Avere vent’anni: SEAR BLISS – Forsaken Symphony

I Sear Bliss sono in assoluto la band ungherese più famosa, anche se rimaniamo sempre confinati in un profondo underground dal quale persino gruppi storici come loro fanno una fatica dell’accidente ad uscire. La band di András “Herr” Nagy è in giro dal 1993, in pratica da quando il black metal ha ottenuto riconoscimento globale, ed è tuttora attiva. In questo lasso di tempo i Nostri hanno pubblicato otto album, un live celebrativo, due EP più qualcosa d’altro; il loro disco più famoso forse è il debutto Phantoms del 1996, il primo disco black metal nei cui spartiti viene utilizzata e perfettamente integrata una tromba, arrangiata in modo soffice e malinconico, che contribuisce non poco alla riuscita dei brani.

Forsaken Symphony arriva nel 2002 come quarto episodio della loro carriera (dopo The Haunting, 1998 e Grand Destiny, 2001) ed è con tutta probabilità il loro capolavoro, il punto più alto della loro espressione creativa. Un disco bellissimo che dura più di un’ora e i cui suoni ricordano molto quelli scelti dai Satyricon era Shadowthrone/Nemesis Divina per quanto riguarda le chitarre ed il basso, quest’ultimo distorto, pieno, in bell’evidenza, riempitivo e d’effetto come si conviene. Le tastiere in sottofondo accompagnano i riff rimanendo per lo più nascoste, azzeccando in pieno il proprio ruolo e portandolo a compimento come troppo di rado è successo… quante volte ci siamo subiti tastierine Bontempi spiattellate in faccia e ci siamo domandati a cosa cazzo servissero tutte quelle sdolcinate melodie in dischi black metal? Non è questo il caso: i nove pezzi sono tutti molto atmosferici e oscuri con una consistente ferocia di sottofondo, cantati con uno screaming non esasperato più che mai appropriato, suonati prevalentemente ad alte velocità con ottimi riff in tremolo picking d’ispirazione molto nordica, melodie cupe e infelici a far da trampolino di lancio per gli inserti di fiati – tromba innanzitutto come si è già accennato, ma Zoltán Pál, che è l’artista del gruppo e l’artefice della loro presenza, utilizza anche altri strumenti di questo tipo – che sono la marcia in più di tutto il disco e che sono stati la caratteristica distintiva dei Sear Bliss dalla loro nascita ai giorni d’oggi.

Quello che è veramente spiacevole, e non finirò mai di ribadirlo, è che negli anni sono andati persi decine di progetti e centinaia di dischi validissimi per mancanza di non so bene che cosa, carisma? promozione, pubblicità, distribuzione… cosa? Il disco è uscito per la Red Stream, etichetta/distro americana che in catalogo ha ed ha sempre avuto decine di migliaia di titoli ed è sempre stata perfettamente in grado di raggiungere il grande pubblico come e quando diavolo gli pareva. La probabilità che nessuno di voi abbia mai sentito nominare i Sear Bliss, e che la maggior parte di voi abbia ignorato fino a pochi minuti fa l’esistenza di un disco eccellente come Forsaken Symphony è elevatissima, e tanto è più probabile quest’evenienza tanto più bisogna rendersi conto che il music business molto spesso ha fallito, e hanno fallito anche i blackster pronti a perdersi dietro all’iconografia estrema di turno del gruppo ultrasatanico o complottista pluto-giudaico-massonico spesso non supportata da effettivi valori artistici piuttosto che ascoltare ottimo black metal proveniente da terre insulsamente meno blasonate e suonato da gruppi più ombrosi e più nascosti nei meandri dell’underground, ma migliaia di volte migliori di gente tutta chiacchiere e distintivo. Riportare in auge Forsaken Symphony, anche se sono già passati vent’anni e nel frattempo di acqua nei fiumi ne è passata tanta, e forse tutto questo tempo perduto non è così semplice da recuperare, è doveroso e ripara un torto fatto ai Sear Bliss dal tempo e dal black metal stesso. Che non siano uno dei gruppi black metal europei più rispettati di sempre per me è pazzesco, ed è una totale ingiustizia. (Griffar)

One comment

  • A volte mi rattristo perché ho scoperto questo underground solamente negli ultimi anni, ma più spesso sono consapevole del fatto che proprio adesso riesco ad “entrarci”, a stimare gruppi ultra di nicchia, a lodare queste atmosfere particolari, apprezzare i booklet super curati o volutamente scarni ma egualmente suggestivi. Sarà l’età

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