GODSPEED YOU! BLACK EMPEROR – No Title As Of 13 February 2024 28,340 Dead

THE PLAIN TRUTH==
we drifted through it, arguing.
every day a new war crime, every day a flower bloom.
we sat down together and wrote it in one room,
and then sat down in a different room, recording.
NO TITLE= what gestures make sense while tiny bodies fall? what context? what broken melody?
and then a tally and a date to mark a point on the line, the negative process, the growing pile.
the sun setting above beds of ash
while we sat together, arguing.
the old world order barely pretended to care.
this new century will be crueler still.

Ho voluto iniziare – e chiudere – la recensione del nuovo disco dei Godspeed You! Black Emperor con le loro parole. Perché comunicare un “messaggio” attraverso la musica è tra le cose più difficili che si possa immaginare, anche perché il rischio di sembrare banali, o ingenui è elevatissimo e, anzi, secondo alcuni non si dovrebbe nemmeno fare, come se la musica fosse una forma artistica di una categoria minore.

Farlo senza l’uso dei testi, è ancora più difficile, quasi impossibile ed in questo i canadesi hanno sempre avuto una capacità di comunicare il loro pensiero senza bisogno di parole, o quasi. Perché i GY!BE hanno sempre offerto un “contesto” agli ascoltatori, fatto di immagini e brevi comunicati – come quello in apertura di questo pezzo – che fanno da cornice alla musica, ma sono sempre delle “suggestioni”, perché la forza, anche tematica della proposta dei canadesi, è sempre nella musica. Una musica, che, come scrivevo in occasione del precedente G_D’s Pee AT STATE’S END!, resta  sempre la migliore colonna sonora per la fine, per un concetto di fine assoluto e totalizzante e, anche questa volta, il nuovo disco non fa eccezione, spostando questa volta il tutto su un livello ideologico che non può essere ignorato, o messo in secondo piano.

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Perché già dal titolo, No Title As Of 13 February 2024 28,340 Dead, il riferimento alla quotidiana strage di Gaza è evidente (e, ad oggi, quel numero del titolo è tristemente quasi raddoppiato) ed è ancora più importante provenendo da una band che ha tra i suoi compositori principali (Efrim Menuck), persone di origini ebraiche, seppur non praticanti. Se, citando lo straordinario articolo di Daniele Rosa su Blow Up di Ottobre, l’opinione di chi scrive sulla questione israelo-palestinese non è di nessuna rilevanza, al contrario non può essere sminuita nel caso di un disco del genere che è la vibrante e commovente rappresentazione fatta musica della guerra, delle macerie, della rabbia e dell’ingiustizia.

Una musica che, per alcuni aspetti, riprende le atmosfere di quel Luciferian Towers di qualche anno fa, unendole al lirismo e ad una certa solennità che mi  ha portato alla mente addirittura momenti del capolavoro Lift Your Skinny Fists Like Antennas to Heaven. Un album in cui ogni tassello è fondamentale, in cui i primi due pezzi, come apprendiamo dalla tracklist, formano un unico movimento composto dall’intro, commovente, Sun is a Hole Sun Is Vapors e dalla lunga ed emozionante Babys In a Thundercloud, che nei suoi tredici minuti incarna tutto ciò che i Godspeed You! Black Emperor sono sempre stati.

Godspeed-You-Black-Emperor

Il secondo movimento di questa dolente sinfonia in tre atti è affidato alla sola Raindrops Cast in Lead che, nella prima parte, sembra quasi un momento di respiro, un momento di pura luce che si può trovare anche nei momenti più cupi, con i suoi archi che salgono e diventano un tutt’uno con le chitarre che si “tacciono” per la prima e unica volta nel disco per far spazio all’unico momento “vocale” dell’album. Semplicemente uno dei brani migliori mai composti dai nostri.

Ma del resto, No Title As Of 13 February 2024 28,340 Dead, pur non variando la cifra stilistica dei canadesi, è senza  dubbio una delle loro opere migliori e – comprensibilmente – più sentite. E laddove, anche in questo caso non ci siano voci da far sentire, il terzo movimento, composto da Broken Spires at Dead Kapital / Pale Specator Takes Photographs e Grey Bubble – Green Shoots, rappresenta quanto di più umano, e potente si possa immaginare.

Una potenza a volte sussurrata, a volte urlata, altre soffocata sotto le macerie, altre ancora frutto di una rabbia atavica, contraddistinta da una violenza che ha sempre fatto parte della proposta dei GY!BE e che, in questo terzo movimento, viene lasciata a briglie sciolte, per aprire, sul finale di Grey Bubble – Green Shoots, un piccolo spazio per far passare una speranza, che per quanto tenue e poco salda resta tutto ciò a cui l’umanità tutta deve aggrapparsi.

E per fare ciò, non si può fare altro che fare una scelta, schierarsi e far sentire la propria voce.

War is coming

Don’t give up

Hang on

Pick a side.

Love.

Disco dell’anno.

5 commenti

  • Avatar di Anima e Psiche

    Bell’articolo, l’ho letto fino in fondo con grande interesse. Ho appena scoperto questo blog e mi piace. Leggerò sicuramente altri articoli. Saluti!

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    • Avatar di weareblind

      Mi fa piacere leggere nuovi utenti/ utentesse / uten*.
      Questo blog è un gioiello, ma la redazione ha cifra caustica e comica insieme. Mi raccomando, godila e non avversaria. Buona lettura!

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  • Avatar di nxero

    Bella recensione, complimenti. Adesso si attende il marzo prossimo per vederli dal vivo a Torino… se su disco sono emozionanti, dal vivo vanno veramente oltre, sono assolutamente incredibili.

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  • Avatar di Carolina84

    Gruppo enorme musicalmente che ho appena rivisto dal vivo, davvero straordinari. Eppure questo album non lo comprerò, a differenza dei precedenti, perché trovo la loro politicizzazione insopportabile soprattutto in questo contesto. È vero, spesso si deve scegliere da che parte stare e in questo caso, almeno per me, non la loro.

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    • Avatar di Fanta

      Intendi dire che si sono schierati da quale parte, scusami?
      Dalla parte dei palestinesi? Onestamente mi pare comprensibile, considerando che questa posizione, viste le origini ebraiche cui si fa riferimento nell’articolo, la trovo degna di onestà intellettuale.
      Personalmente non sono portato a schierarmi ideologicamente in circostanze come questa (la guerra), ma ripeto: posso capirlo e lo trovo coraggioso. Non sono d’accordo con chi asserisce che la musica non deve veicolare messaggi politici. Tra l’altro tutto è politico, anche un film di Sergio Leone, come diceva lui stesso. Si può alludere senza esplicitare e al contrario si possono usare parole come lame.
      Ho rispetto per chi ha prodotto, volente o nolente, due dei più grandi intellettuali del secolo scorso. Mi riferisco ovviamente a Marx e Freud. Ma tengo presente il pensiero di Emil Cioran su “La tentazione di esistere”, a proposito del popolo ebreo.
      Dagli una letta se ti capita.

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