La lista della spesa di Griffar: BRÆ, UNTIER

Come vostro devoto spacciatore di musica black underground della quale non parla quasi nessuno, eccomi qua con qualche disco (più o meno) fresco di stampa da elevare all’attenzione del folto, nutrito e fedele pubblico del quale il Metal Skunk blog va giustamente orgoglioso. In questo capitoletto, così come nel prossimo, mi focalizzerò sul black metal che ingloba nel suo malessere elementi doom e death metal. Preciso sin da subito che non ci sono gruppi che cambieranno le sorti del genere nostro preferito; che però sia musica che vale la pena ascoltare quello è fuor di dubbio, quindi rilassatevi, aprite una bella birra rossa doppio malto fresca a puntino e apprezzate, horns ablaze!

Dei BRÆ non sapevate niente, vero? Non fatevene un cruccio, nemmeno io. Hanno inciso due dischi, l’ultimo dei quali è questo Av vålnader bortom allt, che ha il titolo in svedese nonostante loro siano (anche) belgi. Due brani, uno da 21 e uno da 22 minuti, due minisinfonie di un black/death metal molto opprimente; a dir la verità più black che death. Troviamo un sacco di divagazioni perché i ragazzi sono intelligenti e sanno che, se non diversifichi pezzi da oltre venti minuti, è automatico che l’ascoltatore si scoglioni e vada ad ascoltare i M.O.D. per riconciliarsi con la vita. Vagabondaggi nell’ambient/atmospheric, sezioni di sole tastiere o sole chitarre non distorte, qualche sintetizzatore in sottofondo per colorire gli arrangiamenti, tempi in preferenza lentissimi (che però talvolta arrivano anche al blast, acqua fresca per le nostre bocche assetate di violenza), screaming ossessivo… a me ricordano parecchio i Silencer. Si trova ovviamente in digitale o in vinile, mi pare solo 100 copie, e sarebbe anche ora di smettere di fare tirature così limitate che servono solo al culto del cazzodurismo io-ce-l’ho-e-tu-no. Questo disco ha un potenziale superiore, già 300 sarebbero state poche. Ultima nota di folklore: Bræ è l’ennesimo progetto (anche) del tipo di Azelisassath, Bekëth Nexëhmü, Gnipahålan e tutti gli altri dell’allegra (???) combriccola.

Un altro disco spettacolare che merita tutta l’attenzione di questo mondo è il debutto eponimo degli UNTIER, tedeschi anche loro, a dimostrare quanto la loro scena sia prolifica e variegata. Non sono stilisticamente distanti dai Bræ, ma suonano un pelo più funebri (funeral doom, naturalmente) e scrivono pezzi di gran lunga più corti – anche se i dieci minuti li sforano anche loro (di poco) in due episodi su cinque. C’è molta melodia qui, i pezzi sono più lineari ed evitano l’acidità brutale dei loro colleghi, eppure anche gli Untier spezzano i brani puntando su segmenti post-black che in questo campo oramai sembrano obbligatori per non correre il rischio di suonare all’antica – anche se non capisco che male ci sarebbe. Ma non è il momento di dilungarsi in polemiche: bisogna convincervi ad ascoltare questo eccellente album black/funeral/doom-black metal, e io un tentativo lo faccio. Il disco è coinvolgente, non è solo black lentissimo ma ci si trova anche un po’ di fast black metal nel suo procedere, mette addosso angoscia (ascoltatevi la prima parte di Zeitgeister, provvede una buona quantità di ansia… non che il resto non lo faccia, eh!) e anche qui il primo termine di paragone sono i Silencer… Questo CD fa male. Fa male perché è marcio, è putrido, è riprovevole, è disgustoso. La quintessenza della meraviglia. La storia della mia vita. Come faccio a non adorarlo? Se lo trovate ancora esistono 100 copie in CD digipack, in una confezione sigillata con la ceralacca contenente un sacco di gadget piacevoli ma superflui. La musica è ciò che conta, e spacca di brutto.

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