La finestra sul porcile: La Casa – Il risveglio del Male

Il personaggio di Ash Williams ha assunto i tratti di una vera icona pop, complici le divergenze di vedute fra produttori e regista che già resero Evil Dead 2 una copia carbone dell’originale con l’aggiunta di nuovi personaggi da ammazzare e dell’ironia. Di fatto il secondo capitolo fu una sorta di primo rifacimento, concettuale e arruffianato, del capolavoro del 1981, affinché il franchising potesse rivolgersi a un pubblico più ampio. Fede Alvarez in tempi recenti non ha fatto che riportare il tutto alle atmosfere originarie, ricordandoci quanto la saga di Evil Dead da sempre soffra di una specie di bipolarismo. Anche se quel remake, parliamoci chiaro, l’ho pressoché rimosso dalla mia memoria.
Con Ash Williams quasi tramutato in supereroe abbiamo goduto dell’Armata delle Tenebre e, a distanza di decenni, dell’ottima serie Ash vs. Evil Dead, che Sam Raimi e Robert Tapert non porteranno mai a termine, avendo la piattaforma lasciato il progetto a marcire nonostante il terzo atto si concludesse con un cliffhanger.
Evil Dead Rise, questo il titolo originale del quinto capitolo cinematografico (a cui si aggiunge quel Drag me to Hell di Raimi che considero una sorta di spin-off, nonché la cosa più vicina a Evil Dead 2 che abbia mai visto sul grande schermo), esce nel 2023 ed è diretto dal semisconosciuto Lee Cronin.
Il film prosegue sul tono malvagio e privo d’ironia che già inscenò Alvarez. Spinge ancor più sulla cattiveria di quanto già non fosse accaduto una decina d’anni fa. I collegamenti con la saga originale, naturalmente, ci sono e risiedono in svariate citazioni sparse un po’ ovunque nella pellicola. C’è l’orologio a pendolo affisso al muro nella baita; c’è una pizza da asporto che si chiama Henrietta’s Pizza proprio come la moglie dell’archeologo Raymond Knowby del secondo capitolo, ossia colui che rinviene il Necronomicon, lo studia e per primo combina un casino mettendo tutto su nastro. Ci sono anche citazioni di altri capisaldi di generi contigui, dal gatto rosso di Alien ai mostruosi agglomerati di carne umana visti in The Thing. C’è anche un ascensore che si apre riversando galloni di sangue in un corridoio, il che non può non far ripensare a Shining.
In sostanza due sorelle si ritrovano nel condominio ove abita la più grande delle due, Ellie, la Alyssa Sutherland di Vikings. Ha tre figli minorenni ognuno dei quali è più testa di cazzo e meritevole di morire dell’altro, ed è separata. Beth (Lily Sullivan) è la sorella minore, un tecnico del suono che vive costantemente in tournée. Di recente è rimasta incinta e lo ha scoperto nel cesso di un locale. Non sopporta di essere chiamata groupie, un bizzarro escamotage che mette a nudo il subdolo attrito che intercorre fra le due.
Il condominio a cui accennavo non si fonda sull’immaginario di Ballard bensì su quello dell’horror moderno, in cui si rappresenta uno dei luoghi destinati a divenire cardine del genere, segno che qualcosa – nella società così come nei rapporti interpersonali – non sta affatto andando per il verso giusto. Lo abbiamo visto in La Horde e accertato con estrema efficacia nei primi due film della saga di Rec. In televisione lo abbiamo ritrovato in Archive 81, altra serie ingiustamente cancellata. Evil Dead Rise ha un mood che in certi tratti mi ha ricordato sia Rec – nelle ributtanti esplosioni gore e nella gestione isolata degli interni urbani – sia Archive 81 per le sue cupe atmosfere.
Le tre piccole teste di cazzo vanno a prendersi le pizze da Henrietta e si scatena un terremoto, e indovinate un po’: il condominio, fatiscente e destinato a un’imminente demolizione, era costruito niente meno che su una banca. Nel parcheggio si apre una voragine e proprio lì sotto c’è il caveau nel quale Danny si calerà senza pensarci due volte. Non troverà un solo dollaro o lingotto d’oro, ma scoprirà che l’angusto luogo è pieno di crocifissi, di misterioso materiale appartenuto a un culto religioso, fra cui tre vinili registrati, e di una custodia piena d’insetti fatti in una pessima CGI. Nella custodia c’è anche un libro antico: occorre che precisi di cosa si tratta?
Danny, che è un DJ e ha una piastra, esce da quel caveau in cui ci sono più croci che in tutta Foggia e riproduce i vinili. Poi si mette a cazzeggiare col Necronomicon, che, oltre ad essere rappresentato da una computer grafica ancor più infima della precedente, era sigillato da una chiusura ermetica che ricorda certe piante carnivore. Il Male arriva come da consuetudine in visuale in prima persona e si prende sua madre, nell’ascensore. Avrei scritto POV ma poi vi sareste messi a pensare ad altre cose.
Insomma, Evil Dead Rise ha delle belle forzature, è inutile negarlo. La più grossa il fatto che nei vinili sia specificato che il Necronomicon consta in totale tre volumi, come quelli al cospetto dei quali Bruce Campbell si era ritrovato a recitare in una delle scene slapstick più divertenti di tutto L’armata delle tenebre. Credo che i produttori si siano resi conto dell’esistenza di un po’ troppe versioni (o mondi, come si usa dire oggigiorno) di Evil Dead, giustificando tali divergenze con una simile trovata.
Da lì in poi è una escalation di violenza e cattiveria senza precedenti. Non si bada a spese, nel senso che non si risparmiano i familiari – minorenni e non – di mamma Ellie e zia Beth. Succede di tutto. Una grattugia assurge per un attimo a motosega della situazione, gli impianti elettrici riprendono a versare sangue, il corridoio condominiale del piano adempie al ruolo di mattatoio.
Se in Drag me to Hell si era scelto di procedere sulla grottesca falsariga dei sequel con Bruce Campbell, inserendo una bionda (azzeccatissima) come eroe di turno, Evil Dead Rise procede ostinatamente in senso opposto. Il che detiene una sua logica. L’attore che calamita l’attenzione è colui o colei che impersona il villain; il buono può solo difendersi e subire la sua tortura sia essa psicologica o fisica. Un film che incentra tutto sulla superiorità del Male non può fare altrimenti, se ci pensate, e nel primissimo Evil Dead, Ash, protagonista assoluto, era stato bersagliato per tutto il secondo tempo dopo che fidanzata e amici erano caduti come mosche. L’assenza di eroi in Evil Dead Rise riflette grandiosamente un aspetto come la spersonalizzazione e debolezza dell’individuo nella società moderna.
Le possessioni sono gestite benissimo, in maniera analoga al film del 1981. Non sono frenetiche e passano minuti di pellicola prima che il demone prenda piena gestione del corpo occupato. Il che rende il film ancor più spaventoso mentre Ellie discende negli abissi.
Non ho molto altro da segnalare che non sia un ingeneroso spoiler: una delle tre figlie di Ellie è uguale alla giovane stronza della serie Una mamma per amica, e una delle scene di maggior tensione riprende il parcheggio sotterraneo di Drag me to Hell e il suo senso di assoluta claustrofobia, il tutto condito da musiche vecchia scuola, essenziali e di discreta fattura. Buono anche il doppiaggio dei posseduti, non grottesco e squillante come in passato, mentre la computer grafica è in tutto e per tutto da rivedere.
Un ottimo horror, Evil Dead Rise, le cui forzature di sceneggiatura rappresentano un dettaglio trascurabile a fronte di un’ora e mezzo abbondante – una durata oserei dire perfetta – di uccisioni, tensione e gore gratuito. (Marco Belardi)