Avere vent’anni: THE HAUNTED – One Kill Wonder

Nella formazione dei The Haunted di One Kill Wonder c’erano due quinti di At The Gates, nella fattispecie i due fratelli Bjorler, Anders e Jonas, rispettivamente chitarra e basso, con il primo largamente responsabile di come e quanto i The Haunted dell’epoca spaccassero e il secondo che contribuiva da collante per tenere unito il gruppo, visto che se i The Haunted esistono ancora oggi, e se in tutti questi anni gli unici membri a non essere mai ruotati sono lui e l’altro chitarrista, Patrick Jensen, ci sarà ben un motivo. Vedete, a volte l’anima di un gruppo non è quello che ha la bocca più larga o più in vista, tipo Lars Ulrich coi Metallica, ma quello zitto, affidabile e un po’ defilato, che ci crede davvero e che giorno dopo giorno cerca di costruire, invece di sfasciare. Dicevo che i The Haunted esistono ancora oggi perché in effetti pubblicano e fanno date dal vivo (per la cronaca l’ultimo album, Strength In Numbers del 2017, è più che discreto), ma la rabbia che c’era vent’anni fa, quando la stragrande maggioranza dei pezzi erano firmati dai fratelli Bjorler, da quando è andato via Anders ovviamente non esiste più. Peccato.

Partendo quindi dal presupposto che i The Haunted sono sempre stai più che apprezzabili e lo sono anche oggi, One Kill Wonder rimane il mio preferito della discografia dei thrashettoni svedesi, essendo il giusto compromesso tra ferocia hardcore e aperture melodiche, caratteristiche del suono dei The Haunted che mai come qui si amalgamano e si fondono in un unico monolite di metallo coi controcazzi. La voce di Marco Aro, al secondo disco col gruppo, è un rasoio che urla rabbia dentro un microfono mentre chitarre, basso e batteria menano ritmiche devastant; basta sentire, chessò, Shithead o D.O.A. oppure Urban Predator per rendersi conto che questi all’epoca davvero non facevano prigionieri. Poi però arriva anche la spinta melodica di Shadow World oppure quella di Downward Spiral ed il cerchio si chiude perché c’è tutto, c’è la violenza ma anche la melodia, in un disco che è attuale tanto adesso quanto vent’anni fa. Anzi, forse più oggi che non all’epoca. (Cesare Carrozzi)

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