BARREN EARTH – The Devil’s Resolve (Peaceville)

L’album di esordio era riuscito ad eccitare un po’ tutti qui in redazione. Quei nomi importanti e quel modo di fare death melodico che non si sentiva da parecchio ci avevano emozionato non poco facendo riandare il pensiero indietro di parecchi anni quando con quel trademark usciva ogni due minuti una roba che spaccava sul serio. Il secondo capitolo dei Barren Earth non ha nulla da invidiare al precedente quindi grande disco quello, grande disco questo. Certo, la recensione così ritardataria, nessuno che in redazione si è accapigliato per parlarne, nessun chiacchiericcio approfondito fra di noi, se non qualche sparuto accenno tipo “oh lo sai che è uscito The Devil’s Resolve? Daje, fico…” e basta, è sintomo che c’è qualcosa che non va o per meglio dire che non è scattata quella molla che ti fa zompare dalla sedia a dire “giù le mani, ne parlo io!”. Quando questo avviene c’è sempre una ragione inconscia e la cosa ci dà anche un primo metro di giudizio. Perché alla fine noialtri avremmo anche dei gusti strani e nemmeno tanto eterogenei, però riusciamo ancora a capire quando ci si trova di fronte ad un pezzo o un album su cui valga la pena di soffermarsi con attenzione. Ovviamente ceteris paribus. Vi dico subito che quei nomi importanti di cui sopra sono ancora presenti e le sonorità coinvolgenti e sognanti del miglior “melodeath” formulaico scandinavo ancora preponderanti. Per quanto mi riguarda TDR è un fottuto capolavoro, come il precedente, perché completamente fuori dal tempo e astratto dal mondo circostante. Dan Swanö si sa, come Re Mida, ha la capacità di rendere oro quello che tocca e per tutto ciò che ha fatto fino ad ora gli saremo grati nei secoli dei secoli. Anche qui se la comanda alla grande anzi sembra proprio che nel secondo BE gran parte della farina provenga del suo sacco. Gli elementi ci sono tutti, piazzati proprio lì dove devono essere: riff maideniani, pianoforte e tastiere prog (dalle mani del grande Kasper Mårtenson che ne accentua qui l’importanza rispetto al precedente), alternanza perfetta di clean vocals e growls sempre quando come e dove te le aspetti, passaggi orientaleggianti, atmosfere epiche, influenze folk e tutto il sacro corredo. Allora cos’è che non va? Semplicemente nulla, è tutto perfetto ed estremamente godibile. Ma manca sempre quel quid che ti sveglia dal sopore quotidiano, che la volta scorsa era da attribuirsi all’effetto sorpresa che oggi (per forza di cose) non c’è. Questa è gente esperta e che ha un manico lungo da qui all’eternità ma in sostanza deve tutto agli Amorphis d’annata migliore, quelli di Thousand Lakes e Elegy. Non voglio fare quello che non si accontenta mai anzi a me sta anche bene così, mi sta MOLTO bene così, perché dischi belli, ma belli veramente, non ne escono tutti i giorni e se continuassero a tirar fuori roba del genere, roba alla Amorphis per l’appunto, ogni due/tre anni ne sarei ben felice e mi abbonerei ai Barren Earth come ad una rivista metal, ma certo non vi sarebbe molto senso a farne una recensione. Quindi se non ci si aspetta alcuna novità ma solo una conferma di quanto già (pregevolmente) detto allora non si rischierà di incappare in nessuna delusione, e dentro di noi continueremo esterrefatti a chiederci cosa il buon Dan abbia dovuto dare in cambio a Satana quando firmò quel patto al suo cospetto. (Charles)

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