PHILIP H. ANSELMO & THE ILLEGALS – Walk Through Exits Only (Housecore)

Phil-Anselmo-Walk-Through-Exits-Only-2013

…la bellissima ninfa

partorì un bambino che sin dalla nascita suscitava amore,

e lo chiamò Narciso. Interrogato se il piccolo avrebbe visto

i giorni lontani di una tarda vecchiaia, l’indovino

aveva risposto: “Se non conoscerà sé stesso”.

A lungo la predizione sembrò priva di senso, ma poi l’esito

delle cose, il tipo di morte e la strana follia la confermarono.

(Ovidio, Metamorfosi, III)

Quasi mezzo secolo di vita, 45 anni trascorsi tra abusi e dissipazione, il volto-immagine di una delle più grandi band del pianeta;  Phil Anselmo è all’angolo del ring sul quale ha sempre combattuto, tra collaborazioni, progetti nati come side e poi imprevedibilmente diventati main, riverenze e pompini ai colleghi di turno; il ragazzaccio di New Orleans non poteva che diventare l’icona metal degli anni ’90. Le ubriacate colossali, il caldo asfissiante della palude, la passione per la botanica creativa, la coca che non termina per cola e l’overdose che fece definitivamente incrinare i rapporti già poco idilliaci con i fratelli Abbott. Da grande avrei voluto essere il biografo di Phil Anselmo solo per vedergli distruggere il camerino. Me le immagino le scenette tra il tour manager e il direttore di un fantomatico Hotel Plaza:

-“Di grazia, mi saprebbe dire per quale ragione il camerino è distrutto?”

-“Il signor Anselmo dice che gli è sparito il bagno.”

Come glielo spieghi ad uno così che il bagno non è sparito e che forse si è solo scolato un bicchiere di troppo di Southern (Dis)Comfort?

Phil Anselmo è anche questo, per certi versi broken man, per certi altri un clown di un circo itinerante, il capocomico di una compagnia teatrale, uno capacissimo di registrare in contemporanea un disco southern rock  e un altro di incontaminato e nostalgico black metal, facendo rientrare nel tour delle cazzate anche l’ex moglie. Durante gli anni della mia spensierata adolescenza, mosso dall’amore verso l’uomo, ho ascoltato senza sosta ogni scorreggia partorita dal signor Anselmo, dall’hardcore sudista (qualsiasi cosa significhi hardcore sudista) dei Superjoint Ritual, a quell’unico disco-collaborazione con il semprefatto Mike Williams, con il quale aveva dato vita agli Arson Anthem. Sono sempre più convinto che Anselmo abbia una scadenza decennale, al termine della quale viene investito da una crisi esistenziale che lo spinge a soddisfare il bisogno impellente di saturare il mercato con le proprie uscite. Prima il nuovo, mediocre, EP dei Down, poi lo split con i Warbeast, una sorta di asfittico karaoke-revival di The Great Southern Trendkill, ed ora addirittura un disco solista in cui è affiancato dai semi-anonimi Illegals, sui cui precedenti penali sarei pronto a scommettere un testicolo.

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Questo Walk Through Exits Only è l’ennesima, volgare, dimostrazione di come Anselmo sia sempre meno artista e sempre più personaggio, un eterno adolescente che continua a fare musica senza avere più le idee e i mezzi di una volta, riducendosi a mischiare il minimalismo hardcore, di cui fa bella mostra in questa manciata di canzonette, con le vecchie e oramai stantie sonorità sludge, qualche spruzzata death metal tanto per gradire, blast-beat come se piovesse, un rutto, un paio di scoregge inserite tra il consueto sproloquio sbiadito contro il music biz e le solite liriche proto-esistenziali  che in confronto Al Bano con Romina Power scriveva roba più profonda. Phil Anselmo ha preso una piega che ricorda un po’ il mito di Narciso, continua ad andare in giro e a pavoneggiarsi nonostante la pancia e le occhiaie, persiste nel ritenersi il miglior frontman della miglior band di sempre (cito testualmente da un’intervista non troppo vecchia N.d.A.), quando a me basterebbe solo che si alzasse da quelle scale, che smettesse di rifugiarsi sotto i portici dello stoicismo e iniziasse nuovamente a scrivere dischi per i quali valga la pena sprecare inchiostro, pixel o quel cavolo che vi pare. Narciso alla fine si lascia morire. (Gianni Pini)

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