Skunk Jukebox: summer dying fast

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Ulteriori beceri mezzucci per catturare l’attenzione dei lettori

Che fatica le vacanze, ragazzi miei. Meno male che adesso possiamo tornare a riposarci a lavoro. Certo, anche il rientro ha i suoi lati stressanti. Tipo che devo rimettermi in pari con Blabbermouth. No Clean Singing non ho manco il coraggio di aprirlo. Di solito ci pensa Luca Bonetta, mai sazio di nuovi gruppi serbo-croati che si ispirano gli Incantation, ma purtroppo gli si è rotto il pc. Ci sarebbero Nunzio e Giovannino, però mica posso distoglierli dall’imminente recensione multipla di Surgical Steel. E quindi, niente, come al solito devo fare tutto io in questa casa. Mi rinfranco perciò con la title-track di The Dream Calls For Blood, nuovo album dei DEATH ANGEL, che uscirà a ottobre per i tipi della Nuclear Blast e la cui copertina riprende il simpatico motivo del lupacchiotto con le corna da caprone sulla testa che già adornava il precedente (e notevolissimo) Relentless Retribution. Il brano (che potete ascoltare sul loro sito ufficiale, pur sovrastato dal cazzo di arpeggino che anima la loro homepage) spacca proprio: Bay Area thrash gagliardo con ritornello da pugno alzato. Del resto, se si eccettua il discontinuo Killing Season, i californiani, da quando si sono riformati, non hanno mai deluso. In alto le corna, entonces.

Altri vecchi arnesi del thrash prossimi al ritorno sono gli ONSLAUGHT, alla cui reunion non ho invece mai prestato troppa attenzione. Probabilmente sbagliando, perché questa Chaos Is King, prima anticipazione di VI, fuori a breve su Afm, è un bel pezzo. Furioso, arcigno, adrenalinico. Niente per cui spellarsi le mani, ma, al netto di tutti i revisionismi dell’ultim’ora, non è che i britannici siano mai stati ‘sti grandi geni creativi. E vedere tutti questi ultraquarantenni ancora in grado di sfoderare una cazzimma del genere fa sempre piacere, dai:

Restando in campo di metallo battente, toccherebbe parlare del quattordicesimo (me cojoni) full degli ANNIHILATOR. del quale dovrebbe occuparsi Charles Buscemi, il loro più grande fan della redazione in virtù della sua bizzarra perversione per Set The World On Fire, laddove la buona parte della comunità metallica (me incluso) resta convinta che, tutto sommato, Jeff Waters poteva pure appendere la chitarra al chiodo dopo Never, Neverland senza che le sorti della nostra musica preferita ne risultassero compromesse. Eppure questo Feast, a un ascolto distratto, appare più che dignitoso. Passati attraverso tutta la consueta, mesta trafila reducista fatta di cambi di genere sballati e revivalismi d’accatto (il manco disprezzabile Criteria For A Black Widow del 1999, dove veniva riesumato l’ingestibile Randy Rampage, il cantante del capolavoro Alice In Hell), i canadesi hanno pure piazzato qualche buon colpo qua e là ma sono rimasti incastrati in un ruolo da comprimari con un grande futuro alle spalle. Stavolta sono tornati a giocare la carta del thrash tecnico senza troppi avventurismi e, a parte i consueti scivoloni nel cattivo gusto (No Surrender), un’ascoltatina a Feast si può pure dare. Di anteprime ufficiali, che io sappia, non vi è traccia, quindi ci ascoltiamo a buffo una canzone caricata abusivamente sul tubo:

Restiamo nella terra dell’acero e di Bryan Adams con i KATAKLYSM, band il cui successo, pur con tutta la simpatia per il frontman oriundo Maurizio Iacono (proprietario, lo ricordiamo, della migliore pizzeria degli Stati Uniti), mi è sempre risultato misterioso. Rimangono il classico gruppo Nuclear Blast con la produzione pompata e la personalità sotto le scarpe, l’ultimo loro disco che mi sia garbato un minimo è Shadows & Dust, risalente a più di un decennio fa, e, per quella che è la mia esperienza, dal vivo non sono neanche ‘sto granché. Ad ogni modo, tra un po’ esce Waiting For The End To Come e il mio quinto senso e un quarto mi dice che anche stavolta non me ne fregherà nè punto, nè poco. Il primo estratto, Kill The Elite, si barcamena tra svedesate d’accatto e cavalcate pseudo-black alla Behemoth dei poveri. Meh:

Il principale motivo per cui i NECROPHOBIC sono tornati agli onori della cronache non è la pubblicazione del nuovo album Womb Of Lilithu, bensì la condanna del cantante Tobias Sidegard a diciotto mesi di gabbio (sempre soffice la giustizia scandinava) per aver pestato a sangue la moglie (trovate tutta la deprimente storiaccia su Metal Insider) e di aver preso le figlie a frustate. Il tizio si sarebbe giustificato affermando di aver agito sotto l’effetto di anfetamine, il che dubito costituisca un’attenuante generica secondo il codice penale svedese. Augurando a Tobias che un gruppo di ergastolani congolesi lo stupri a morte nelle docce del carcere a uso Oltraggio di Fano, ci ascoltiamo Splendour Nigri Solis, a dirla tutta un po’ una mosceria, a riprova del fatto che menare le donne, oltre a essere passabile di castrazione sulla pubblica piazza in un mondo più perfettibile del nostro, non giova all’ispirazione:

Torniamo ad argomenti più allegri con quei pazzerelloni degli AVULSED. Il combo spagnolo capeggiato dall’esimio Dave Rotten conferma di non saper né leggere né scrivere con l’ultimo Ritual Zombie, che ci sollazza con la solita rassicurante colata sanguinolenta di brutal death trucido e deliziosamente old school. Peraltro il ragazzo sta proprio caricato a pallettoni ultimamente, dato che ha riesumato anche il suo vecchio progetto CHRIST DENIED che, a oltre tre lustri dall’esordio ...Got What He Deserved (che figurava nel montepremi del nostro indimenticato concorso dei dischi di merda), ha fruttato un nuovo (s)platter, il beneducato Cancer Eradication. Davvero una persona seria, il nostro Dave Rotten, Spariamoci il video di Dead Flesh Awakened tracannando una sangria del discount:

Degli HATESPHERE non mi è mai fregato nulla. Il death/thrash svedese di ascendenza carcassiana aveva già detto tutto quello che doveva dire ai tempi in cui i The Haunted ce l’avevano ancora duro. Tuttavia, per qualche oscuro motivo, ‘sti danesi mi sono sempre stati simpatici. Consci che difficilmente ci presteremo attenzione, troppo impegnati a riascoltare fino allo spasimo quella gran ficata di Surgical Steel (all’inizio ero perplesso, ma mo’ me lo sto sentendo dieci volte al giorno. Oddio, è da quando è uscito il leak che me lo sto sentendo dieci volte al giorno in realtà, ma ci ho messo parecchio ad ammettere che è bellissimo perché sono uno stupido dietrologo), tre minuti e mezzo scarsi li possiamo pure dedicare alla title-track di Muderlust:

Siccome only the dead know Brooklyn, vi congedo con il video ufficiale di DMLST degli A PALE HORSE NAMED DEATH, il nuovo progetto di Sal Abruscato, già batterista di Type O Negative e Life Of Agony. Non mi sono ancora preso la briga di ascoltare Lay My Soul To Waste, il loro secondo, recente album. La canzone fa proprie troppe suggestioni gotiche europoidi per rievocare a dovere certe disperate negatività newyorchesi novantiane. Approfondiremo e vi faremo sapere. O forse no, perché, con la mole di dischi che sarà uscita nel frattempo, sarà alquanto arduo dare a tutti lo spazio adeguato. Ma ringraziamo Satana che abbiamo tutta ‘sta roba da ascoltare. Arimortis:

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