Josh Homme va in aeroporto, fa lo sborone e lo calcagnano di botte

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Padre, ho peccato.

Non ci ho capito nulla con Villains, mi rendo conto girando per il web di quanto sia piaciuto a un botto di gente e che ci sono perfino individui – da cui non acquisterei un’auto usata – che sostengono che si tratti del migliore album mai realizzato dai Queens Of The Stone Age. Mi sento in colpa perché col tempo sono riuscito ad assimilare perfino una roba sconclusionata come Era Vulgaris, di cui adesso apprezzo certe dissonanze e il suono fresco, ma nonostante tutto non vado oltre il riuscire a sentirne tre o quattro brani. Ma la title-track e 3’s & 7’s erano davvero fiche, mentre col nuovo ho perso. E poi ho giudicato in maniera amorale Josh, uno che mi ha spiegato fino a quali limiti di pesantezza potesse spingersi la musica rock quando avevo qualcosa tipo dodici anni. Insomma, tu sei abituato a sentire NOFX, The Offspring e Green Day e ti appare una roba che ti costringe a limitare il volume in cuffia del tuo walkman, altrimenti vai a ricomprare un paio di auricolari alla settimana. Erano i Kyuss, naturalmente. L’ho giudicato male perché non avevano mai fatto un martellamento mediatico come per Villains, e invece il silenzio crepitante del periodo dei Them Crooked Vultures e delle collaborazioni con Iggy Pop è terminato con una sequela di gif animate, video teaser, brevi estratti, interviste con toni spacconi quanto i Metallica nel ’97, abbigliamento da puttanieri a inizio serata, copertine ancora una volta brutte, singoli apripista da testate nel muro, passi alla Elvis Presley e metafore sul diavolo. Loro mi hanno provocato, Padre, e io non mi sono fatto andare giù il nuovo album. 

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Ma io, a differenza degli sbirri a Josh voglio in fin dei conti bene.

In un aeroporto della California, sembra che il giocherellone chitarrista dei Queens Of The Stone Age si sia presentato ai controlli di routine in pieno post-sbronza e con un regalo in valigia ricevuto – in occasione del suo compleanno – dal compagno di line-up Jesse Hughes degli Eagles Of Death Metal. Non era un iPod o una copia del nuovo Iron Monkey, ma a quanto pare uno di quei manganelli portatili da difesa di cui esistono numerose varianti (retrattile, a molla, telescopico come le canne da pesca, pieghevole e scommetto pure col logo di Metal Skunk). Il caso – e non la legge, secondo il rossocrinito musicista – ha voluto che quella roba in valigia non piacesse troppo agli addetti ai controlli, e pare che Homme sia finito in balia degli sbirri, giustificando il suo post-sbronza in una maniera talmente diplomatica che lo avrebbe portato a essere calcagnato di botte (scusatemi il termine fiorentino, ma è più forte di me) e arrestato presumo al grido KILL A COP! KILL A COP! Dopo Dani dei Cradle Of Filth, ecco un altro dei nostri idoli che combina la consueta cazzata… e con l’immagine da duro irreverente che gli stanno appiccicando addosso i media di questi tempi, speravo proprio non accadesse. Adesso però ridategli il bastone, che ci deve girare un video. (Marco Belardi)

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