Fate una statua agli ONEIDA

Agli Oneida dovrebbero fare una statua. A Brooklyn, ovviamente, ma fondamentalmente in ogni città in cui c’è una scena musicale “alternativa” attiva. Una band che ormai esiste da 25 anni e che è sempre riuscita ad essere coerente a sé stessa, pur mutando pelle di continuo e restando sempre in movimento. Un gruppo che, se per alcuni aspetti, anche “ideologici”, incarna alla perfezione ciò che di buono e di puro c’era nell’indie, non ha mai potuto essere ricondotto ad un genere o ad un’etichetta predefinita.
Di certo possiamo parlare di psichedelia come macrogenere, ma nel caso degli Oneida si parte da una base di punk rock estremamente rumorosa che si innesta su costruzioni vicine a un certo krautrock e che da lì spazia all’infinito in un andirivieni di distorsioni, loop e vero e proprio caos sonoro, che dal vivo diventa ancora più impressionante. Ma, sia nei lavori più rock che in quelli più sperimentali (vedi il triplo Rated O), l’anima, l’attitudine, il suono degli Oneida è immediatamente riconoscibile e, indipendentemente dai risultati, la proposta dei nostri è sempre estremamente interessante.
Dopo quattro anni di pausa, dovuta anche al simpatico Covid, gli Oneida si sono ritrovati, hanno iniziato a jammare e senza prefissarsi un obiettivo specifico hanno pubblicato quello che è senz’altro il loro disco più diretto degli ultimi anni, molto incentrato sulle chitarre e su strutture poco complesse ma mai banali.
Lo spirito dell’album è ben rappresentato dal “singolo” I Wanna Hold your Electric Hand, in cui su un loop kraut si innesta un riff punk classicissimo, quasi à la Ramones, che dà il là ad un susseguirsi di distorsioni sempre più intense. Velvet Underground, Sonic Youth, MC5, no wave ma anche new wave: queste le coordinate sulle quali si muovono i 41 minuti di Success (per sette brani) e che a partire dall’iniziale Beat Me to the Punch catturano l’ascoltatore e non lo lasciamo più. Vuoi perché si tratta di uno dei dischi “orecchiabili” degli Oneida, vuoi perché in pochi hanno delle chitarre così cazzute, vuoi perché non c’è un minuto di pausa né un calo ed è un vero e proprio piacere passare dalla ritmata Low Tides, alla drogatissima Paralyzed (unico brano in doppia cifra del disco), fino alla straordinaria Solid posta in chiusura.
C’è poco altro da dire, perché con gli Oneida alla fine mi ritrovo sempre ad avere reazioni entusiastiche: a volte più di testa, altre più di cuore, ma di fatto anche nei dischi che apprezzo di meno (il già citato Rated O), o in quelli più lontani dal proprio canone (in particolare lo splendido The Wedding), trovo sempre motivi di interesse e di sorpresa. Comunque sia, Success è l’ennesima e ulteriore conferma del talento degli Oneida e di quanto i nostri siano capace di spaccare il culo, anche dopo 25 anni di carriera.
Una statua? Facciamo due. (L’Azzeccagarbugli)
Ma davvero vale la pena di parlare degli Oneida su Metal Skunk quando sono appena usciti i nuovi album di Blind Guardian e Megadeth e i Manowar hanno annunciato che il loro chitarrista per il prossimo tour sarà Michael Angelo Batio?
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