Il gradito ritorno dei WOODS OF DESOLATION

E dopo un’eternità di circa otto anni tornano anche i grandissimi Woods of Desolation con il quarto album The Falling Tide, che vede il factotum, polistrumentista e compositore D. spostare i suoi orizzonti musicali sempre più verso universi shoegaze, abbandonando in quest’opera quasi completamente il depressive cupo e burzumiano che ne aveva caratterizzato buona parte dei primi anni della carriera. È un processo che va avanti già da molto tempo: già da Torn Beyond Reason di dodici anni fa si intravedevano i primi passi verso territori meno schematicamente black metal. L’ultima – al momento – tappa di quest’evoluzione la possiamo ammirare oggi; The Falling Tide è un album molto vario, ogni pezzo sembra vivere di vita propria e nessuno è la fotocopia di un altro con appena qualche riff cambiato.
Già dalla opener Anew ci troviamo al cospetto di un post-black metal fortemente intriso di shoegaze, con riff tenuti su note altissime ad effetto quasi cosmico, ma ad esempio già la successiva Beneath a Sea of Stars è più violenta (il pezzo parte con una curiosa intro di batteria quasi rock’n’roll, detto en passant) con tutto che sul finale rallenta e si possono apprezzare arrangiamenti di violini sfuggenti e malinconici. Il lavoro prosegue con altri quattro brani colmi di sfumature, vitali, energici e coinvolgenti, tutti di altissimo livello sia per quanto riguarda l’artisticità dei riff sia per il processo di costruzione del brano che porta ad ottenere il prodotto finito. È un disco molto intenso che custodisce al suo interno alcuni passaggi di pura atmosfera in grado di far venire i brividi anche agli scettici cronici, prima di far saltare di nuovo tutto in aria con sezioni di blast beat velocissimo e giammai confusionario. L’equilibrio perfetto tra la violenza del black metal e la sognante malinconia dello shoegaze lo ha trovato Woods of Desolation sul finire del dicembre 2022, inserendosi di colpo nella classifica dei dischi migliori di fine anno. Più lo si ascolta e più migliora, un grandissimo lavoro al creatore del quale bisogna solo fare i complimenti. (Griffar)