Avere vent’anni: HIM – Razorblade Romance
Verso la fine del secolo scorso, ai piani alti degli uffici romani di una grossa major internazionale, il signor Maravazzi del settore creativo convocò una riunione. Attese che i convocati si furono seduti intorno al tavolo di vetro, tutti rigorosamente con bottiglietta d’acqua e bicchiere di cristallo, e iniziò: “Colleghi, vi ho riunito qui per parlarvi di una cosa molto seria: il carovita. Siete stati di recente a fare la spesa al supermercato? La situazione è fuori controllo. L’altro giorno ho comprato cinque patate, mezzo chilo di zucchine e tre pacchi di pasta e ho speso diecimila lire. Poi ci sta pure mio figlio che vuole la Cagiva, quella zoccola di mia figlia che vuole viaggiare per allargare i suoi, uhm, orizzonti, e come se non bastasse mi si è rotto il tubo della vasca da bagno e quelli del piano di sotto mi vogliono fare causa perché gli piove dentro casa. Quindi guardiamoci in faccia: dobbiamo svoltare”.
A quel punto la signorina Garavaglia, una trentenne in minigonna assunta a tempo indeterminato dopo una breve esperienza giovanile in una fanzine modenese tutta al femminile, intervenne dicendo: “Ne sono convinta anche io. Questi sono gli ultimissimi periodi in cui dovremo pensare ai soldi, perché tra pochi anni entreremo nell’euro e diventeremo tutti ricchissimi, ma per adesso dobbiamo pensare a qualcosa di intelligente. Quindi la butto lì: una boyband?”.
Maravazzi sbuffò: “Ne abbiamo già troppe. Maschi, femmine, inglesi, americani, italiani, bianchi e colorati, mò ci stanno pure le Tatu. Non funziona più, gli anni Novanta sono finiti”.
Prese la parola Balocchi, un ex stagista recentemente integrato in azienda (quando ancora integravano gli stagisti): “Se facessimo una collaborazione tra gente famosa? Tipo LigaJovaPelù, o cose del genere”.
Maravazzi scosse la testa: “Ci avevo già pensato, ma non si può. Attualmente le canzoni che potremmo proporgli da cantare sono troppo dignitose, per quella roba ci vuole la merda vera e al momento i nostri compositori sono alacremente al lavoro per tirare fuori qualcosa che faccia seriamente schifo ai cani”.
“Mi sono sempre chiesta come lavorano i compositori di quella roba”, disse la Garavaglia riavviandosi i capelli con frivolezza.
“Beh, è semplice”, rispose Maravazzi, “Tengono questi cani chiusi in delle stanze, dentro cui ci sono dei pulsanti rossi schiacciando i quali si aprono delle piccole gabbiette in cui c’è un biscottino. Ognuna di queste gabbiette, aprendosi, fa partire una canzone diversa. Sapete come sono i cani, quelli mangerebbero qualsiasi cosa fino a scoppiare. Beh, in determinati casi il cane è così disgustato dalla canzone che prima vomita sul posto e poi capisce che non deve aprire più quella determinata gabbietta. Queste canzoni sono l’unico motivo al mondo che spinge un cane a non voler continuare a mangiare”.
Dalla sala riunioni si alzò un mormorio di stupore. “Ecco come fanno a scrivere i pezzi di Jovanotti!”, esclamarono in molti. “E io che avevo sempre pensato che ‘fare schifo ai cani’ fosse un’iperbole”.
“Invece no, cari i miei ingenui colleghi. Questa tecnica è ormai avanzatissima, nel reparto produzione sono dei veri professionisti. Anzi, per farvi capire quanto ormai siamo avanti da questo punto di vista vi consiglio di tenere d’occhio le uscite dei prossimi anni. Vi dico solo una parola: Coldplay. Ora questo nome non vi dice nulla, ma fra qualche anno ripenserete a questa conversazione e allora capirete”.
“Vabbè insomma”, esordì Lazzari, un azzimato veterano dell’azienda che ne aveva viste parecchie. “Le boyband sono fuori moda, non abbiamo canzoni abbastanza brutte da proporre a Jovanotti e immagino che le altre opzioni classiche siano già state scartate, giusto?”
“Giusto”, annuì Maravazzi con un’espressione rassegnata.
“E allora che facciamo?”, riprese Lazzari. “Per caso hai qualche idea?”
Maravazzi si illuminò. “Ecco, è per questo che vi ho convocati. Avete presente gli HIM?”. Silenzio totale. Maravazzi continuò: “È un gruppo finlandese che fa doom metal con testi sull’amore”. Il silenzio fu rotto da un mecojoni sussurrato a mezza bocca dal fondo della stanza.
Negli occhi della Garavaglia passò una scintilla: “Ma è quel tizio magro coi capelli lunghi?”.
Maravazzi annuì: “Vedi? Le donne se li ricordano. Hanno fatto un disco qualche anno fa, lui è un bel ragazzo, ha una voce calda e profonda e secondo me potremmo ricavarne qualcosa”.
“Ma che cazzo dici”, proruppe Lazzari. “A sto punto prendiamo un belloccio depilato qualsiasi e gli diamo da cantare qualcuna delle cacate che escono fuori da quella sala coi cani. Maravazzi, sei impazzito? Io l’ho sentito quel disco, non funzionerà mai”.
“E invece è qui che ti sbagli! Fidati di me, questo è il nuovo Jim Morrison, le ragazzine lo adoreranno”, esclamò Maravazzi con forse troppa enfasi.
“Tu sei un coglione”, continuò Lazzari, sempre più spazientito. “Balocchi, tu che sei giovane e non capisci un cazzo di niente, e quindi rappresenti perfettamente il nostro target di mercato, pensi che potrebbero piacerti questi?”
“Ehm, in realtà io non li ho, ehm, mai sentiti”. Balocchi aveva preso a sudare e strofinarsi nervosamente le mani sulle gambe. “Però magari, ehm, se mi date una mezz’oretta per sentire qualche pezzo poi io, ehm…”
“Lasciamo stare”, tagliò corto Lazzari. “Qui siete uno più scemo dell’altro ma su una cosa hai ragione, Maravazzi: finché l’Europa Unita non ci inonderà di quattrini e diciottenni russe aggratis abbiamo bisogno di trovare un’idea per pagare le bollette del gas. Sai che ti dico? Proviamoci. Andrà male, ma meglio di niente. Hai già pensato a qualcosa nello specifico?”
Maravazzi era raggiante. “Sì! Dovremmo andare lì da loro con una valigia piena di soldi, aprirgliela sulla testa e dirgli che, se ne vogliono altri, devono scrivere musica che possa piacere a quella mignotta di mia figlia”.
La Garavaglia lo interruppe piccata: “Senti, ma è necessario parlare così di tua figlia? Lo sai che le giovani donne passano dei periodi complicati, la distanza nei rapporti genitoriali, eccetera. Davvero pensi che sia opportuno chiamarla mignotta?”
“In questo momento è in Erasmus in Spagna”.
Gelo totale. “Mi dispiace”, rispose a occhi bassi la Garavaglia, e si riassettò i capelli.
“Insomma è deciso”, disse Lazzari. “Maravazzi, facciamo come dici tu. Devi far capire a questi quattro stronzi che il doom metal che istiga al suicidio è bello e tutto quanto, ma anche sticazzi. Fatti fare un disco del cazzo con la voce singhiozzata e se necessario buttaci dentro anche qualche pezzo dal primo album, che tanto chi cazzo vuoi che l’abbia sentito. Se ci mettono i chitarroni tu fai buon viso a cattivo gioco, tanto poi ci pensiamo noi a farlo suonare come gli Hootie and the Blowfish”.
“Ah, gli Hootie and the Blowfish. Quelli sì che erano tempi”.
“Già. Allora siamo d’accordo. Vado a proporre la cosa ai capi, tu vola in Finlandia e prega di tornare con un disco del cazzo altrimenti qua dentro hai chiuso. Ricordati che deve sembrare un altro gruppo, perché quella roba che facevano prima non va bene”.
“Tranquillo, Lazzari. Fidati di me: ti ho mai deluso?”
(barg)
Gruppo pilotato o meno me ne fotte sega, questo era e restacun disco della madonna. Mai più ripetuto purtroppo
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Album epocale, lo ascolto ancora volentieri e mi sono accorto di saperlo tutto a memoria. Se lo sapevi usare bene ti faceva anche scopare
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Scopare non è trve
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Infatti tendevo ad evitare
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Discone epocale e recensione di rara bruttura.
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