Sei dischi da mettere sotto l’albero di Natale

Presentarsi col primo full pubblicato dalla Metal Blade e prodotto dalle sapienti mani di Fredrik Nordström, presso gli stessi studios (Fredman) che contribuirono a definire il suono di At The Gates, In Flames e Dark Tranquillity, potrebbe bastare per inquadrare un minimo la faccenda. Il suono, infatti, è quello lì: bombastico e iperprodotto, come direbbero quelli bravi. Il risultato è indubbiamente impeccabile e non ci resterebbe a questo punto che acquistare il vinile in edizione limitata, metterlo dentro una bella carta sbrilluccicosa, con un fiocchetto rosso sopra, e posizionarlo in bella vista sotto l’albero della nonna, affinché la famiglia tutta riunita intorno al presepio possa farne ascolto durante la cena del 25 Dicembre, come dovrebbe avvenire in ogni casa italiana che si rispetti. Non c’è molto da dire sugli IOTUNN: se siete alla ricerca del migliore death melodico del 2021, lo avete trovato. Access All Worlds non sbaglia niente e in esso non vi troverete difetti nemmeno a cercarli con il lanternino. Non brilla per innovazione, tutt’altro, ripercorre strade ben note e battute, ma fila così liscio e organico che non so cosa si possa volere di più. Forse l’unico elemento che distingue un minimo questo giocattolone da tanti altri è l’interpretazione vocale di Jón Aldará, lo stesso del secondo corso dei Barren Earth, che alterna le classiche parti in growl ad altre pulite che nel timbro e nel modo di cantare le melodie mi fanno pensare troppo a Herbrand Larsen degli Enslaved, e la cosa mi piace, ovviamente.

Un altro bel giocattolone che potrete regalare anche alla zia ultra novantenne che non va a un concerto metal da prima della pandemia perché ancora non si fida, ma che aveva già smesso col pogo a 85 anni perché nel pit le saltava sempre la dentiera, è Coherence dei BE’LAKOR. Anche il gruppo di Melbourne, che ha i suoi riferimenti in tutta quella roba che ormai è inutile ripetere ma che ti fa sentire sempre profumo di casa, è stato geneticamente programmato per produrre dischi tutti uguali, tutti belli, tutti convincenti, tutti funzionanti e tutti senza difetti. Poi ce ne sono altri che sono più uguali degli altri, nel senso che sono un pelino meglio da tutti i punti di vista e invece di ascoltarli quindici volte di seguito per poi metterli via, li ascolti venticinque volte di seguito e li metti via. Come al solito, insomma, solo che oggi me la faccio andare molto meglio di prima. Che questi qui sanno suonare così bene e hanno le idee così chiare che fanno sembrare tutto facile, ma sappiamo benissimo che non è così, quindi occhio a non prenderli sotto gamba.

Se, invece, il vostro primogenito, colui il quale erediterà tutti i vostri vinili e cd, ha scritto nella letterina a Babbo Natale che desidera il nuovo album dei THULCANDRA, voi non bestemmiate la madonna ma andate a comprarlo subito, perché è normale che il ragazzo non sappia chi siano i Dissection, quindi non fategliene una colpa. Del resto, quando uscì The Somberlain voi avevate appena smesso di giocare con le biglie e di nascosto dai vostri genitori organizzavate ancora qualche gara clandestina con le macchinine della Hot Wheels. Ora sta a voi fargli capire che, sì, i Thulcandra sono un’ottima banda e che A Dying Wish è probabilmente il miglior disco che abbiano mai fatto, però esistono pure i classici e dovrete provare a farglieli piacere senza risultare dei vecchi rincoglioniti fomentati. Che sennò il figliolo si disamora, cresce con le lacune e da lì ad abbandonare il metal per dedicarsi alla fica è un attimo e voi, miei cari padri, dovrete fargli capire che scopare non è affatto trve.

Scoperti un paio di anni fa e trattati nel solito recuperone di fine anno, sono ancora una volta qui a ficcare in una multi recensione last minute gli spettacolari CAN BARDD, ma credetemi se vi dico che meriterebbero ben altre attenzioni. L’impostazione di Malo Civelli e di Dylan Watson è molto semplice ma dannatamente efficace e pesca nel black metal atmosferico, quello più sognante e onirico. Per riferimenti più precisi potete citofonare ai Saor. Il qui presente Devoured by the Oak, che esce per la prolificissima Northern Silence, rappresenta un notevole passo avanti da molti punti di vista, a cominciare da quello stilistico, che diventa molto più personale, soprattutto a partire dalle orchestrazioni, fatto salvo per l’uso ancora predominante di flauti e tamburi. Spiccano i cori, come nella stupenda Une Couronne de Branches, che mirano a conferire un’aura di eroismo epico al tutto. Il carattere internazionale di questi nuovi Cân Bardd è anche rappresentato dall’uso nei testi del francese, dell’inglese e dello svedese, come nella stupenda e conclusiva ballad, impreziosita dalla voce eterea di Linnéa Lindqvist.

Saltiamo negli USA, precisamente nello stato di Washington, dagli ALDA. Band non proprio di primo pelo: sono la coalescenza musicale e ideologica di un gruppo di amici che si sono incontrati e hanno iniziato a fare musica insieme e insieme nella città di Eatonville nei primi anni 2000, come dicono di sé stessi, e con A Distant Fire, composto nel biennio 2017/2019 ma pubblicato solo oggi, battezzano il quarto disco prodotto. Vi dico la verità, da questi signori sto ancora aspettando il disco che faccia il botto vero. Quest’ultimo lo trovo in linea con la loro produzione ma non mostra particolari guizzi. Passage e :Tahoma: li trovo, rispettivamente, più evoluti e ispirati. Resta il fatto che la traccia omonima, che chiude il disco, puzza di Agalloch lontano un miglio e questa è una cosa che mi rende sempre molto felice.

Ancora per la Northern Silence, che questa volta pesca dalla Germania, parliamo ora dei WITHERING WORLDS. Nuovissima band composta da due persone, Wanderer, il tedesco, che si occupa di tutta la parte strumentale e di Void alla voce, lui invece viene dall’Alabama. Combo strana ma efficace, a quanto pare. The Long Goodbye è il disco di esordio che contiene le prime tre tracce presenti nella demo di un paio d’anni fa, riproposto con maggiore cura e professionalità e sviluppato ulteriormente. Mi stanno piacendo perché affrontano il genere in modo non propriamente canonico e convenzionale. Qualcuno potrebbe dire che sono acerbi e non ancora avviati sui binari giusti, a me invece piace pensare che si stanno muovendo per trovare una via personale per raccontare la fiaba del black metal atmosferico. L’ascolto è piacevole e li segnalo perché secondo me questi qui hanno del potenziale per fare bene e quando ciò avverrà io sarò qui a rinfacciarvi che avevo ragione. (Charles)

Mikka Ojala Santa

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