Il report della seconda giornata del METAL PARK 2024

Maurizio Diaz: Date golose quelle del Metal Park in provincia di Vicenza, anche se, essendo costretti a scegliere solo una tra le due giornate, ci mettiamo circa dieci microsecondi a selezionare quella che prevede la calata dell’Imperatore, giacché io e la mia dolce metà abbiamo dovuto rinunciare alla data autunnale di un anno e mezzo fa. Apprendiamo nel lungo tragitto in macchina dell’improvvisa defezione dei Moonspell a causa di problemi logistici: noi purtroppo ce li saremmo persi comunque per una questione di orari, ma visto il contesto in cui si sarebbero esibiti è un vero peccato. Già, perché il festival è un esempio di organizzazione e di gestione di un evento medio-grande che dovrebbe essere preso a modello da tutti. Davvero, l’unica cosa cui gli si potrebbe appuntare è che dal parcheggio c’è un po’ di strada sterrata, che quando piove rischia di diventare una palude, cosa puntualmente successa poco prima del nostro arrivo, e che l’accesso alla zona concerti attaccata alla casa di riposo della Fatebenefratelli (!) ti obbliga a tagliare a piedi un piccolo pezzo di strada provinciale. E basta. Comunque non rinuncerei lo stesso alla posizione: l’area concerti è un prato verde enorme circondato da alberi, i punti di ristoro sono sparsi su almeno tre diversi punti lungo il perimetro dell’area, ci sono banchetti merch, bancarelle dei dischi, qualche piccola attività per i più piccoli (tipo truccabimbi), panche e tavolini in numero adeguato di cui alcuni sotto i tendoni, e niente file. Zero. Ø. Ok, pure loro usano i token come da altre parti, e premesso che, se siete capaci ad organizzarvi, non sono un grave problema, pure le code della cassa erano pressoché inesistenti. Ultimo ma non meno importante, si sente benissimo.

Luca Bonetta: Vivere nella più sperduta provincia del Veneto (no, non parlo di Rovigo) ha sia vantaggi che svantaggi. I vantaggi sono riassumibili nell’ottica del vivere civile: trovi sempre parcheggio, non c’è quasi mai traffico e anche quando c’è è tollerabile, hai un sacco di natura a portata di mano e lo smog ha cominciato ad essere un problema solo da pochi anni. Gli svantaggi, parlo da metallaro, si possono riassumere con il concetto che, se ti vuoi vedere un festival, devi muovere il culo e tanto. Ecco perché avere un festival come il Metal Park a pochi chilometri da casa, per uno come me, è una manna dal cielo. La cornice è quella del parco Ca’ Cornaro in quel di Romano d’Ezzelino (Vicenza). Cento chilometri scarsi da casa mia ed un bill che, a giudicare dagli accenti presenti tra gli astanti, ha fatto spostare gente da ben più di cento chilometri. Ho presenziato solamente alla giornata del 7 luglio, dato che la scaletta era assolutamente imperdibile, e pertanto è di questo che vi vado a parlare, senza perdermi in altre stronzate che tanto non vi interessano; se c’eravate sapete già tutto, se non c’eravate mortacci vostra.

SLUG GORE

Aprire la giornata spetta a questa band nella quale militano due noti youtuber, ovvero Danny Metal e Poldo. Avevo già avuto modo di vedere un altro gruppo di Danny a Padova lo scorso anno (gli Elyne) e ne avevo apprezzato il talento, pur non rientrando propriamente nei miei gusti. In questo caso però parliamo di un goregrind scolastico, eppure ben fatto, tutto funziona bene, i suoni sono ottimi e, nonostante l’orario infausto (erano da poco passate le 13), scaldano per bene il pubblico.

MORTUARY DRAPE

Qui devo fare un mea culpa perché, pur avendoli sentiti nominare per anni e anni, giuro di non averne mai ascoltato una sola nota. So benissimo che sono in giro da una vita e che per alcuni sono pure una delle colonne portanti del metal italiano (insieme a, chessò, Necrodeath e Sadist, giusto per citarne un paio) ma per un motivo o per un altro non li ho mai cagati di pezza. E ho fatto male perché hanno spaccato il culo: il look mi ha fatto inevitabilmente venire in mente i Batushka (quale delle seimila incarnazioni lo lascio decidere a voi) tant’è che mi aspettavo del black metal evocativo ed atmosferico. Niente di più lontano dagli schiaffoni che hanno tirato agli astanti, la vecchia scuola si sente tutta e rende ancora alla grande.

FLESHGOD APOCALYPSE

So benissimo che qui, nella più disgraziata redazione d’Italia, i Fleshgod Apocalypse non sono molto apprezzati, ma a me continuano a piacere, seppur senza avermi mai portato all’estasi totale. Sarà che ho un debole per orchestrazioni ed orpelli vari nel metal (nel senso dei Septicflesh o dei The Monolith Deathcult per intenderci) ma i ragazzi di Roma hanno indubbiamente la classe di una grande band. Chiaramente il marchio di fabbrica Nuclear Blast si percepisce anche in sede live per quanto riguarda alcune soluzioni, ma in generale mi sono piaciuti parecchio, esattamente come due anni fa quando li vidi in quel di Cremona.

MOONSPELL

Sono saltati all’ultimo momento per rogne con i voli. Qui non posso bestemmiare, ma provate a pensare al nome di un santo o di una divinità a caso e sappiate che nella mia testa ha subito cose indicibili.

DARK TRANQUILLITY

Anche nel loro caso si trattava di una seconda volta per me, la prima risale al 2007 (o 2008? Non me lo ricordo, porca puttana quanto fa schifo invecchiare). Ammetto che non avevo grandi aspettative dato che, a quanto avevo sentito, ultimamente le scalette erano tutte incentrate sugli ultimi album che personalmente non mi hanno fatto impazzire. Invece devo dire che sono stati la grande sorpresa della giornata, una scaletta varia che ha pescato sia dalle ultime istanze che dai fasti passati – e magari più gloriosi – della band svedese. Stanne è un eterno giovane e mi sono chiesto continuamente come facesse a suonare con camicia e giacca di pelle con una temperatura che definire indecorosa sarebbe riduttivo.

CORONER

Quando hai le palle quadrangolari ed hai per molti aspetti plasmato un genere, pur non avendone mai raccolto i giusti meriti, e ti trovi a suonare davanti ad un pubblico che, in parte, è composto da persone che non erano nemmeno nei coglioni dei rispettivi padri quando tu già pubblicavi il tuo debutto, hai due alternative: fare l’impiegato, timbrare il cartellino e portare a casa la pagnotta oppure mettere su uno show capace di spettinare chiunque facendo sapere al mondo che va bene tutto, ma quella musica lì tu hai contribuito a crearla. Ecco, questo è esattamente ciò che hanno fatto i Coroner: una classe inarrivabile, gente con quasi sessant’anni sul groppone che ha fatto scuola, allora come oggi.

CAVALERA

Non nutrivo grandi speranze per lo show dei Cavalera (Conspiracy?), dato che questo tipo di operazioni di reunion nate da faide fra vecchi membri delle band mi hanno sempre messo una certa tristezza. Va detto però che la prospettiva di sentire dal vivo pezzi tratti da Schizophrenia, Morbid Visions e Bestial Devastation era sicuramente allettante. Mai avrei pensato quindi di trovarmi davanti un live di simile intensità: Max e soci hanno sfasciato tutto senza quasi mai fermarsi, finito un pezzo si prendeva giusto il tempo di urlare “Italia!” e qualche bestemmione per poi attaccare di nuovo e scatenare il delirio. Delirio che si è scatenato anche sotto il palco, complice un acquazzone verificatosi poco prima che ha trasformato il prato di Villa Ca’ Cornaro in una rivisitazione delle trincee della Grande Guerra. Onore al poveretto tra il pubblico che, dopo essere scivolato nel pogo finendo dritto in una pozzanghera di acqua e fango, emergendone ricoperto di merda dalla testa ai piedi, ha deciso di non arrendersi continuando imperterrito a spintonare la gente.

EMPEROR

E qui, signori, che cazzo vi devo dire: a mani basse uno degli show migliori ai quali abbia mai assistito in ormai vent’anni di live. Il tempo sembra non essere mai passato, soprattutto per quanto riguarda Ihsahn che ha mantenuto la stessa identica voce – sia in termini di timbro che di potenza – di quando, pischelletto, registrò quell’In The Nightside Eclipse che tutti ci portiamo nel cuore. Una scaletta perfetta, fatta di pezzi che sono dei classici per chiunque ami questa musica. Un’ora di live che è scivolata via in un baleno, lasciandoci intontiti e felici, desiderosi di averne ancora seppur consapevoli di aver appena assistito non solo ad una manifestazione di classe inarrivabile, ma anche all’emanazione in carne ed ossa del concetto di black metal, incarnata da una band che questo genere ha contribuito ad inventarlo.

8 commenti

  • Avatar di Schnell

    Organizzazione con alcune piccole possibilità di miglioramento (ma davvero ancora i token nel 2024?! Quando puoi pagare con il bancomat/carta fi credito/cellulare/scambio di droga??!), ma in generale davvero ottima. P.s. ma levati Firenze Rocks, tu e i tuoi cessi chimici a pagamento.

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  • Avatar di Rob

    Reduce da una due giorni fantastica il mio grazie a tutto lo Staff dell’evento, dalla selezione delle band all’organizzazione e la gestione. Non vedevo dai tempi dell’Evolution Fest una cornice così gradevole per un evento di questa grandezza. Mi auguro che i numeri abbiano ripagato e possa essere il primo di molti. Epic hails!

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  • Avatar di martino

    che caduta di stile vedere cavalera che fa bestemmiare il pubblico nel breck acustico di crucifixion

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  • Avatar di weareblind

    Leggere di un open air così ben fatto, scalda il cuore. Qui a Como ci sono 23 gradi, si dorme con la copertina, ci serve riscaldamento.

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  • Avatar di Rorepme

    hai ragione avrebbe dovuto fare recitare il rosario e qualche padre nostro

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  • Avatar di Bonzo79

    Rapidamente sul primo giorno invece: sono arrivato per gli Stratovarius (roba che non ascolto più da 20 anni), cmq ottima prestazione, un tuffo nel passato. Sempre simpatici The Darkness, ma da headliner sono più scatenati. Molto, molto bene Dickinson: scaletta forse un po’ rivedibile, ma prestazione eccellente

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