Avere vent’anni: IN FLAMES – Colony

Gabriele Traversa: Colony è un disco bellissimo. Malinconico, intenso, arrabbiato. Ogni singola traccia è un orgasmo: l’adrenalinica Embody the Invisible, la poppeggiante Ordinary Story, la potente Scorn e via discorrendo. Dopo quest’album i giovanotti più cool di Goteborg non saranno più gli stessi, è vero, ma Colony era e resta un disco riuscitissimo. Quelli che affermano il contrario sono gli stessi rompicoglioni che dicono che i Cradle of Filth muoiono con Midian (muoiono con Damnation and a Day, il disco successivo, ottimo forse solo un po’ troppo lungo), che Dylan Dog muore col numero 100 (muore col 200), e che la pizza da Pizza Romana a Via dei Gelsi fa schifo da quando se n’è andato Hassan. In realtà ha continuato a sfornare impasti più che discreti anche dopo la sua partenza. È oggi che fa cagare, un po’ come gli In Flames.

Cesare Carrozzi: Tolti i primi che vabbè, tra Whoracle e Clayman questo è forse quello che mi piace un po’ meno. Per carità, è comunque un buon album e un due/tre pezzi spaccano alquanto (The New World, Coerced Coexistence, Colony, Zombie Inc.), però, boh?, mi ha sempre dato l’idea che in qualche modo Stromblad e compagnia si siano un po’ trattenuti in fase di stesura delle canzoni, e che quei piccoli cambiamenti, quelle novità che pure ci sono (tratti con la voce pulita, tastiere e pure l’hammond) siano appena accennate proprio per il timore di come sarebbero state accolte dal pubblico.

Visto che Colony è comunque andato bene, evidentemente hanno preso coraggio e con Clayman sono andati avanti a sperimentare un po’ per volta, per poi, purtroppo, finire a merda come sappiamo. Capita, è capitato ai Maiden, ai Blind Guardian (che spero sempre rinsaviscano), e a tanti altri, sperimenti e sperimenti e poi ad un certo punto ti perdi e non ricordi più da dove cazzo eri partito, quindi non puoi manco tornare indietro mentre il futuro non ti sorride affatto. Certo, Maiden e (un po’ meno) Blind Guardian venderanno sempre e comunque e con le tournée avranno la pensione assicurata, gli In Flames non credo invece che se la passino poi troppo bene. Personalmente non ho ascoltato più nulla da Come Clarity, che pure non entrandoci più assolutamente niente con i vecchi dischi (anche con questo Colony, per dire) era comunque un bell’album, ma diciamo che dove c’è Jesper Strömblad difficile che faccia proprio schifo tutto. Tanto per dire, Glory To The Brave è l’unico disco degli Hammerfall che mi piace anche perché Strömblad, pur non avendoci suonato, ha firmato con Oscar Dronjak e non ricordo chi altro praticamente tutti i pezzi. E poi niente, la voce di Joacim Cans mi è insopportabile e li ho lasciati perdere, ma quel primo disco, nonostante il cantante, a volte ancora lo ascolto. Insomma, Colony è un disco di passaggio, bello ma non fondamentale nella discografia degli In Flames. Casomai se ne riparla per Clayman.

Trainspotting: Colony è un disco molto bello, ma è anche l’inizio del declino degli In Flames. Difatti fu proprio qui che gli svedesi iniziarono a sfrondare la propria musica dalle trame folk che li avevano resi unici, avviandosi rapidamente verso atmosfere metropolitane e cosmopolite che prevedibilmente annullarono la loro identità. Mutatis mutandis, lo stesso discorso che avevo già fatto per i Folkstone. La sintesi era stata Whoracle, un album maturo in cui gli In Flames, dopo aver preso piena coscienza di sé in The Jester Race, sublimarono tutti gli elementi del proprio suono rendendoli più immediatamente fruibili anche a chi non viveva a pane e death melodico svedese. Dopo Whoracle scelsero però la strada peggiore, e se Colony è ancora molto piacevole, con le sue canzoncine immediate e lineari e le voci pulite, con il mediocre Clayman si iniziarono a perdere le speranze. Era del resto l’epoca in cui molta gente credeva che il metal inteso in senso classico non avesse futuro, e che quindi bisognasse rinnovarsi a ogni costo, anche snaturando sé stessi, avendo come punti di riferimento quei gruppacci americani con la tuta acetata e lo sguardo da schizofrenici; che poi era vero che il metal avesse finito la propria spinta propulsiva, ma era anche vero che quei punti di riferimento alternativi avevano palesemente ancora meno forza creativa, oltre a fare mediamente schifo. Diciamo però che quantomeno gli In Flames sono stati coerenti a portare avanti fino in fondo questa convinzione, a differenza per esempio dei merdosissimi Machine Head, che semplicemente andavano dove tirava il vento. Peraltro a me piace moltissimo il terzetto Soundtrack – Come Clarity – Sense of Purpose, quindi non faccio un discorso di tradimento delle origini ma proprio di insensatezza della proposta: se lo scopo, se pur inconsapevole, era arrivare a, diciamo, lo stile di Come Clarity, Colony può essere visto come un primo passo alla cieca in un territorio sconosciuto; qui rischiarono quasi di cadere giù, ma in un modo o nell’altro riuscirono a rimanere in piedi; con Clayman precipitarono proprio di faccia a terra. Dopodiché diventarono un altro gruppo, nel bene o nel male.

8 commenti

  • All’epoca ci ero andato pesantemente in fissa, ma devo dire che di tutta la discografia degli In Flames è forse quello che più è invecchiato male. Non credo sia nemmeno un problema di qualità, Zombie Inc. o Coerced Existence ancora oggi se le metto spaccano alla grande, però rimane quello che ascolto di meno. Non riesco a dare nessun tipo di spiegazione, diciamo che è più una sensazione. Per esempio, nel corso degli anni ho rivalutato parecchio “Clayman”, che all’epoca schifai come evidenziato dal Carrozzi, ma alla fine ha dei pezzi semplici, diretti e con pochi cazzi…

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  • Embody the invisible e Ordinary story pure per me, gran pezzi. Mi ritrovo molto in Carrozzi, pure sugli Hammerfall: cantante sempre insopportabile, primo album unico a potersi vagamente ascoltare. Cesare, succede spesso.

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  • Gran disco Colony, per me fa parte della triade assoluta degli IF con The Jester Race e Whoracle (a cui personalmente aggiungo Come Clarity, che secondo me è l’apice del nuovo corso, partito tra Clayman e RtR).

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  • Purtroppo sono diventati un gruppo veramente osceno…Visti ad un Festival almeno 5 anni fa’, mi vergognavo ad essere lì…

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  • A me piace, però concordo con Barg quando dice che da qui gli in flames mollano le radici folk e si avviano verso atomsfere urbane più impersonali.
    Domanda a Trainspotting: ricordo una tua stroncatura secca (mi pare 3) di reroute to remain sul MS cartaceo. Però ti piace il terzetto successivo. Hai forse rivalutato rtr, col senno di poi? Io ad esempio lo preferisco sia a Clayman che a A Sense of purpose

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    • Mai rivalutato, ma ormai non lo ascolto da parecchio. Per lo stesso ragionamento che fai tu ho provato a risentirlo più volte, all’epoca, quando uscivano i vari A Sense of Purpose, Soundtrack e Come Clarity, dicendomi “Ma se mi piacciono questi, com’è che non mi piace RTR? Non è che mi sono sbagliato?“. Ma niente, anche a risentirlo non mi diceva mai niente e non riuscivo neanche ad arrivare in fondo. Uno di questi giorni però gli ridarò l’ennesima occasione.

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  • terzo capolavoro di fila. Non trovo un pezzo meno che bello neanche a impegnarmi. solo con pallar anders visa certa gente ci imbastirebbe una carriera, loro questa perla acustica te la buttano in 45 secondi.

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  • Da grande fan degli In Flames, all’epoca ne rimasi un po’ deluso e pensavo di essere io il problema visto che le recensioni parlavano di un grande album. Col tempo ho capito che invece il problema e’ l’album che e’ pieno di filler. Per fortuna gia’ con Clayman iniziarono a cambiare un po’ rotta. Se avessero proseguito col death melodico si sarebbero infilati in un vicolo cieco. Chi ha i paraocchi ovviamente continui ad ascoltarselo facendo finta che sia al livello di Whoracle o The Jester Race.

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