Avere vent’anni: KAMPFAR – Fra Underverdenen

Fa un certo effetto celebrare i vent’anni di Fra Underverdenen praticamente in contemporanea con il nuovo disco di Dolk e compagni, lavoro che sta ricevendo consensi un po’ ovunque raccogliendo nuove schiere di fan per la band di Fredrikstad. In questo spazio non mi pronuncerò sul nuovo corso della band (chi mi conosce sa come la penso) ma mi limiterò solo a dire che i Kampfar vent’anni fa erano decisamente un’altra cosa, con il loro personalissimo mix tra un classico black metal di matrice nordica e la componente folk portata dal chitarrista Thomas Andreassen, che oramai non fa più parte del gruppo da svariati anni.

I ghiacci perenni del capolavoro Mellom Skogkledde Aaser vengono in questi frangenti sostituiti da oscure foreste di conifere popolate da troll e altre creature malefiche prevenienti dal Mondo Sotterraneo (“fra underverdenen”, per l’appunto), che costituiscono il concept lirico del lavoro. Musicalmente questo disco si dimostra molto più oscuro e propriamente black metal rispetto al suo illustre predecessore, e da questo punto di vista l’opener I Ondskapens Kunst ne rappresenta un perfetto sunto, con un triste arpeggio di natura folk che dopo pochi secondi esplode in un violentissimo tremolo picking di chiarissima vecchia scuola norvegese, con Dolk che urla come un ossesso sopra linee di basso ultradistorto raramente così udibili in un disco black metal, che a volte si sostituiscono ai riff di chitarra.

Tre colpi di didgeridoo fanno da apripista alla successiva Troll, Død Og Trolldom, unico brano tra i presenti ad essere ancora riproposto oggi dal vivo, con una parte finale a dir poco da brividi. Con l’inno Norse si ritorna su territori più marcatamente folk, per un testo che rappresenta totale devozione per la propria madre terra (“Still I’m proud, Still I’m Norse”), anche se paradossalmente è il primo brano in assoluto ad adottare la lingua inglese. Svart og Vondt e i suoi tempi cadenzati richiamano da vicino le atmosfere del precedente full, e conferma la bravura dei Kampfar a ricrerare atmosfere pagane e folkeggianti pur non usando alcun strumento tipico del genere, mentre la violentissima ed evocatica Mork Pest pone il sigillo finale su un lavoro che non ha nulla da invidiare al suo illustre predecessore.

Fra Underverdenen è una perfetta sintesi di un certo modo di suonare black metal oramai quasi totalmente scomparso, un disco bellissimo ma purtroppo non altrettanto fortunato, in quanto ebbe gravissimi problemi di distribuzione che lo rese irreperibile per tempo immemore (io stesso ricordo quanto penai per rimediarlo). Ulteriori problemi di formazione e beghe legali provocarono lo scioglimento della band di lì a poco, per ripresentarsi svariati anni dopo con nuovi membri ed un nuovo percorso musicale, che li ha portati ad arrivare all’insipido black metal di oggi. (Michele Romani)

Un commento

  • Conobbi i Kampfar con questo disco, lessi una recensione che ne parlava strabene e, attratto soprattutto dalle componenti Folk, me lo procurai in qualche modo e ne rimasi folgorato.
    A me i Kampfar continuano a piacere ancora oggi, ma capisco il tuo punto di vista.

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