Look what Relapse dragged in #3
Avrà pure studiato poliritmia jazz al Berklee College of Music ma David Davidson, chitarrista e leader dei Revocation, è visibilmente cresciuto con il poster di Chuck Schuldiner in cameretta. Accompagnato da una sezione ritmica che si limita a svolgere diligentemente il suo compito (il basso potrebbe “riempire” di più in alcuni frangenti), il giovane guitar hero fa da solo ritmica, assoli e voce, e l’album gira inevitabilmente intorno al suo estro, tra riff serrati di marca thrash, stacchi simil-fusion alla Cynic e scale intricatissime che manderanno in brodo di giuggiole i feticisti delle sei corde. Dai suoni moderni e da alcune scelte stilistiche (l’uso delle clean vocals) si sente che siamo di fronte a una band Usa degli anni ’10, cresciuta in una scena dove gli In Flames sono importanti quanto gli Slayer, ma le influenze principali sono i classici del death tecnico, in primis i Death. Nonostante le premesse, il terzo disco della formazione di Boston picchia duro, con delle chitarre protagoniste ma mai invadenti al punto tale da minare l’impatto di brani quasi sempre ficcanti ed efficaci. Il classico disco carino che potrà piacere un po’ a tutti, dal giovincello che ascolta deathcore al quarantenne con le toppe degli Atheist sul giubbotto jeans.
I Black Tusk vengono da Savannah come i Kylesa e i Baroness e hanno in comune con i primi l’animaccia nera sludge e con i secondi – oltre al copertinista John Baizley (che degli autori di The Blue Record è il cantante) – il pesante debito nei confronti dei Mastodon, una componente che in questo Set The Dial (che potete ascoltare in streaming qui) viene però un po’ a scemare a favore di quella post-hardcore. Il risultato è un album più scarno e diretto, godibile ma meno vario e coinvolgente del precedente Taste The Sin. Peccato, perché i georgiani mi sembravano paradossalmente più personali e interessanti quando facevano maggiormente il verso alla band di Leviathan: oggi rischiano di confondersi con più facilità nel calderone mezzo ‘core mezzo sludge che ribolle nelle paludi sotto la linea Mason-Dixon. A colate di fango come Ender Of All, dall’irresistibile attacco sabbathiano, o la groovosissima strumentale Resistor è difficile non cedere ma li preferivo prima, that’s all.
Sono passati quattro anni da Voices Of Omens. Tre dei quali trascorsi dal cantante Christopher a lavorare al documentario Slow Southern Steel, dedicato alle band sludge/doom sudiste. Dovrò recuperarlo a tutti i costi. Peccato che non abbiano chiesto a Lansdale di sceneggiarlo. Il trailer mette subito le cose in chiaro e inizia con due che si passano un cannone tanto per far capire con che gente abbiamo a che fare. A occhio e croce deve essere la cosa più fica del decennio, questo tocca intervistarlo. Con Sanford Parker dei Minsk (di recente visto al lavoro con i Nachtmystium) dietro la consolle, i veterani Rwake ci gettano in un trip senza uscita che risucchia tutte le principali suggestioni alla base di questi suoni: quattro lunghe e psicotiche cavalcate nell’abisso tra riff rugginosi figli dei Neurosis, afflati di epicità alla High On Fire, stordenti malumori acustici (l’ipnotizzante The Culling) e una sottilissima componente extreme metal che emerge quando le chitarre iniziano a svarionare e in qualche leggera pennellata di catrame black che ormai non è più cosi bizzarro scorgere in questo tipo di roba. Tra le migliori uscite dell’anno nell’ambito di un genere che ultimamente ci sta regalando un sacco di dischi della madonna, portando sempre più metallari sulla strada dell’abuso di sostanze psicotrope. Per farsi del male.
HAIL! HORNET – Disperse The Curse
Se gli Rwake sono la boccia di bourbon che vi farà svegliare con i falegnami in testa, gli Hail! Hornet sono il doppio Bloody Mary con il quale cercherete di ripigliarvi il day (vì) after non facendo altro che peggiorare le cose. In formazione troviamo alcuni tra i soggetti meno raccomandabili del circuito sludge sudista più disagiato e fattone: T-Roy Medlin (Sourvein, Buzzov*en) alla voce, Dave Collins dei Weedeater al basso, Vince Burke alla chitarra (Beaten Back To Pure, Lunch) e l’ormai onnipresente ex Alabama Thunderpussy Eric Larson alla batteria. Disperse The Curse è un divertissement presumibilmente concepito durante lunghe domeniche trascorse a tentare di farsi passare la risacca a suon di cannoni per poi finirla a tracannare Wild Turkey a stomaco vuoto e ricominciare il giorno dopo conciati ancora peggio. Sludge abrasivo e hardcoreggiante, sospeso tra rigurgiti sabbathiani e bordate ai limite del death’n’roll nei momenti più truci (a volte vengono in mente i Birds Of Prey, nei quali ha militato lo stesso Larson), che puzza di vomito e sudore lontano un miglio. Nel complesso niente male, il guaio è che di ‘sta roba ne sta uscendo talmente tanta che per fomentarsi serve qualcosina in più.
DEATH – Individual Thought Patterns (Deluxe Reissue)
Le reissue di The Sound Of Perseverance e Human uscite nei mesi scorsi non mi avevano certo fatto perdere il sonno, dato che il materiale extra (demo e versioni alternative) lasciava molto il tempo che trovava. Ben altra faccenda è questa ristampa di Individual Thought Patterns, forse l’album dei Death con la line-up più allucinante di sempre (Andy La Rocque, Steve Di Giorgio e Gene Hoglan ad affiancare il compianto Schuldiner). La versione in due dischi include, oltre alla versione remixata dell’incommensurabile capolavoro del 1993, a cura di Alan Douches (già al lavoro con la band ai bei tempi), la registrazione di uno show in Germania risalente allo stesso anno (dieci pezzi, una scaletta da urlo). Per i fanatici c’è anche una versione deluxe di 3 cd contenente le tracce demo di batteria e chitarra di tutti i pezzi del platter incise con un quattro tracce e i riff di tre canzoni registrate su nastro da Chuck. Arimortis. (Ciccio Russo)




Il discone degli RWAKE, che disco ragazzi. Dei Black Tusk preferisco il nuovo anzichè il precedente, ma il primo secondo me resta inarrivabile fino ad ora. Tutti gridano al miracolo ma a me i Revocation fanno solo sbadigliare.
"Mi piace""Mi piace"
Pingback: Nuovo video dei Revocation « Metal Shock
Pingback: Red Fang // Black Tusk // Doomraiser @Traffic, Roma, 6.04.2012 « Metal Skunk
Pingback: Sbratta che ti passa « Metal Skunk
Pingback: In fondo alla palude: intervista ai Black Tusk « Metal Skunk
Pingback: Skunk Jukebox: night of the living spread « Metal Skunk
Pingback: Skunk Jukebox: guai a voi, anime prave | Metal Skunk
Pingback: Music to light your joints to #8 | Metal Skunk
Pingback: CANNIBAL CORPSE @Fabryka, Cracovia, 16.11.2014 | Metal Skunk
Pingback: BLACK TUSK – Pillars of Ash | Metal Skunk