Quando ascoltavamo i WARLOCKS per cercare di scopare

Non sono l’unico che fino agli inizi degli anni ’10 aveva sotterrato l’ascia bipenne del vero metal. Pure Ciccio e il Belardi hanno fatto cenno alla medesima cosa più volte. Non ho indagato cosa avessero finito per ascoltare. Io un po’ di tutto, davvero, fino alla musica africana e i cori bulgari. Ma di fatto gli ascolti principali erano psichedelia e garage r’n’r, meglio se mischiati. Forse c’entrava il tentativo di uscire dal torpore sessuale dell’adolescenza e tentare altri rituali di accoppiamento magari più efficaci. Spoiler: nel mio caso non funzionò. Comunque all’epoca c’era a disposizione un vero florilegio di band, etichette e scene più o meno DIY e ad alto tasso di figaggine. Qualcosa arrivava persino a farsi aprire le porte del mainstream. Due anni prima avevano fatto il botto i Dandy Warhols con una canzoncina rollingstonesiana molto carina e stupidina che finimmo per trovarci pure nelle pubblicità dei gestori telefonici. A me avevano colpito la tastierista e il fatto che nel video si vedesse una donna nuda. Era il tipo di cose che a sedici anni ti rimaneva impresso. E però i Dandy Warhols erano solo la punta di un iceberg e quindi qualche riflesso di visibilità, successivamente, se lo guadagnarono per degli attimi fugaci anche i Brian Jonestown Massacre (più furbi e citazionisti) e questi Warlocks, nettamente i migliori.
Da non confondere coi metallari crucchi. Anzi, Warlocks era un nome usato sia dai Velvet Underground che dai Greateful Dead prima che consolidassero i moniker ufficiali. E questo vi dona già un paio di coordinate. Uniteci 13th Floor Elevator, Spacemen 3 e un breve ma efficace corso di aggiornamento shoegaze e avrete di fatto il quadro completo. Maestro di cerimonie Bobby Hecksher, praticamente deus ex machina unico alle prese con formazioni allargate e costantemente variabili, come spesso si usa in questi contesti. Nel 2002, dopo un ottimo esordio, sembrava arrivasse pure il suo momento. Esce infatti Phoenix, per la Birdman Records, un disco con almeno due singoli clamorosi, tanto che l’anno dopo venne ripubblicato dalla più grossa Mute Records, con una differente copertina (quella coi coltelli) e una scaletta differente, quella che trovate su Spotify. E in effetti, se c’era da puntare su qualcuno di talento, quel qualcuno era Hecksher.
Phoenix era tutto quello che abbiamo detto prima. Non altro perché già basta ed avanza. E ammetterete che rintanarsi in un mondo praticamente fermo al ’69, in cui Lou Reed non ha composto Lulu e Rocky Erickson non ha ancora totalmente in pappa il cervello, è un gran bel lusso. Ammetterete che, se non foste metallari, sarebbe comunque grandioso essere Peter Fonda e Nancy Sinatra in Wild Angels. In realtà erano poco biker i Warlocks, più contemplativi. Però è un rock’n’roll perfetto che dà inizio alle danze. Shake the Dope Out (Dave Wyndorf adorerà per lo meno il titolo) è una canzone pressoché perfetta, come i Velvet Underground con ai cori una Lolita (la-la-la) al posto di una valchiria. Lasciva, romantica, alterata, perfetta. L’altro singolo è Baby Blue, e qui gli Elevators entrano fin dal titolo. Anche questa una canzone pressoché perfetta. Ma poi in realtà il cuore vero di Phoenix risiede altrove, nello svolgimento di trip lisergici sfiancanti che difficilmente avresti potuto spacciare a Mtv o Vodafone. Il cuore del disco è proprio lì. Prendete Isolation, composta di sole accecante, teschi, sabbia rovente ed avvoltoi, e con quel refrain disperato (la-la-la-la-la) che mette i brividi se collegato appunto all’invito sessuale di Shake the Dope Out. Si entra insomma in una spirale di violenza psicologica e alterazione che da fuori non direste. Non lo direste dalle foto che ritraggono la formazione dell’epoca, composta da ragazzi dall’apparenza un po’ dark ma sana e da ragazze dalla sensualità vitale. E invece, appunto, il cuore della musica dei Warlocks è marcio e macabro.
Ecco quindi che mentre fighetti e bellocci come Black Angels e Black Rebel Motorcycle Club capitalizzavano le idee (ok, riciclate) di Hecksher, questi prendeva un sentiero sempre più impervio. Non ancora tanto col successivo Surgery, pure bellissimo, che tentava di restare appetibile tanto per gli hipster quanto per la crescente nazione heavy psych. L’uno-due successivo, Heavy Deavy Skull Lover e The Mirror Explodes, compone un viaggio in un cuore di tenebra che azzera totalmente qualunque appeal commerciale residuo. Forse la fase più consigliabile per voi tenebrosi lettori di Metal Skunk, sicuro quella che avrei amato di più ma dalla quale poi sentii il bisogno fisiologico e psicologico di mettere distanza. Nel frattempo la formazione avrebbe accolto figuri sempre più tetri e loschi, di quelli che immagini sul comodino abbiano una Bibbia, un revolver ed un laccio emostatico. Parimenti la musica sarebbe diventata sempre più oscura, partendo appunto dalle tenebre che in Phoenix si nascondono dietro un paio di singoli brillanti e qualche numero più leggero.
Eppure, in qualche modo, rimasero sempre sensuali. Frequentavano abbastanza assiduamente i palchi della Capitale, negli anni successivi, e riuscii a vederli almeno tre volte. L’ultima ero in compagnia di un’amica e di un’amica della prima amica. Diciamo che con questa seconda ci sarei stato più che volentieri, all’epoca. Invito esteso, dunque. Ma io restai affascinato dalla Notte suonata quella sera. Lei non tolse invece gli occhi di dosso dalle movenze di un bassista, non meno sovrappeso del sottoscritto, con occhi infossati, lucidi e smorti. Così compresi che quella strada che mi aveva distolto dal metal anche per ragioni, diciamo, di esigenze fisiologiche, non mi avrebbe condotto da nessuna parte, sotto quel punto di vista. (Lorenzo Centini)
Sono qui per Doro, perche` vengo attirato qua con la frode?
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Tocca ribadire: scopare non è trve.
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Scopare non è trve, ma anche pensare di non scopare a causa del metal non è trve. È un po’ come quando mia figlia di otto anni, frignando per un piccolo dolore al lobo, dichiara che non è colpa sua se gli hanno regalato gli orecchini predisposti per il buco alle orecchie.
Se ve lavate e vestite come un essere umano vedrete che se scopa.
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Bah, se non ascoltassi Metal, ascolterei roba HC Punk, Post Punk, Jazz, Blues o Goth, tutta roba che fa poco appeal con l’attività motoria orizzontale, salvo forse il goth. Direi che il problema non si pone, l’astinenza sessuale forzata fa parte dell’ essere eroi.
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La figa invecchia, Slaughter of the soul no.
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eh, ma quando la figa invecchia si può sempre trovarne una più giovane, mentre coi dischi è l’esatto opposto, ovvero più invecchio e meno roba nuova mi piace. A supporto della mia teoria ho notato che ascoltare i dischi più giovani di Tompa e soci onestamente è meno interessante che fare ginnastica con una tipa che ha l’età del capolavoro degli ATG
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