La cuginanza degli Obscura: ALKALOID – Numen

Gli Alkaloid stanno agli Obscura come l’Empoli sta alla Juventus. La gente è la stessa: va, viene, torna, ci ripensa. C’è Christian Munzner ad accomunare le due formazioni, il talentuoso chitarrista che si presentò agli Obscura al momento di registrarne il secondo album Cosmogenesis, il primo importante su larga scala della loro discografia per merito dell’approdo su Relapse. Mi manca quel periodo in cui su Metal Skunk leggevo le recensioni dei dischi death metal e nel titolo, fra parentesi, puntualmente c’era scritto Relapse. Era il tempo in cui gli Obscura suonavano un techno-death gradevolissimo e non una mezza rottura di coglioni.

Munzner a un certo punto era perfino uscito dagli Obscura per creare due entità separate: gli Eternity’s End, un elaborato power metal crucco, e appunto gli Alkaloid. In entrambi i casi collaborò sin da principio col fido Hannes Grossmann, da non confondere col favoloso personaggio di Tom Cruise in Tropic Thunder. Hannes Grossmann altri non era che il batterista degli Obscura, anch’egli dentro dai tempi di Cosmogenesis. Il terzo membro degli Obscura coinvolto qua dentro corrisponde al nome di Linus Klausenitzer. Pure lui negli Eternity’s End, che, a questo punto, stanno agli Obscura come il Siena sta alla Juventus.

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In questo turbinìo di band affiliate che si prestano vicendevolmente gli elementi, arriviamo a discorrere del terzo degli Alkaloid, intitolato semplicemente Numen e composto da un’impegnativa ora e dieci di musica che alterna death metal, fastidiosi passaggi di un basso elettrico che fa di tutto per suonare come robaccia mathcore, dissonanze su dissonanze, altro death metal e brani con un’improvvisa impostazione da singolo. Molta varietà quindi, e anche una discreta fruibilità in proporzione alla summenzionata durata dell’album e alla complessità dei suoi contenuti. The Malkuth Grimoire lo sentii qualche anno dopo la sua uscita e lo trovai semplicemente noioso, faticosissimo da ascoltare. Credo che in otto anni gli Alkaloid abbiano messo a posto molte cose.

L’attitudine singolara, certe volte, convive senza grossi problemi con la brutalità, come nel caso di Shades of Shub-Niggurath. Non c’è stato un solo momento in cui mi sia sentito disturbato dai passaggi di voce pulita o dagli improvvisi stop and go messi per far risaltare la melodia. Certo, preferisco la puzza di Morbid Angel che aleggia su tutta Qliphosis e trovo più centrato un singoletto come Clusterfuck, ma nessun brano degli undici scritti per Numen è tutto sommato finito fuori contesto. The Cambrian Explosion, apertamente una manifestazione di shredding scritta appositamente per compiacere lo stesso Munzner, riesce addirittura a contenersi sotto la soglia dei quattro minuti.

Alkaloid-Numen-Band-2Credo che alla base di tutto questo vi sia, oltre a una tecnica di base squisita, un’innata capacità di programmare la scaletta e le sue dinamiche. È un aspetto fondamentale senza il quale sarebbe ostico il solo pensare d’affrontare settanta minuti di siffatte dissonanze e tecnicismi. Inserire in tutto questo una sorta di ballatona come A Fool’s Desire, per assurdo un vago rimescolone di Machine Head e incedere trasandato alla Load, può sembrare da manicomio, ma spezza il muro di suono e concede di rifiatare. E non è neppure brutta. Mie preferite su tutte Numen, Qliphosis e The Fungi From Yoggoth, una sorta di ammodernamento dei medesimi concetti espressi dai Morbid Angel in Summoning Redemption, ritmiche incluse.

La parte migliore degli Obscura (Munzner e Grossmann) è riunita qui per dar luce a un qualcosa di nuovo. Che per una mera questione di gusti personali non mi appassiona, preferendo io di gran lunga il death metal tecnico di vecchio stampo: ma in qualsiasi maniera posso definire Numen fuorché come un ascolto che ho ritenuto sgradevole. Ora però un pelino in più di Morbid Angel e qualche sega in meno, e poi ci siamo.

Nota a margine: il cantante Florian Magnus Maier non ha mai suonato negli Obscura e nemmeno negli Eternity’s End. Sono certo che gli toccherà presto. (Marco Belardi)

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