Lars Ulrich era l’ultimo dei problemi di St. Anger
Sul finire del 2022 mi persi un’accoppiata di titoli molto interessante. In quel periodo mi ero tenuto a debita distanza dal mondo Metallica e mi promisi di continuare così fino ad aprile, mese d’uscita di 72 Seasons.
Il primo titolo diceva Lars Ulrich: avrei dovuto prendere lezioni di batteria.
Il secondo, Lars Ulrich rifiuta di insegnare a suo figlio a suonare.
Il concetto stesso di Lars Ulrich che stecca sul palco, che non sa suonare, che è scarso, ha raggiunto negli anni livelli degni di una macchietta, del Fantozzi della situazione, del dentista che opera le carie senza aver mai studiato da dentista; il tutto in contemporanea alla diffusione di sempre più batteristi con un’ottima preparazione teorica e tecnica sulle spalle, pur se troppo frequentemente a discapito di creatività e personalità.
Quando, negli anni Novanta, entravo in Data Records 93 a Firenze, era comune che rovistassi fra le vecchie fanzine alla ricerca di interviste d’epoca. Ero curioso di leggere cosa andassero dicendo i miei gruppi preferiti ai tempi di, che so, So Far… So Good… So What? o altri titoli che adesso corrono spediti verso il mezzo secolo di età. All’epoca, però, io stavo con buona probabilità marinando le scuole superiori e quegli album festeggiavano poco più che il decennale.

Non c’era rivista o recensione che non incensasse Lars Ulrich come un batterista tecnico, uno dei migliori in circolazione. Le poll di fine anno, distanti dalla nostra in cui pubblichiamo le nostre preferenze annuali a corredo delle nostre fotografie al femminile (Ciccio Russo la più cagna, Centini quella da buttare su un divano senza pensarci), erano arricchite da una domanda su quale fosse la formazione ideale pescando tra tutti i musicisti metal. Lars Ulrich in molte annate figurava come miglior batterista fra tutti, per quanto gente come Gene Hoglan, Dave Lombardo o Mike Portnoy fosse già stabilmente attiva e conosciuta.
Lo stesso Lars Ulrich affermò che, con la fine degli anni Ottanta e quindi col successo planetario, aveva smesso di esercitarsi per migliorarsi come musicista. Col senno di poi si può riconoscere che, a parte le capacità manageriali e la dote di comprendere con largo anticipo dove andasse il mercato discografico, il che ne fece una sorta di Berlusca della Bay Area, già negli anni del thrash metal Lars Ulrich non fosse affatto fra i migliori. Ciò ha probabilmente stimolato la sua creatività dietro lo strumento. Se non si è maestri dello strumento, il musicista tenderà ad avere uno stile personale, a metterci qualcosa di proprio, il che da una parte lo renderà più riconoscibile e dall’altra trasformerà le sue esibizioni in una sorta di tiro al piccione laddove non concretamente preparato. Questo è stato da principio Lars Ulrich, un genio che ha sempre suonato ben oltre le proprie reali capacità per il semplice fatto che non poteva andare a prendersi coloro che gli stavano davanti, né tantomeno ammettere che gli stavano davvero davanti.
Le prime due volte in cui ho visto i Metallica dal vivo aprirono con Breadfan e poi, se non erro, con Frantic. La seconda traccia fu in entrambi i casi Fight Fire with Fire, messa a inizio scaletta a favorirne l’esecuzione da parte di un musicista più fresco. Lars Ulrich tutt’e due le volte non riuscì a tenere la doppia cassa, perdendosi letteralmente i colpi per strada. Non solo: la seconda volta, nel 2003 a Casalecchio sul Reno, in un palazzetto dello sport circondato da innevati Appennini, James Hetfield si girò e lo fissò per alcuni secondi. Pagherei per sapere parola per parola che cosa gli stesse passando per la testa, ma scommetterrei che l’avrebbe ammazzato.
Qualcuno ritiene indifendibile Lars Ulrich già a partire dal Black Album. Non sono d’accordo. La sua prestazione sulla sola Sad but True, a tutela del pensiero per il quale suonare lento è più difficile che suonare veloce, vale il costo del biglietto. Che poi io stesso non rimetta mai su quell’album è un altro discorso, e la differenza fra lo stile batteristico del 1991 e quello del 1988 risiede in scelte commerciali ispirate dal produttore e nella volontà di portare la nuova musica dei Metallica dal vivo nel modo più efficace possibile.
Lars Ulrich è funzionale alle canzoni come pochi altri al Mondo. Tanti dei vostri batteristi preferiti non sanno fare quel che ha fatto Lars Ulrich per due decenni: prendere la canzone e metterci esattamente ciò che le serve da un punto di vista strettamente ritmico, il che spiega il fatto che molti brani nascano da una sua idea, o che Lars abbia una capacità di lettura dei riff di Hetfield pressoché esemplare. Se mi chiedete di stabilire una data oltre la quale il musicista Lars Ulrich è deceduto, vi indico il 1999.
Con I Disappear l’approccio alla sua Tama si è fatto sempre più minimale. Dopodiché i Metallica sono scomparsi per gli stessi motivi narrati in Some Kind of Monster.
Non c’è niente per cui riesca a difendere Lars Ulrich oggigiorno. Non vedo i Metallica dal vivo da uno storico Heineken Jammin’ Festival, quando un Lars Ulrich appena quarantenne non sapeva già più risuonare perfettamente le proprie canzoni dal vivo. Mi impietosiscono le interviste odierne in cui gli chiedono di dimostrare di saper suonare la doppia cassa, e lui, fiero, rifà la celebre spedalata di One come se avesse attaccato Rapture dei Morbid Angel umiliando quel povero cristo di Sandoval aggiungendo fill e beat per minuto. Lars Ulrich, il genio che comprava quadri orrendi, li faceva lievitare di valore presso la propria abitazione e poi li rivendeva all’asta per milioni di dollari ai fan più imbecilli in quanto quadri di proprietà di Lars Ulrich, è una cosa. Lars Ulrich batterista ha messo le medesime intuizioni su quello strumento fatto di pelli, di battenti e fracasso, ma è finito da un pezzo. È finito e lo si sente nell’attacco insensato di The Day That Never Comes: e non mi riferisco all’esecuzione, ma alla decisione di fare davvero una simile porcata e di inciderla sotto la supervisione di un impassibile Rick Rubin. Lo si sente scarico su tutto Hardwired e, sebbene la produzione gli renda maggiormente giustizia, lo si sente oggi.
Nel 2003 si rese capace della scelta di quel determinato suono di batteria, una roba che ti aspettavi al massimo dai Brodequin. I Limp Bizkit addirittura rilasciarono interviste ammirevoli nei riguardi di quella produzione, e io gli do’ ragione. Perché il problema di St. Anger non è affatto come suona, è un altro.
Nel 2003, in seguito a una interminabile attesa, il ritorno al metal fu annunciato in pompa magna e l’album era già stato composto, cancellato e composto una seconda volta perché non girava e perché nel frattempo Hetfield era pesantemente caduto nell’alcolismo. Furono programmate delle sessioni di ascolto con i giornalisti, i quali, carogne, dichiararono che i brani erano lunghi e articolati come in And Justice for All, causando in me, ventenne, un’erezione dolorosa. Poi St. Anger uscì.
Ecco, il problema di St. Anger non era Lars Ulrich: quello era già andato e ancora non lo sapevamo. Il problema di St. Anger fu che uscì, esiste davvero. (Marco Belardi)




St. Anger era il primo dei problemi di St. Anger.
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Applausi.
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ahahahhahahahah
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Ai bei tempi Hetfield non si limitava a fissarlo per qualche secondo o riderci su, gli sputava addosso e lo si vede bene in diversi video live. L’unica vera qualità che aveva era il fatto di essere un gran picchiatore, da autodidatta ignorante ha sempre avuto grossi problemi che avrebbe comunque risolto se solo si fosse semplicemente messo a prendere qualche lezione, e a esercitarsi. La sua rovina è stata comunque Bob Rock, che a mio parere lo ha convinto a mettersi a suonare come un ragazzino alle prime armi. Se fosse stata una persona meno egocentrica avrebbe potuto prendere la saggia decisione di fare un passo indietro e limitarsi a fare ciò per cui è veramente portato, ovverosia il manager. Magari in quel caso i Metallica sarebbero ancora un band con qualche velleità artistica e non lo scherzo di cattivo gusto che sono da vent’anni circa.
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https://www.youtube.com/watch?v=Osqe_V-3xYQ
vero ma come si permetteva? lars non è il fondatore?
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Infatti in 72 season molte botte che da sulla batteria sono nauseanti
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I batteristi sono quelli che spesso vengono cacciati,spesso in malo modo,da una band.Se Lars fosse il problema,non sarebbe più nella band. Però tutto questo parlare ,anche di un album poco apprezzato dai fans,dei Metallica non farà di voi quei criticoni che,come quelli che dicevano di odiare il progressive, di nascosto ascoltano i loro ‘obbrobriosi’ album ?
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Tu non hai le idee chiare. Come lo butti fuori il proprietario?
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Vai tranquillo che qua nessuno “ascolta di nascosto” gli ultimi dischi dei Metallica.
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Load ❤️
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Di nascosto?
Che bisogno c’è di ascoltare “di nascosto”?
Se un lavoro è buono lo si ascolta e basta.
Non so poi chi frequenti tu e che problemi abbiate…
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Mah l’idea che mi sono fatto io è che Lars abbia sbracato del tutto una volta diventato una rockstar: pima non sarà stato un fenomeno di tecnica (come non lo sono tanti altri componenti di gruppi storici) ma il suo lo aveva fatto soprattutto dal punto di vista compositivo. Infatti anche da quel che riporta l’articolo non credo che al tempo avesse la nomea che ha adesso: credo quella derivi dagli ultimi ormai più di 20 anni. Soprattutto, e questo non è bello verso i fan che pagano per vederti live, avrebbe potuto/dovuto prendere lezioni per mantenersi in allenamento quantomeno per dare ai pezzi storici una resa il più possibile simile a quella originale.
LA Verità è che se i Metallica si fossero ritirati dopo il Black Album sarebbero entrati nella storia come un gruppo intoccabile: in generale tutto questa tiritera mediatica e social ad ogni loro nuovo lavoro non ha molto senso: perchè ha poco senso pensare che abbiano davvero ancora qualcosa da dire. Penso abbia davvero poco senso avere delle aspettative verso gruppi che la storia con la S maiuscola l’hanno già fatta più di 30 anni fa: mi sembra eccessivo pure “pretenderlo” in quanto fan come se fosse una questione personale.
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in realtà, quanti sono i gruppi formati da sessantenni che hanno ancora qualcosa da dire?
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All’epoca di anni ne avevano quaranta, tra l’altro.
Ma così a naso, sessantenni che hanno ancora qualcosa da dire:
Voivod, Overkill, Death Angel, Carcass, Fates Warning, Paradise Lost, Obituary, Cannibal Corpse, Diamond Head, Satan, Judas Priest, Megadeth, Sleep, Pagan Altar.
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Sicuramente molti conoscono già questa “serie” di video. Per gli altri: dategli un occhio che è simpatica.
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