a livello di contenuti.

La parte recitata dal nostro, ormai sempre più somigliante a Christopher Lloyd nel ruolo di Doc di Ritorno al Futuro, può sembrare fuori luogo ad un primo ascolto, ma non fa che aggiungere un aura di teatralità che ben si confà alle atmosfere del pezzo e che comunica, anche tramite il bello e profondo testo scritto, la supremazia della natura su tutto, e soprattutto sulle convinzioni falsamente etiche e moraliste create dall’uomo a misura di sé in forma di religione. E lo fa con una poetica insospettata, che più stride con la formula aggressiva del pezzo in questione quando sferra il suo attacco, e più convince.

Veramente interessante e consigliato, se siete in vena di un ascolto originale ma allo stesso tempo il più lontano possibile dall’essere fastidiosamente pretenzioso. (Piero Tola)

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