Recuperone Super Green Pass di terzo livello con Kaioken alla decima potenza

Nello scorso recuperone abbiamo parlato degli Untamed Land, progetto del solo Patrick Kern che mischia black metal atmosferico con un che di Ennio Morricone. Il disco era carino, niente di eccezionale, ma gradevole quanto bastava per mettermi curiosità e spingermi a dare un’occhiata agli altri progetti di Kern. E così ho scoperto l’esistenza di questi EMERALD RAGE, che parrebbero essere il gruppo principale del tizio. Il genere è completamente diverso, essendo un metal classico anni ’80 riconducibile fondamentalmente allo stile inglese (dalla NWOBHM agli Skyclad) ma che pesca da un vastissimo bacino di influenze, compresi i primissimi Metallica, per dire. Loro esistono dal 2017 e prima di quest’anno avevano pubblicato una lunga serie di demo ed EP, in uno dei quali aveva partecipato pure Ripper Owens, che non si fa mancare mai niente, mannaggia. Nel 2021 invece hanno fatto uscire un singolo, un EP (Scéalta) e il primo full, High King. Lo stile è grossomodo quello, ma il disco intero lo trovo più americano dell’EP, che al contrario sembra davvero uscito dall’Inghilterra di inizio anni Novanta, produzione a parte. Non sono un grandissimo appassionato di quello specifico stile inglese – quando parlai male dei Diamond Head ricevetti una quantità di lagnanze e insulti che la metà bastava, quindi non approfondirò oltre – e così mi ci è voluto più di un ascolto per entrare nelle corde del gruppo. Gli Emerald Rage non diventeranno la mia banda preferita, ma magari là fuori c’è qualcuno che ci impazzirà, ergo segnalo.

Sarebbe anche il caso di dare un minimo di visibilità a Caravans to the Outer Worlds, l’EP degli ENSLAVED uscito lo scorso primo ottobre. Sono solo 18 minuti di musica per due canzoni effettive più due intermezzi (chiamati proprio così: Intermezzo I e Intermezzo II), ma in proporzione questo dischettino contiene più spunti interessanti di quelli che si potevano trovare nell’ultimo Utgard. Il formato EP suppongo sia stato scelto perché, per certi versi, qui non ci si pone in perfetta continuazione con il percorso evolutivo del gruppo; non solo perché uno dei due pezzi principali si chiama Ruun II: The Epitaph, riprendendo il titolo di uno dei loro dischi più celebrati degli anni Zero, ma anche perché effettivamente qui troviamo rimandi a fasi antiche della loro discografia, specie al binomio Monumension e Below the Lights. L’elemento psichedelico è infatti posto in risalto più che negli ultimissimi album, soprattutto nella succitata Ruun II, specie di nenia riverberata e ipnotica probabilmente scritta dopo un acquisto particolarmente riuscito dallo spacciatore abituale. Sarà anche solo un oggetto per completisti, ma vale la pena di dargli un ascolto.

Mi sono conservato la portata principale per la fine, e sappiate che è ormai quasi un anno preciso che contavo di scrivere qualcosa al riguardo, dato che il disco in questione è uscito il primo gennaio 2021. Sto parlando di Nothing Worth Remembering, EP di tre tracce per neanche venti minuti dei canadesi BEGOTTEN. Il motivo per cui non sono finora riuscito a parlarne è che questo EP è di una bellezza travolgente, e quindi da un lato dovevo cercare le parole giuste per trasmettere il valore di questo capolavoro mentre dall’altro volevo fare una retrospettiva sul gruppo, autore in tre anni di due full e due EP. La retrospettiva prima o poi arriverà, nel frattempo diamo notizia di Nothing Worth Remembering, ché l’anno sta finendo. Lo stile ricade in pieno in quello che comunemente s’appella depressive black metal, con tutti gli stilemi e i cliché del genere, e non ci sarebbe molto altro da dire se non fosse che in questo caso (e il discorso vale per quasi tutte le uscite dei Begotten) è riuscito splendidamente bene. Con il Paese piombato nella morsa del gelo e con la voglia di vivere sventrata dalle recenti ottime disposizioni antipandemiche, non c’è nulla di meglio da ascoltare che i Begotten. Buona fine e buon principio. (barg)

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