ANATHEMA – Weather Systems (Kscope Music)
Giù il cappello signori, giù il cappello per almeno 55 minuti, ovvero la durata di Weather Systems. Sono legato agli Anathema in modo indissolubile da tempo ormai immemore. Ne conosco vita, morte e miracoli e mi bastano due note per riconoscere un qualsiasi loro brano. Nel corso del tempo li ho venerati quasi quanto i Maiden, per intenderci, ed ho sempre sostenuto fossero più importanti di Paradise Lost e My Dying Bride messi insieme per lo sviluppo del gothic doom britannico. La pensavo così anche quando ero un ragazzino che non capiva un bel niente di niente. Oggi sarà che non ancora poco mi rendo conto ma non ho cambiato di una virgola idea su di loro. Ditemi uno, solo un gruppo che non ha mai tradito le vostre aspettative e che è riuscito sempre ad anticiparvi di un attimo? Certo, ognuno avrà i suoi. Gli Anathema sono i miei: sono sempre stati coerenti con i miei gusti musicali – ma pure anticipatori – che col tempo sono cambiati un casino. E loro anche sono cambiati un casino. Non si sono mai fermati con la sperimentazione e mai hanno mostrato segni di cedimento nel perseguire una strada apparentemente inusuale o poco commerciale, se volete. Penso questo e lo sottoscrivo appieno. A questo punto e ciò detto non esco fuori le righe se oggi, a trenta anni suonati di cui almeno la metà trascorsi ad apprezzare il metallo in tutte le sue forme, posso dire che Weather Systems è il disco degli Anathema che preferisco. Fino ad Alternative 4 il quartetto inglese era una cosa ben precisa e dopo A Fine Day To Exit ne usciva fuori un’altra completamente diversa, anche perché diversi erano loro. La chiave di volta di tutta la carriera di questi signori qui e che li ha portati a comporre musiche divine come quelle odierne è rappresentata secondo me da Judgement, l’album della virata, del cambio di rotta, l’album del coraggio. Fu il lavoro più importante. Cosa accadde? Patterson se ne andò, arrivò la sorellina del batterista storico John Douglas, Lee, la quale oggi entra a pieno titolo nei ranghi della line-up ufficiale con la sua bellissima voce, come arrivarono pezzi grossi dai Cradle e dai My Dying Bride. Per vostra informazione Duncan da poco tempo è tornato attivo con gli Alternative 4 (la scelta del nome per il suo nuovo gruppo credo contenga in sé un messaggio) il cui debut album The Brink si cimenta nell’ardua prova di ripartire da quel lontano 1998 o meglio da ciò che secondo lui sarebbe dovuto essere dopo. Tornando a Judgement, un album dolce e melodico, intenso ed indimenticabile, ma privo di quella energia (Empty) e quella vena prog (Feel) che rese immortale il precedente, sebbene questo con Lost Control e Destiny anticipasse parecchio del futuro prossimo venturo. Qualcuno potrebbe arguire che forse fu proprio Alternative 4 l’album della virata. Rispetto a The Silent Enigma ovviamente si, ma proviamo ad andare oltre. Cosa sono oggi gli Anathema se non il compimento del progetto di Judgement? Dopo anni di costruzione nota su nota di un edificio stilistico unico con A Fine Day To Exit (risultato più o meno riuscito del cambio di bordo) in poi l’obiettivo è stato quello di togliere, alleggerire, sfrondare, semplificare. A Natural Disaster fu un album importantissimo, primo perché vide il grande ritorno dell’altro fratello Jamie, il gemello di Vincent, secondo perché fu l’apice della fase buia e pessimista degli Anathema che, pur vedendo i suoi ultimi riflessi in Hindsight, sostanzialmente ebbe una fine. Fu l’album della definitiva elaborazione del pessimismo gotico, che poi erano stati loro stessi a creare partendo dalle atmosfere cupe della natia Liverpool. Il lungo periodo di quasi inattività fino alla rigenerazione di uno stile con We’re Here Because We’re Here fu testimonianza di ciò che dico.
Potrei parlarvi degli Anathema per giorni interi e vi vedrei invecchiare e deperire davanti a me. Visto però che da quando ho l’onore di scrivere su questo blog è la terza volta che tratto di loro e visto che vorrei essere ancora tollerato e letto quando saremo alla prossima apologia devo frenarmi a tutti i costi e andare al punto.
Bastava il veloce ascolto ai due brani in streaming per capire la portata storica del nuovo album. Weather Systems è la summa di tutto ciò che viene prima: l’ampiezza lirica da Judgement, la malinconia indie di A Fine Day, una ritrovata cupa nota blu da A Natural Disaster, la semplicità scarna ed essenziale della splendida rilettura acustica di Hindsight come anche la profondità eterea dell’altra rilettura, quella classicheggiante e orchestrale di Falling Deeper, la leggerezza, la positività d’animo e i buoni sentimenti ispirati da We’re Here con un accorto e mai predominante uso dell’elettronica (che sta però prendendo sempre più piede da quando sulla scena si è affacciato Steven Wilson) come nel brano The Storm Before The Calm che con un lungo intermezzo electro-progressivo spezza la magia dei primi cinque brani – unico momento concettuale di indescrivibile bellezza ricco di controcanti e voci sovrapposte, arpeggi sublimi e melodie indimenticabili – per poi ributtarti senza pietà in un mare di lacrime negli ultimi minuti di commovente crescendo.
Gli Anathema sono responsabili del fatto che non potrò più ascoltare black metal o death metal per molti mesi a venire: Weather Systems ti ammorbidisce la vita, ti solleva dalle pene, ti da cura e giovamento, conferisce serenità d’animo, fa bene alla mente ed allo spirito e ti libera dal male. Amen. (Charles)
Recensione perfetta per l’album migliore del 2012.
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Hai fatto un’ottima pubblicità all’album, non c’è che dire. Ci sarebbero mille osservazioni da fare, ma cito la frase più bella: “sono sempre stati coerenti con i miei gusti musicali – ma pure anticipatori – che col tempo sono cambiati un casino”: sottoscrivo, la grandezza di un gruppo è proprio quella di crescere e maturare, al costo di diventare altro da quello che si era un tempo.
Ma una domanda a cui voi addetti ai lavori forse sapete rispondere: cosa cavolo è successo dopo A Natural Disaster che ci hanno messo 6 anni a far uscire l’album successivo?
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Bella domanda. Per dirla con due parole gli è fallita la label sotto al naso. Volendo approfondire un attimo vedi che ci sono alcune cose che non tornano. La Music For Nations (che era stata anche la label dei Paradise Lost di One Second e Draconian Times, micacazzi) in effetti chiuse i battenti nel 2004, poco dopo A Natural Disaster. Il perché fosse fallita realmente non si sa ma al suo attivo aveva, oltre agli Anathema, pure Opeth, Entombed e Cradle (che vabbé non pubblicavano nulla da Midian) e che si potesse reggere su questi 4-5 (che ne so, magari gli Hardcore Superstar facevano più soldi di tutti gli altri messi assieme) ci poteva stare. Secondo me è stato un giochetto sporco tra holding finanziarie, acquisizioni, cessioni (di mezzo ci sono mostri come Zomba, Sony, RCA) in cui ci sono cascati dentro i poveri Cavanagh. Perché i Cradle poi sono passati con la Sony (che si è comprato il pacchetto) e gli Anathema no? Forse perché erano più vendibili e facilmente etichettabili? Forse la musica in tutto questo c’entra ben poco ma alla fin dei conti i Cavanagh si sono ritrovati senza una label e squattrinati, hanno provato ad alzare qualche spicciolo sul web e hanno pure provato ad autoprodursi ma senza successo. Vincent, che è un signore e non fece sparate sulla questione (a quanto mi risulta), cacciò la scusa che avevano per le mani un disco della madonna (che poi era vero) e che aspettavano di chiudere un contratto con la migliore casa discografica. E’ un mix di cose e la sfiga poi si fa sempre vedere quando proprio non è necessaria…
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il fallimento della Music For Nations mi fece bestemmiare per svariati giorni consecutivi, e lasciò a piedi un bel po’ di ottimi gruppi, non ultimi gli Anathema
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in effetti sì, beninteso questo è quello che penso io, poi ci saranno altre motivazioni più concrete non lo so. ma comunque la cosa mi era sembrata strana
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The Silent Enigma è uno dei miei album preferiti di sempre….
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il disco è una mirabile sintesi delle varie sfaccettature degli ultimi Anathema, godibile ai primi ascolti per poi affondare in profondità con radici robuste e crescere, crescere, crescere. pur restando indissolubilmente legato agli episodi più malinconici della loro carriera, provo una stima immensa per la loro capacità di spingersi costantemente in avanti riuscendo però a mantenere un livello qualitativo altissimo. alcune canzoni non mi hanno ancora “preso” pienamente, ma è veramente un album spaziale
appuntamento al concerto di aprile. l’ultima volta lacrimoni, mi piacerebbe ripetere l’esperienza
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ci sarò pure io a Milano, secondo me anche questa volta lasceranno il segno come due anni fa.
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Articolo fantastico Charles, grande. Quanto si sente comunque la mano di Steven Wilson.. sarò io fissato, ma dove mette mano lui si sente proprio il suo tocco magico, questo ovviamente senza togliere niente agli Anathema, benintesi.
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il mio preferito in assoluto e’ the silent enigma. comunque tutta la loro discografia e’ obbligatoria. bella recensione devo dire…. l’album non vedo l’ora che esca per fiondarmi ad aquistarlo.
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recensione stupenda.avrei voluto scriverla io.vivo con gli anathema da sempre,io e te abbiamo avuto le stesse emozioni ,la stessa vita scandita dalle uscite degli anathema.. chissa come funzionano certe cose,a volte pare magia,non è vero? sembra stupido e imbarazzante,ma certe volte la sola aspettativa di un concerto o di un nuovo album degli anathema dona voglia di campare. quei crescendo infiniti senza mai esplodere che ti bagnano gli occhi. quella voce perfetta,quella voce calda,intima, quell’impatto emotivo che ti rompe dentro. gli anathema..quanta altra musica riesce a combinare dentro di noi quello che può combinare la loro?
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Ottima recensione, concordo su tutto. Il pregio degli Anathema è proprio quello di spaziare, senza limiti e preconcetti, facendo album sempre profondamente diversi ma con un marchio di fabbrica ben distinto. My Dying Bride, Paradise Lost, Tiamat, Amorphis, Opeth, ma anche Cynic, e gli stessi Voivod (a parte un periodo intermedio di crisi profonda..), pur con le debite differenze, chi prima, chi dopo, aderiscono tutti a questa, fortunata, “tendenza” di intrecciare, con etrema maestria, il Metal con il Prog, cosa che mi fa particolarmente felice perchè è dal tempo dei capolavori usciti tra il ’65 ed il ’75 che non ritrovavo una tale, esaltante, dinamicità compositiva. Certo che gli Anathema sembrano veramente provenire da un altro pianeta…
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Bravissimi …album bellissimo!
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