KING DIAMOND // PARADISE LOST @Alcatraz, Milano – 16.06.2025
Oggi per me è la giornata delle prime volte. Non avevo mai visto né Paradise Lost né King Diamond, anche se quest’ultimo l’avevo ammirato con i Mercyful Fate tre anni fa al Wacken. Quindi stavolta cerco di arrivare il più puntuale possibile, per non perdermi neanche un minuto, e nonostante il traffico e le abituali difficoltà di parcheggio riesco a entrare all’Alcatraz proprio mentre parte Enchantment. Sono incredibilmente legato a Draconian Times, uno dei dischi che più mi ricorda i miei sedici anni, e sentirla finalmente dal vivo è una liberazione. Dopo Anathema e My Dying Bride sono quindi riuscito a completare la sacra triade: meglio tardi che mai, come scrivo sulla chat Telegram di redazione mentre Gabriele Traversa chiede pareri su Sergio Cammariere e altri ritrovamenti nel bidone dell’umido come suo solito.
L’Alcatraz è piuttosto pieno, si parla di tutto esaurito, il che vorrebbe dire oltre tremila persone. Giusto così, perché oggi è uno di quegli eventi imperdibili da segnare sul calendario. Dal canto loro i Paradise Lost onorano i convenuti con un concerto impeccabile, in cui peraltro Nick Holmes sfoggia una forma superiore alle attese; ho sempre sentito parlare malissimo della sua tenuta vocale degli ultimi anni, però oggi appare piuttosto pimpante. Certo, tiene un profilo basso e non cerca mai di strafare, ma non dà mai l’impressione di essere inadeguato. Probabilmente anche le scelte in scaletta sono state fatte per venirgli il più possibile incontro, evitando per quanto possibile pezzi troppo impegnativi. Pescano comunque da un po’ tutta la loro discografia, compatibilmente con il minutaggio contenuto che li obbliga a suonare solo nove pezzi: Draconian Times è l’unico album con due estratti (l’altro è The Last Time), poi Pity the Sadness ed Embers Fire dal periodo iniziale, la bellissima Ghosts da Obsidian, The Enemy da In Requiem, No Hope in Sight da The Plague Within, l’omonima di Faith Divides Us e per concludere l’ineluttabile singolone zarro Say Just Words, che è un po’ la Vamos a la Playa dei Paradise Lost. Purtroppo niente da Tragic Idol, ma io sono felice, perché dopo tanti anni sono riuscito a vederli e non mi hanno deluso. Avrebbero meritato un tour da headliner, ma per il momento va bene così. Ora uscirà un nuovo album e cercheremo di non mancarli, visto che sono già in programma delle date insieme ai Messa.
Il cambio palco dura mezz’ora, perché la scenografia del Re Diamante è abbastanza elaborata, finché alle nove precise gli amplificatori diffondono The Wizard degli Uriah Heep, che per qualche motivo funge da introduzione del concerto. Dopodiché si parte subito con la tripletta iniziale di Abigail: l’intro Funeral, Arrival e A Mansion in Darkness. Sul palco c’è un’età media da geriatria ma davvero non sembra, perché sono tutti carichi a molla: lui ha quasi settant’anni ma è sempre lo stesso, eterno, con quelle maschere che lo rendono perennemente immobile nel tempo. La scenografia è a tre piani, con una figurante che sale le scale con una lanterna, maneggia bambole e si aggira con aria spettrale. A differenza della scaletta dei Paradise Lost, qui tutto verte sulla prima parte della discografia, quella fino a The Eye: di pezzi successivi solo l’omonima di Voodoo e i due singoli più recenti, Masquerade of Madness e Spider Lilly; e quest’ultima in particolare dal vivo guadagna parecchio rispetto alla versione in studio. Per il resto è tutto ad altissimi livelli, con una The Invisible Guests resa in modo meraviglioso e l’immancabile Abigail in chiusura a completare il cerchio.
Il concerto è davvero spettacolare, in tutti i sensi. Un’esperienza, come si usa dire in questi casi. Loro sembrano divertirsi sul serio, come se fossero consapevoli di avere ancora poche cartucce da sparare e volessero godersela fino in fondo. Quando vidi i Mercyful Fate ebbi la stessa sensazione, e difatti anche quello fu un concertone. E il fatto che oggi l’Alcatraz sia pieno di fan adoranti è cosa buona e giusta, perché – nonostante lui giuri di ritornare presto – questo potrebbe anche essere un addio. E non potrebbe essere un addio migliore di così. Poi chissà, magari ritornerà davvero. In tal caso mi auguro vivamente in un altro sold out, perché se lo meritano. (barg)



Concerto pazzesco con una interpretazione senza sbavature al limite dell’assurdo. Ad un certo punto mi son chiesto quanto la cantante aggiunta intervenisse nella resa complessiva e mi è parso che no, non fosse così influente. Scaletta maestosa con il solo calo, a mio avviso, del pezzo “Voodoo” che proprio mi fa cagare. Credo che nella storia della chitarra metal si dovrebbe parlare (ben) di più di Mr. Andy LaRocque (e se si pensa che suoi sono gli assoli su Individual Thought Patterns, si gode anche di più).
"Mi piace""Mi piace"
Serata di livello altissimo !
Il live del Re strepitoso !
Per quanto riguarda i Paradise Lost , ieri quarto live e la prima che mi sono davvero piaciuti e mi sono goduta i pezzi !
"Mi piace""Mi piace"