Headbanger’s palette
Quando avevo i capelli (lunghi, come dicono i geni di Solo Macello) uno degli sport che più mi piaceva era l’headbanging. Sul serio, ero tipo un metallaro mai uscito dagli anni ’80, pronto a scapocciare a ritmo di thrash metal appena mi si presentava l’occasione. Adoravo la sensazione di mollezza che ti faceva ballare la testa dopo quindici minuti di tornado di capelli. Alla fine era come avere un enorme gelatina che poggiava su una cervicale molleggiante. Il tutto contribuiva anche a generare una spiacevole sensazione di confusione che faceva tanto after-party nineties quando eravamo in realtà degli adolescenti meno autodistruttivi di Steve O, che non a caso è stato l’ultimo grande eroe del nofuture presto costretto a diete vegane, rigide tabelle di marcia disintossicanti e flirt con la Canalis. Come passa il tempo.
Questa cosa la posto perché, sul serio, non smetteremo mai di strombazzare ai quattro venti quanto la gente comune non capisca quello che si perde a non essere come noi. Siamo fatti così, statece.