Chi ha incastrato Saul Goodman? (Better Call Saul come Space Jam)

Guardare Better Call Saul dopo Breaking Bad restituisce un fortissimo senso di straniamento che, specie all’inizio, rischia di tracimare facilmente in delusione. E la motivazione è semplice, quantomeno per chi riesce a sopravvivere alla prima stagione e all’apparentemente interminabile analisi del rapporto tra Jimmy/Saul e il fratello: in Better Call Saul è molto minoritario l’elemento del grottesco, che al contrario in Breaking Bad era fondante e strutturale.

Perché in ultima analisi Breaking Bad era una serie grottesca, che faceva del grottesco il suo segno distintivo, in ogni aspetto: dai colori accesi ai personaggi fumettosi, dai dialoghi sopra le righe alle dinamiche criminali improbabili. Tutto quello che ci ha colpito in Breaking Bad attiene alla sfera del grottesco: il camper della droga e Walter White in mutande; Hector Salamanca sulla sedia a rotelle con il campanellino; Gus Fring spietato supercattivo che gestisce un fast food dal nome ridicolo; Mike Ehrmantraut, a metà tra mister Wolf e l’imbattibile boss di fine livello ma con l’aspetto di un vecchietto molto poco in forma; il fattissimo Tuco che sbrocca ogni due per tre; i due gemelli muti che ammazzano la gente; e lo stesso Saul, probabilmente il personaggio più grottesco di tutti. Breaking Bad si guardava con occhio incredulo, un po’ sghignazzando per le trovate assurde di cui sopra un po’ rimanendo incollati allo schermo per la storia criminale che ne era l’architrave; puntata dopo puntata, la sparava sempre più grossa e sempre più improbabile, e la cosa che lo rendeva così grandioso è che comunque funzionava tutto.

Better Call Saul, all’opposto, è fondamentalmente una serie tv su avvocati. Un legal drama, come si usa dire, con tutti gli elementi tipici del genere. La premessa è spiegare la genesi del personaggio di Saul Goodman, ma chi ha aspettato sei stagioni per vedere finalmente il vecchio Saul in azione rimarrà deluso: non appena Jimmy diventa davvero Saul, la serie finisce. E, per chiudere tutte le linee narrative, c’è una coda di quattro puntate in cui Jimmy non è più Saul. Quindi BCS è una serie in cui Jimmy non è ancora Saul oppure non è più Saul.

Le differenze strutturali tra le due serie diventano palesi quando i personaggi di una e dell’altra interagiscono, creando un effetto Chi ha incastrato Roger Rabbit, con figure fumettose e irreali affianco a figure molto più aderenti alla realtà. E del resto, come insegnava quel film (e tanti altri film dall’impostazione simile), le regole del cartone animato e della realtà sono molto diverse tra loro. Si crea così un effetto di straniamento di cui gli autori devono essersi accorti, tanto da aver creato alcune figure di raccordo tra i due mondi. Una di queste è Nacho, criminale tormentato e stereotipato che sarebbe potuto uscire da una qualsiasi serie poliziesca da fascia preserale di Rai2, col quale è più facile per i nuovi personaggi interagire. Però, man mano che la storia va avanti e la sottotrama criminale prende spazio (probabilmente anche a causa delle lagnanze degli spettatori che chiedevano una maggiore vicinanza alle atmosfere di Breaking Bad), la cosa diventa sempre più evidente e difficile da gestire. Ad esempio Kim che viene interrogata da Mike e parla al telefono con Gus restituisce la stessa sensazione di Michael Jordan che passa la palla ai personaggi dei Looney Tunes in Space Jam. Tutto ciò è amplificato dalle scelte di casting: i nuovi attori hanno facce standard, atteggiamenti standard, abbigliamento standard, come se ne potrebbero trovare in una qualsiasi serie Tv d’ambientazione legale.

L’insistenza nel voler ricercare le motivazioni di Jimmy e il percorso umano che lo hanno portato a diventare Saul ha come ovvia conseguenza l’umanizzazione del personaggio. Ma, per umanizzare un personaggio massimamente grottesco, sono stati costretti a cambiarlo totalmente. Il Saul Goodman di Breaking Bad è un cartone animato, e i cartoni animati non hanno motivazioni o percorsi umani: sono quello che sono, sempre cristallizzati in un eterno presente, con regole proprie e divergenti da quelle della vita vera. Il Jimmy McGill di BCS è, all’opposto, un personaggio tormentato, patetico, pieno di frustrazioni e rimorsi.

A causa di tutti questi fattori, le due serie sono molto diverse, quasi opposte. Una è brillante, l’altra è fondamentalmente triste. In una Saul è un personaggio comico, nell’altra è un personaggio patetico. Diverse le premesse, diversi gli strumenti e le finalità. È per questo che di Breaking Bad ricordiamo così tante one liner a memoria e di Better Call Saul nessuna: I am the one who knocks, I am the danger, say my name, la stessa better call Saul, eccetera. Ed è per lo stesso motivo che i personaggi di Breaking Bad sono più o meno tutti memorabili e quelli di Better Call Saul no. Chi sono i personaggi nuovi che rimarranno nell’immaginario? Chuck, per quanto ben scritto e ben interpretato, è una figura odiosa e meschina, e la sua morte ha fatto decollare la serie dopo tre stagioni di rotture di scatole. Gli altri, da Howard a Nacho a Werner, sono personaggi abbastanza stereotipati che sarebbero potuti stare in qualsiasi altra serie simile. E sono sicuro che il progressivo aumento di atmosfere e dinamiche riconducibili a Breaking Bad sia stato causato dalle lamentele degli spettatori, che dopo le prime stagioni probabilmente non ne potevano più di serissime cause in tribunale e profonde analisi di rapporti familiari/lavorativi tra personaggi di cui immagino fregasse a pochissimi.

Poi c’è un’altra questione. Vince Gilligan non è bravo a scrivere personaggi femminili e questo credo lo sappia anche lui, dato che in entrambe le serie si contano sulle dita di una mano mozza. Ma, se in Breaking Bad Skyler aveva un ruolo secondario il cui non eccessivo minutaggio era una pillola da mandare giù, qui Kim è per ampi tratti la coprotagonista e ha un ruolo molto più strutturato rispetto alla moglie rompicoglioni in ultima analisi innocua. Gilligan ci prova, a renderla una figura interessante e credibile, ma non è proprio nelle sue corde. A parte l’assurdità della coppia improbabile Jimmy/Kim, è la scrittura schizofrenica del personaggio che rivela come Gilligan a un certo punto si sia trovato in un vicolo cieco, non sapendo più come uscire dalla situazione, e abbia navigato a vista tentando di portare il personaggio un po’ di qua e un po’ di là, senza mai portarlo definitivamente da alcuna parte e – ancora peggio – facendolo cadere continuamente in contraddizione con sé stesso.

Il finale pedante e didascalico è la degna conclusione di una serie che si affanna ad analizzare il percorso umano di personaggi che ci erano già stati confezionati alla perfezione. Quando si conclude ci si ferma un attimo e si ragiona: mi è piaciuta? Sì, per quanto riguarda le storie riconducibili a Breaking Bad e ai suoi personaggi; no, per quanto riguarda il legal drama. La rivedrò mai? Credo proprio di no. Ma in compenso la seconda visione di Breaking Bad è già in programma nei prossimi giorni. (barg)

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