Le conseguenze della depenalizzazione: THE GATHERING – Disclosure (Psychonaut)

Da quando Anneke è andata via i The Gathering sono spariti dall’immaginario collettivo. Avete presente Ed Wood di Tim Burton, quando Johnny Depp parla coi produttori di Bela Lugosi come protagonista del suo prossimo film, e quelli rispondono “Bela Lugosi? Ma non era morto?”, più o meno una cosa del genere. “I The Gathering? Ma non si erano sciolti?”. In realtà, mentre Anneke si metteva a giocare a fare la cantautrice da radio rock, i fratelli Hans e Renè Rutten hanno raccolto i cocci, hanno preso Una Tizia™ alla voce e hanno continuato a comporre idealmente dentro ai coffee shop dei quali, presumibilmente, sono assidui frequentatori. The West Pole, il primo album D.A. (dopo Anneke), non era malaccio: più diretto e con meno pretese di Home, che piace tanto agli indiboi; un paio di pezzi memorabili, e il resto si lasciava ascoltare. Disclosure si pone sulla stessa scia, anche se qui le ritmiche sono più dilatate e le divagazioni psichedeliche più marcate. Ne è esplicativo esempio la sostenuta Meltdown, inizialmente costruita su una forma-canzone più tradizionale con tanto di sezione ritmica incalzante e duetto vocale maschile/femminile, che si sfalda dapprima con un assolo di tromba e poi con un brusco rallentamento che ne cambia i connotati strutturali.

A parte questi isolati colpi di testa, il mood di Disclosure è piuttosto omogeneo: lento, rilassato, psichedelico, intrippante. Un po’ troppo in realtà: la cosa andava bene nel singolo di dieci minuti Heroes From Ghosts, ma dopo un’ora ti inizia a uscire dalle orecchie. Non so quanto fumino i The Gathering per comporre cose del genere; che non sono neanche male, ma davvero abbisognano di uno stato d’animo estremamente preciso per essere apprezzate. Ad esempio io, che per riuscire a scrivere ste quattro righe Disclosure l’ho ascoltato svariate volte, ho sentito spesso l’urgenza di mettere Panzer Division Marduk, e non è mai un bene quando un disco ti fa venire voglia di mettere Panzer Division Marduk. Perché quest’ultimo è un album di reazione a qualcosa, che ascolti quando hai accumulato nervosismo e fastidio, anche se non te ne sei reso conto. A me viene voglia di sentire Panzer Division Marduk quando i miei amici mi trascinano in un posto affollatissimo dove passano drum’n’bass, o quando sono seduto a tavola da cinque ore ad un pranzo di nozze; mi viene voglia di sentire Panzer Division Marduk quando ascolto i Coldplay, e non è bene che me ne venga voglia durante un disco dei The Gathering.

Poi non è che il mondo stia aspettando la mia recensione per capire se comprare o meno Disclosure. Perché i gusti sono soggettivi e soggettivo è anche il rapporto con quelle sostanze che, come hanno permesso ai The Gathering di comporre l’album, così fanno parte dell’irrinunciabile contesto per comprenderlo, l’album, e goderne. Parafrasando Umberto Eco, l’ascoltatore ideale dei The Gathering è un fattone con molto tempo libero per collassare sul divano ascoltando musica a luci spente. Poi c’è chi preferisce ascoltare i Neurosis ma, anche qui, è questione di gusti. (barg)

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