LUNAR SPELLS – Demise of Heaven

Il debutto degli ateniesi Lunar Spells, quel Where Silence Whispers uscito giusto un anno fa, ci era piaciuto parecchio: doveroso dunque informarvi del nuovo lavoro Demise of Heaven, da poco nei negozi fisici e virtuali sempre sotto l’egida della Northern Silence records. Nuovamente sei brani per 36 minuti di musica, che in questo caso mette da parte le atmosfere più moderate e toccanti per vomitare addosso all’ascoltatore una cascata di note molto più accostabili al raw black metal che all’atmospheric.

L’album inizia con una intro demoniaca che sfocia nella opener Nocturnal Flames Above the Sacred Trinity, la quale fin dalle prime note ci proietta in un vero macello, con la batteria sparata in un pressoché perenne due quarti, il tempo prevalente in questo nuovo lavoro che, per gran parte della sua durata, attacca all’arma bianca senza alcuna intenzione di lasciare qualcuno in vita. I riff sono semplici, molto spesso suonati ad accordo aperto, efficaci progressioni di accordi con spiccato senso della melodia che in questo caso sono pienamente riconducibili a certo black metal finlandese, tipo Behexen o Baptism, e ai primi Gorgoroth (quelli più crudi); la batteria a me ricorda, per impostazione e suono in sordina, i Niden Division 187, così come me li ricordano alcuni dei riff più scarni e brutali.

Insomma, nel nuovo album dei Lunar Spells c’è meno Grecia e più Nord Europa dei vecchi tempi, ci sono meno tastiere (suonate prevalentemente con l’effetto-organo) e c’è tanta cattiveria in più, e di conseguenza sono state sacrificate molte delle parti più atmosferiche. Le sezioni meno tirate sono davvero poche; uno pensa che dopo il massacro del brano d’apertura ci sia una pausa ed in effetti Drowning in Sulphurous Blood parte abbastanza cadenzata, salvo poi riprendere dopo circa 40 secondi a martellare come non ci fosse un domani. Il trademark di Demise of Heaven è questo: cattiveria, bestialità e ferocia primordiale. L’unico pezzo che non tira come un dannato da cima a fondo è il quarto Ejaculate the Masses of Holiness , il più lungo del disco (vicino ai sette minuti), nel quale ricompaiono le tastiere e che, malgrado ciò, ha al suo interno parti di devastazione totale. Menzione d’onore alle sonorità scelte per le tracce di basso, distorte e missate alte in modo da ottenere un suono grintoso, pieno e corposo. Demise of Heaven è un po’ diverso dal suo predecessore ed è forse rivolto ad un pubblico un po’ più di nicchia, essendo un vero massacro che lascia senza fiato se ascoltato tutto di fila. Direi che va approcciato a piccole dosi per chi non è avvezzo a turbinii di note di questa portata; poi, se ci si fa un po’ l’abitudine, regala insospettabili soddisfazioni, oltre che una gran voglia di iniziare una campagna di sfoltimento del genere umano. (Griffar)

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