Chelsea Wolfe // Mary Jane Dunphe @Circolo Magnolia, Segrate (MI) – 13.11.2024
Se è vero che l’ottima Chelsea Wolfe ha raggiunto ormai una fama non indifferente, non mi sarei mai aspettato che i biglietti di questa data sarebbero finiti così velocemente – dato che il tutto esaurito è stato raggiunto con discreto anticipo. Personalmente avevo conosciuto la beniamina californiana di spalla agli A Perfect Circle, in tour per promuovere quella che per ora è rimasta ancora la loro ultima fatica, ovvero Eat the Elephant. La nostra era invece fresca di uscita di Hiss Spun. D’altronde, non è una novità vedere queste cantautrici accodarsi a vari artisti rock e metal, sia per loro gusti e stile, sia probabilmente per raggiungere nuovi pubblici – ne sono un esempio vari sodalizi di cui abbiamo già parlato in passato, come la stessa Chelsea Wolfe con i Converge, Emma Ruth Rundle con i Thou o A.A. Williams con i Cult of Luna.
Ora però quel momento sembra passato, Chelsea Wolfe pubblica She Reaches Out to She Reaches Out to She, un album dal gusto prettamente trip hop, e guida i suoi tour, portandosi dietro una cantautrice semi sconosciuta – non me ne voglia chi la conosce da quando aveva 12 anni e cantava nel coro della chiesa, ma questo, in teoria, è ancora un blog metal e, come me, dubito che molti conoscano Mary Jane Dunphe. Quando entro finalmente nel locale mi rendo conto che la veste che il Magnolia assume in inverno al chiuso è forse più piccola di quanto mi ricordassi – a mia discolpa, non venivo a vedere un concerto al chiuso dai Gazebo Penguins nel 2022 e le ultime puntate erano sempre state estive, con il Barg e il buon lettore Andrea, che salutiamo, in quello che ormai è praticamente diventato un appuntamento annuale con gli Eyehategod. Forse ha aiutato anche il capolinea della nuova metro blu, recentemente aperta, che si trova a quindici minuti a piedi dal Magnolia.
Ad ogni modo, ciò non toglie nulla alla strega di Sacramento né al recente successo o agli obiettivi raggiunti con questa data – se anzi vogliamo fare un paragone con gli Eyehategod all’aperto d’estate, mi sembra comunque che ci sia più gente a vedere la Wolfe. Il pubblico mi sembra si possa suddividere in due grandi categorie: 1) i maschi a cui fa sognare sogni bagnati, e 2) le femmine che si sentono come lei o vorrebbero anche solo avere la metà del fascino misterioso della Wolfe. Quando entro vedo che non c’è coda al banchetto e mi precipito ad acquistare il vinile di Birth of Violence, che mi era piaciuto molto nonostante il parere contrario del Centini, il custode delle cantautrici gotiche qui a Metal Skunk. Mi impongo di non prendere anche una maglietta bianca con un bel disegno e il nome CHELSEA WOLFE a caratteri cubitali perché siamo solo a metà del mese e ho già fatto questa mossa azzardata sia ai Ne Obliviscaris che agli Ulcerate, ma soprattutto per non perdere il mio “maschilismo tossico anni ’90”TM e non transitare definitivamente dalla prima categoria di cui sopra alla seconda. Il pubblico è completato da qualche barba curata e baffo all’insù, ma niente capelloni e chiodi – anche se gli altri metallari potrebbero essere in borghese come me.
Scherzi a parte, non so quanti degli astanti conoscessero Mary Jane Dunphe prima di questa sera, ma sembrano reagire bene. La cantautrice di New York è da sola sul palco, con un microfono e una console da cui fa partire le basi registrate – complimenti a lei per il coraggio e per come riesce a tenere botta da sola davanti a tutti, continuando a saltare e a ballare. Il suo stile forse può essere definito dark wave (?) e mi ricorda molto altre fissazioni musicali che i metallari timidi e sensibili avevano negli anni Novanta, come i Depeche Mode e gli Eurythmics – mi sembra comunque in generale uno stile molto più britannico che americano con qualche reminiscenza di Natalie Imbruglia e del pop di fine anni Novanta, anche se forse mi sto facendo ingannare esteticamente.
Quando arriva il momento della femme fatale del terzo millennio il pubblico va in visibilio. Un ragazzo davanti a me comincia a saltellare impazzito e si rivolge contentissimo verso la ragazza che palesemente l’ha accompagnato senza conoscere Chelsea Wolfe – lui urlerà poi all’inizio di ogni canzone, non appena riconoscerà le melodie. In generale, come a volte accade, per esempio con i God Is an Astronaut, il repertorio sembra appesantirsi di molto dal vivo, probabilmente, suppongo, per i minori ritocchi rispetto alle versioni disco. A un certo punto il pubblico comincia a cantare Zombie e applaudono al tributo. Lì per lì penso che siano tutti scemi e che abbiano confuso le melodie di Tunnel Lights, dall’ultimo album, con quelle del tormentone dei Cranberries – dopo aver controllato scopro però che è effettivamente una sorta di medley che la Wolfe ripropone.
Il repertorio attinge soprattutto dalla sua ultima fatica, She Reaches Out to…, che per certi versi mi ha lasciato un po’ interdetto nonostante apprezzi lo stile in altri artisti – oltre i soliti Massive Attack e Portishead, anche nelle prove fatte da altri artisti prestati al genere, come gli Ulver con Perdition City, o i The Third and the Mortal con Memoirs. Tuttavia la setlist non disdegna comunque di riproporre episodi da vecchi album, come dai già citati Hiss Spun e Birth of Violence, ma anche i più pesanti Abyss e Pain Is Beauty, che rimangono i suoi esperimenti più vicini allo sludge e allo stoner e che sarebbe interessante risentire riproposti per intero prima o poi in futuro, magari in qualche tour commemorativo. Me ne esco un’ora abbondante dopo decisamente soddisfatto e ammaliato.

Vista nel 2018, sempre al Magnolia, con i Brutus di supporto, anche in quell’occasione, bellissimo.
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Vista nel 2013 al Locomotiv di Bologna coi Russian Circle, entrambe esibizioni memorabili che ricordo come uno dei dieci-dodici concerti più emozionanti che io abbia mai visto
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