Due dischi black metal per girare col carro armato

Non ne ho parlato l’anno scorso per mancanza di tempo, ma il debutto dei belgi OERHEKS intitolato Cagghenvinna è un più che apprezzabile disco di atmospheric black metal dal tono aggressivo, guerresco, folkeggiante e medievale. Un po’ in stile Ungfell, ma meno rifiniti. L’occasione per recuperare il tempo perduto me la offrono loro stessi pubblicando nel tardo febbraio un EP nuovo di zecca, dal titolo significativamente impronunciabile: Landschapsanachronismen. Il lavoro si articola in due brani molto lunghi – dodici minuti ciascuno – vari e complicati, con abbondanti intermezzi di stacchi acustici, voce in screaming classico sempre tenuta in sottofondo come si usa adesso, ottime trame, melodie appetitose, produzione acerba che spinge tanto sui bassi conferendo al tutto un’anima ruvida e grezza che valorizza i riff. Entrambi i loro dischi figurano come demo ma sono stati pubblicati dalla intraprendente etichetta tedesca Amor Fati in edizione limitata in vinile e cassetta, oppure li trovate su Bandcamp. Perché mai classificarli come demo allora lo sa solo il padreterno. C’è sempre più confusione in merito, noto.

Anche dei FELDGRAU non sono riuscito a scrivere in tempo, e il loro EP d’esordio Feuers Uns Sturm è del dicembre 2021. Sono tedeschi, suonano war black metal ma anche no, insomma, più o meno. A parte il cantante che abbaia, o per meglio dire latra versi di puro odio per i nemici nelle trincee della Prima Guerra Mondiale, la musica è molto più thrasheggiante che scaraventata alle velocità folli e caciarone che ci aspetteremmo da un progetto war black metal canonico. Sembrano la versione riveduta, corretta ed ammodernata degli americani At War, ve li ricordate? Non penso, è affare per vegliardi come me: fecero uscire due dischi per New Renaissance records a metà/fine anni ’80 ed erano divisivi già allora, c’era chi li adorava (io tra loro) e chi li schifava per la loro attitudine guerrafondaia ostentata con fierezza e spacconeria. Sono passati 35 anni, non invano, e i Feldgrau riprendono quanto fatto dagli At War e lo velocizzano, a tratti ma non sempre, perché, per una gran parte della durata dell’EP sopracitato e del nuovo disco appena uscito Im Stahlgewitten, si ha un fortissimo senso di deja-vu, una rintronante impressione di stare ascoltando nuovamente speed/thrash anni ’80, con i riffoni, gli assoli, gli overdub più melodici, la sezione ritmica spaccaossa che farebbe battere il tempo con il piede anche a un moribondo.

Nel nuovo disco ci sono dieci brani, se c’includete anche i 4 dell’EP fanno 14 in totale per un’oretta di musica tirata quanto basta, grintosa, nervosa, energica a sufficienza da solleticare l’idea di cosa potrebbe succedere nel pit casomai ‘sti tizi decidessero di suonare dal vivo. Io (con 10/15 anni in meno) penso che ne uscirei coperto di lividi, esausto e divertito come un bambino al luna park proprio come i miei compagni di pogo. Questo disco è una bella legnata, spacca sul serio, non ignoratelo perché vi perdereste qualcosa di ragguardevole. In versione fisica esiste in poche copie in cassetta per Narbentage productions.

One comment

  • Sto ascoltando i Feldgrau perché la copertina era troppo bella per non farlo e così a naso mi ispiravano. Il black negli ultimi anni tende ad annoiarmi, soprattutto se parliamo di quello classico di scuola scandinava, questo invece mi è piaciuto per la vena thrash pestona di cui parli che rende tutto più godibile senza rinunciare all’ignoranza. Molto belli anche i suoni, piuttosto grassi per il tipo di proposta. Ti ringrazio della segnalazione, era quello che ci voleva!

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