Sognando Chuck Schuldiner: EXTORTED – Cognitive Dissonance

L’EP di debutto dei neozelandesi Extorted ha visto la luce negli stessi giorni in cui le forze dell’ordine si apprestavano a mettere in quarantena l’intero abitato di Codogno. Immaginate che genere d’interesse potesse ricevere un prodotto che, oltretutto, si intitolava Trash Metal, volutamente senza la h, presentato nel febbraio del 2020 con una copertina imbarazzante e un logo comprensibile solamente agli autori.

Lo stile era piuttosto confusionario: una sorta di proto-thrash, come se Phil Anselmo si fosse messo a cantare sugli scarti dei Discharge nel suo diciannovesimo side project, e un brano finale – Beyond Flesh – più che velatamente orientato al death metal tipico di coloro che fra poche righe nominerò. Poi la copertina, con quella imbarazzante faccia da meme e quel contrasto fra le t-shirt dei Fleshgod Apocalypse e del Conte. Una roba tipo la pizza con l’ananas.

Quattro anni più tardi i connazionali di Peter Jackson hanno le idee chiare e manifestano un incondizionato desiderio di suonare death metal. Apertamente etichettati come cloni dei Death, mi sono ascoltato il loro Cognitive Dissonance e in esso ho scoperto molto di più. E molto di quel che ho scoperto, forse, neanche gli serviva.

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I gingilli in loro dotazione non rivoluzioneranno certo il genere intero, per quanto l’essere umano alle porte del 2025 possa pretendere chissà quali ribaltoni nello stagionato panorama metallaro. La prima traccia Deception ha le finte ripartenze tipiche dei Cannibal Corpse, la seconda un assolo di chitarra godibilissimo che mi ha fatto ripensare alla parentesi turnista di James Murphy con gli Obituary. E per giunta si intitola Infected.

I Death arrivano come una martellata in faccia, tanto per restare in tema di citazionismo spicciolo, alla terza Transformation of Dreams: il buon motivo per cui si era potuto ragionare degli Extorted in termini di cloni dei Death. In questa circostanza non è più la voce di Joel Clark ad assomigliare volutamente a quella di Chuck Schuldiner. È tutto il contesto che va a gonfie vele in direzione dell’album Symbolic: non fosse per una spiccata semplificazione della batteria, si potrebbe quasi definirla lo spin-off perfetto del suono di quell’album, che fu assoluto manifesto degli anni Novanta. Oltre a Schuldiner, a tratti ci sento anche un pizzicotto del Martin Van Drunen dell’epoca in cui non era completamente afono.

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Ivan Roberts va a teatro

Il consiglio che umilmente porto agli ottimi Extorted è il seguente. Suonate un discreto death metal, e funzionate meglio quando andate a giri ridotti che durante le previste e prevedibili accelerazioni. Tenetevi in scia a quella Transformation of Dreams e funzionerete. Non è il copiare i Death che rischierà di mandarvi incontro all’anonimato: lo è, piuttosto, suonare un death metal di per sé un po’ anonimo, il che si verifica in alcune e per fortuna isolate circostanze. Quindi fregatevene e copiateli pure, perché vi riesce benissimo. Oltretutto il panorama death metal è infarcito di cloni degli Incantation e dei Morbid Angel, e non ne possiamo più. Ben venga qualcuno che è in grado di suonare in scia ai Death nel quasi 2025. Perché già quando indicavamo i Martyr come loro cloni in realtà lo dicevamo perché suonavano un death metal tecnico e curato: ma veri e propri cloni dei Death non li abbiamo quasi mai affrontati, questo grazie alla smisurata personalità compositiva e sonora su cui si è eretto l’immortale personaggio di Schuldiner.

Cognitive Dissonance, ossia la title track, è tirata per le lunghe proprio per la riproposizione assidua delle sue non necessariamente funzionali accelerazioni. Ghastly Creatures è un’accurata rimpiattata di ritmiche e metriche del ritornello di Denial of Life. Il finale di Violence fa scapocciare come lo faceva il solo pensare ai Pantera un quarto di secolo fa. Limits of Reality inizia dalle parti degli episodi meno aggressivi di Individual Thought Patterns, poi prende coraggio e accelera senza intoppi. Il riff a 4’15” è la cosa più Chuck Schuldiner non firmata da Schuldiner che io abbia mai sentito: autore è lo sconosciuto Ivan Roberts, neozelandese. Applausi, per quanto lo stile suonato sia noto al mondo metallaro sin dai tempi in cui Human e album del genere contribuirono a cementarlo.

Un album tutto sommato gradevolissimo da cima a fondo. Ma quella terza traccia, signori neozelandesi, quella Transformation of Dreams è la summa di tutto quanto avete costruito sinora. Il punto focale su cui costruire tutto quanto il resto. (Marco Belardi)

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