Look what Relapse dragged in

ROTTEN SOUND – Cursed

Ho provato sensazioni ambivalenti per l’ultimo full-lenght dei ROTTEN SOUND. Di primo acchito mi era sembrato un discone; diversi ascolti dopo lo ho ridimensionato (va detto che se me lo sono sparato così tante volte significa che per funzionare funziona). Il grind dell’act finlandese è diventato più freddo e sfaccettato, aprendosi a numerose influenze; la scrittura dei brani è più ragionata e moderna, tanto che alcuni passaggi avrebbero potuto stare tranquillamente su un lavoro dei Burnt By The Sun. I pregi e i difetti di Cursed stanno tutti qua: da una parte è cosa buona e giusta che guardino avanti (o perlomeno intorno a loro) e provino a tentare qualche soluzione nuova, dall’altra il confronto con il precedente Cycles lascia vincitore quest’ultimo. Cycles funzionava meglio perché più diretto, più cattivo, più spaccaossa, più hardcore. In una parola, perché più ortodosso. Ma non si può manco mettere la croce addosso ai Rotten Sound perché non hanno fatto un album uguale al precedente. Un lavoro di transizione? Può darsi.

COUGH – Ritual Abuse

Quando ho fatto sentire questo disco a Mancusi, nel frattempo intento a saccheggiare la scorta di dolciumi del mio nuovo coinquilino, al secondo brano (la pesantissima colata di negatività di A Year In Suffering) già diceva che era un capolavoro. Noi sabbathiani siamo fatti così, ci basta sentire quei quattro riff scritti quarant’anni fa per andare in visibilio, sempre che il feeling e le vibrazioni siano quelli giusti. E’ il caso del secondo disco dei COUGH, probabilmente una delle release più narcotiche e disagevoli uscite l’anno passato nell’ambito del genere (Ritual Abuse risale infatti allo scorso ottobre). Cinque marce funebri avvolgenti e ossessive sospese tra il doom più classico (Crippled Wizard), richiami ai ’70 (la lisergica Crooked Spine) e urticante asprezza sludge (Mind Collapse). Se come il sottoscritto avete un debole per questa roba non fateveli scappare.

NOISEAR – Subvert The Dominant Paradigm

NOISEAR erano una delle formazioni che più mi avevano colpito tra quelle presenti nell’ultimo capitolo della fondamentale antologia This Comp Kills Fascists (ne abbiamo parlato qua). Ora che il loro secondo album è nei negozi, possiamo tranquillamente definire la band di Albuquerque una delle più esaltanti sorprese rigurgitate di recente dalla scena grindcore, genere che qua è poco più di un canovaccio sul quale viene imbastito un teatro delle atrocità frenetico e disturbante che vede andare in scena riff e assoli cristallini di derivazione death, chitarre dissonanti e schizoidi dal sapore ora noise ora post-qualcosa (il punto di riferimento più vicino, almeno filosoficamente, sono i Discordance Axis più sperimentali), i classici mid-tempo sfascioni, bordate di furia powerviolence e sprazzi di paranoia totale degni dei The Locust, fino all’apocalisse rumorista dei venti minuti della conclusiva Noisearuption, il tutto compresso in brani fulminanti che, pur superando di rado il minuto, lasciano a bocca aperta per complessità strutturale e perizia esecutiva (alla batteria c’è il solito Brian Fajardo, che qua si diverte sicuramente di più che con i Phobia o i Kill The Client), giustamente esaltate da una produzione che non poteva non essere così curata. Da non perdere.

DESPISE YOU/AGORAPHOBIC NOSEBLEED – And On And On…

Con i Pig Destroyer temporaneamente in congelatore (per la costernazione di quanti erano rimasti in attesa con la bava alla bocca dopo le allucinate sperimentazioni di Natasha), il buon Scott Hull recupera la sua creatura principale per questo ameno split con i redivivi DESPISE YOU, piccolo culto della scena crust/powerviolence californiana. Caratterizzati da un doppio assalto vocale maschile/femminile (con Lulu oggi sostituita da Cynthia dei GASP), i nostri amici ci servono diciotto randellate ignoranti e nichiliste al punto giusto che costituiscono il primo materiale inedito del gruppo da dieci anni a questa parte. Gli AGORAPHOBIC NOSEBLEED rispondono con sette tracce in bilico tra schegge grindcore di una manciata di secondi e cattivo umore sludge. Il quoziente di grezzume è maggiore rispetto al recente Agorapocalypse ma, data la natura della release, non penso se ne possano trarre chissà quali indizi sulla futura direzione sonora della band. Livelli di sollazzo discreti, anyway.

DEATH – The Sound Of Perseverance (reissue)

Il giorno in cui uscì The Sound Of Perseverance marinai la scuola apposta per poterlo andare a comprare. E ancora oggi gira spesso nel mio stereo, sebbene i DEATH non siano una band che mi capita di riascoltare spesso, forse proprio perché sono legati così strettamente a un periodo preciso della mia vita. Vabbè, mo’ è uscita la pluriannunciata ristampa con un artwork diverso. L’edizione in mio possesso è quella a due dischi, ma ne esiste una deluxe da tre.  Il materiale inedito è però costituito, come ovvio, da versioni demo dei brani dell’album che francamente non so come possano interessare a chicchessia. Poi io la mentalita del fanatico o del collezionista non la ho mai avuta e magari, che ne so, in giro ci sono migliaia di persone felicissime che la versione demo di Criminally Insane sia stata inclusa come bonus track in Reign In Blood. La Relapse nel frattempo si sta pure dedicando alla ripubblicazione dei primi lavori dei DYING FETUS. Già fuori la raccolta di demo Infatuation With Malevolence, in arrivo Purification Through Violence, Killing On Adrenaline (il loro lavoro migliore insieme allo spettacolare Destroy The Opposition) e Grotesque Impalement. Vallo a spiegare a una persona normale che qualche giorno fa sono andato a vedermi dal vivo una band che si chiama “Feto Morente” e ha scritto brani intitolati “Stuprata sull’altare” e “Vomitando l’embrione fetale”. E’ divertente essere metallari. (Ciccio Russo)

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