Venerando te Chuck Schuldiner: LEFT TO DIE @Slaughter, Paderno Dugnano (MI) 23.09.2025

Qualche tempo fa parlavo con un nostro lettore di antica data, il muscoloso Andrea, e parlando dei prossimi concerti in programma avevo accennato ai Left to Die. Lo avevo fatto mettendomi involontariamente sulla difensiva, una cosa del tipo “no ma sai, dimmi quello che vuoi ma io ci tengo a vederli, so che magari molti non approvano la cosa però ecco, no?”. Questo perché, se qualcuno non lo sapesse, i Left to Die sono tecnicamente una cover band, dato che sono nati con l’unico scopo di suonare dal vivo i primi due dischi dei Death. La risposta del nerboruto Andrea però è stata esemplare, perché ha evidenziato come in un futuro neanche troppo lontano questa potrebbe essere una strada obbligata per la musica per cui tutti noi versiamo il sangue. Come succede per il jazz, ha egli rimarcato. Da decenni, se tu vai in un jazz club, ti ritrovi musicisti che suonano pezzi di Miles Davis, John Coltrane o che so io, e tu ti aspetti esattamente quello. L’alternativa è, tra dieci o venti anni, prendere atto che non sentirai mai più dal vivo la musica dei gruppi che ti piacciono.

Non l’avevo mai vista da questa prospettiva. In effetti dalle nostre parti il concetto di cover band è sempre associato a qualcosa di pecoreccio, dopolavoristico, peraltro a ragione, perché solitamente le cover band di gruppi rock o metal quello sono. Infatti noi non ne parliamo. C’è bisogno di un cambio di paradigma per arrivare alla situazione del jazz, e a questo punto non escludo che a un certo punto ci si arriverà. Per quanto mi riguarda, avevo già visto due volte l’altra cover band dei Death, i Death to All, una volta all’Hellfest e l’altra al Traffic, e ne ero rimasto estasiato, quindi questa proprio non potevo perdermela.

Nello specifico i Left to Die sono una cover band molto particolare, diciamo così, perché la formazione è composta da mostri sacri del death americano: alla chitarra il leggendario Rick Rozz, fondatore degli stessi Death (e dei Mantas), per i quali ha suonato in Leprosy, e fondatore pure dei Massacre; al basso Terry Butler, che per i Death suonò in Spiritual Healing, anche lui membro storico dei Massacre nonché dei Six Feet Under, e attualmente negli Obituary; alla voce e chitarra solista Matt Harvey, leader degli Exhumed e di vari altri progetti nonché dei Gruesome, a sua volta gruppo clone dei primi Death; e alla batteria Gus Rìos, anche lui nei Gruesome nonché ex Malevolent Creation.

Prima di parlare dei Left to Die, qualche parola sui gruppi di supporto. Purtroppo mi sono perso i Cerebral Extinction, gruppo in cui peraltro suona Walter Garau, di cui si è profusamente parlato su queste pagine. Spero di rimediare la prossima volta. Gran botta invece i bresciani Egocide, di cui non avevo mai sentito una nota prima, che mi hanno spettinato. Death metal hardcorizzato (ma non deathcore) con varie parti in italiano che lì per lì mi hanno ricordato i vecchi Cripple Bastards. Saranno stati i volumi altissimi, sarà stata l’attitudine da calci in bocca e vaffanculo, ma mi hanno preso proprio bene. Mi sono posizionato anche davanti per godermeli come si deve, loro però a un certo punto hanno invocato il wall of death e io, che sono vecchia scuola (e vecchio), mi sono defilato. Il cantante poi si sarebbe involontariamente vendicato travolgendomi nel pogo furioso durante i Left to Die. Ottimi, comunque.

Arriva quindi il momento degli headliner, accolti con affetto straripante da uno Slaughter pieno diciamo per metà. A proposito dello Slaughter: non ci venivo da un po’, e l’ho trovato enormemente migliorato, soprattutto nell’acustica. Anni fa a sentire un concerto del genere non ci avresti capito quasi nulla, invece ora suona tutto sorprendentemente pulito. La serata è dedicata a Scream Bloody Gore, e l’attacco è per l’appunto Infernal Death, durante la quale si capisce l’andazzo che prenderà la serata: un Matt Harvey fantastico, sia alla chitarra che alla voce, che si occupa di tenere il palco e intrattenere il pubblico da solo, mentre Rozz e Butler rimangono fermi sulla propria mattonella, concentrati solo a suonare e a sprigionare la loro potentissima aura di leggende venute da un’altra epoca, lontana e irrimediabilmente migliore di questa. Il debutto dei Death viene suonato per intero, come annunciato, e la scaletta è integrata da quattro altri pezzi: uno dei Mantas (Witch of Hell) e tre da Leprosy: Open Casket, Pull the Plug e, ovviamente, Left to Die. Tutto eseguito con estrema precisione e grande trasporto; del resto cantante e batterista sono talmente sinceri nella loro devozione da aver fondato un gruppo clone dei Death, quindi potete immaginarvi in che modo si approcciano agli originali. Più che un concerto è un rituale, una liturgia, un atto dovuto di adorazione verso qualcosa che è così profondamente inciso a fuoco nei nostri cuori da non poter neanche essere spiegabile. Perché i Death sono molto più che un semplice gruppo musicale, Leprosy è probabilmente il miglior disco death metal mai inciso e oggi tutti noi dovevamo essere qui. E, dato che Chuck non c’è più, ci si lasci almeno la possibilità di onorarlo nel miglior modo possibile. (barg)

11 commenti

  • Metallaro scettico
    Avatar di Metallaro scettico

    guarda Barg, questa è una conclusione a cui sono giunto anche io. La mia tesi è più o meno la seguente:

    Non ci sono più innovazioni nel metal, solo una lenta evoluzione che procede per stratificazione
    Ci sono milioni di ottimi musicisti e tantissima informazione in Internet che permette a moltissime “band” di fare e registrare musica a livelli tecnicamente alti (se paragonato a 20 anni fa), ma risultano essere o epigoni degli epigoni, oppure sono molto bravi ad esplorare nicchie
    A causa della offerta digitale frammentata ed abbondante, non emergono più supergruppi. Ma anche gruppi medi non riescono più a vivere di musica
    Non faccio considerazioni sociologiche perché non conosco la realtà dei metallari giovani di oggi. (Su cui giusto per principio, ci scatarro su, cit.)

    Quindi forse è piu dignitoso fare una cover band dei Dissection piuttosto che non suonare nell’ennesima band clone.
    prove me wrong

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    • Avatar di antigod2112

      Concordo con te e aggiungo: al di là di ogni considerazione sull’originalità della musica, sulle cover band che tolgono spazio agli artisti originali ecc.: la musica metal è anche patrimonio CULTURALE. Come tale, deve essere preservata e tramandata alle future generazioni.

      Certamente i cd e i vinili con i brani originali continueranno a essere venduti e ascoltati, anche in streaming volendo: ma per quanto riguarda l’aspetto live (che è fondamentale per questa musica), l’unica soluzione è che i musicisti del futuro, tecnicamente preparati e devoti al genere, si autorizzino a suonarla su un palco.

      Ma per fare questo è necessario che il pubblico, cioè noi, si decida a superare il paradigma “non ci sono musicisti originali = è una merda”, e lo approcci con lo spirito con cui un appassionato di musica classica va a teatro ad ascoltare la musica di Mozart, ben sapendo che il Mozart in carne e ossa è morto da più di 200 anni (e non per questo si smette di comporre musica classica originale).

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  • Avatar di Old Roger

    Tanto per fare l’avvocato del diavolo , ma mi pare che dopo “Spiritual Healing” il buon Chuck non fosse rimasto in rapporti idialici né con Butler , né con Andrews . Il Buon Rick Rozz ( all’anagrafe Frederick DeLillo) fu buttato fuori addirittura dopo Leprosy , perché come affermò Schuldiner ,non era interessato ad evolvere come musicista….

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  • Avatar di ignis

    Articolo davvero molto interessante!

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  • Avatar di Old Roger

    Io sapevo che all’epoca, Butler e Andrews si sfilarono per rientrare nei Massacre e impedendo a Chuck di andare in tour in Europa con Spiritual Healing, che ovviamente non la prese benissimo , vedi invettive sul booklet di Human

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    • Avatar di trainspotting

      Se a quanto ho capito sei un vecchiardo come me ti ricorderai che all’epoca Chuck Schuldiner aveva la pessima fama di tiranno nella band, un po’ come Mustaine. Aveva anche le sue ragioni, del resto il gruppo era suo e nelle sue intenzioni bisognava evolvere in maniera rapidissima, tant’è che i Death hanno praticamente avuto formazioni diverse per ogni disco perché invece di prendersi gente che gli stesse dietro preferiva scegliersi quelli giusti per ogni diversa fase della band. Del resto tu te lo immagini Terry Butler a suonare in Symbolic? E chiedere a Rick Rozz di “evolvere” per essere in grado di suonare le partiture di Human mi sembra un’idea assurda, semplicemente non è roba per lui. Ora io non so cosa sia successo nello specifico, ma vale il discorso fatto anche per Dani Filth: se tu cambi formazione continuamente e hai un turnover di musicisti costante, probabilmente il “problema” non sono i musicisti.

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    • Avatar di Fanta

      Esatto, ma ci fu anche chi prima di Human o giù di lì, tra gli ex membri, paventò di andare comunque in tour a nome Death senza Chuck. Questo perché lo stesso Shuldiner aveva avuto degli scazzi con promoter e agenzie.

      Credo che questo episodio lo mise definitivamente sulla difensiva, una volta che riuscì a ribadire legalmente che il marchio Death era solo roba sua.

      Non è lo stesso discorso che vale per Dani Filth, non ci sono similitudini se non negli esiti di gente buttata fuori. Nel caso dei Death non era una questione economica. Era avere una direzione precisa, una visione evolutiva servendosi di colleghi/session in grado, di volta in volta, di accompagnare la leadership tecnica e progettuale di Shuldiner.

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  • Avatar di fabio rossi

    Secondo me nasceranno cover band di gruppi creati con l’intelligenza artificiale che si ispirano ai Death.

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