Thrash metal cantato male: EVILE – Hell Unleashed

Gli Evile sono un gruppo thrash inglese celebre per le numerose scosse di terremoto che ne hanno dissestata la line-up, in un modo che in qualunque altro caso avremmo indicato come irreversibile. Il loro bassista storico Mike Alexander c’è addirittura rimasto secco, mentre il chitarrista solista s’è ritrovato a dover cantare, peraltro male, in seguito alla dipartita del chitarrista ritmico, fondatore, nonché fratello. È di questa tipologia l’immaginario, sullo sfondo del Covid-19, sul quale gli Evile si ritrovano a operare. Nonostante le premesse, loro se ne stanno dritti in piedi, pubblicano un album nel biennio di merda per eccellenza, lo intitolano Hell Unleashed e lo fanno pure suonare in maniera sensibilmente differente dagli altri: il problema resta tuttavia la qualità, perché su quella c’è e ci sarà eternamente da lavorar sopra.

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Il parametro vitale col quale possono essere riassunti è il loro thrash metal snello, se non addirittura ridotto all’osso. Immaginate il thrash iperprodotto degli ultimi tempi: frequenze basse, una pompata qua, una pompata là, come se oggi i dischi venissero prodotti con una sac a poche su per il culo anziché un criterio ben preciso. Ecco, ora immaginate l’esatto opposto e otterrete gli Evile del debutto Enter the Grave, il cui suono è, o meglio era, tagliente come da manuale operativo degli anni Ottanta. Batteria e chitarre scarnificate e il basso sofferente come una di quelle stelle che solo grazie all’ausilio del telescopio Hubble scopri essere in assoluta sofferenza, pronte a implodere o esplodere o chissà cosa altro. Poi la voce, possente e cattiva ed eternamente assestata su toni medio alti sulla scia di Tom Araya, del Russ Anderson di Distortion e del James Hetfield di Master of Puppets. Non si può certo dire che Matt Drake disponesse di una personalità definita. Ecco, gli Evile sono spesso associati ai Metallica non solo perché ne furono la cover band agli esordi, ma anche perché i loro pezzi lenti vorrebbero assomigliare ai Metallica delle mid tempo di roccia del periodo 1984/1988. A dire il vero ne furono la cover band agli esordi, ma non è quello il fattore determinante. Ogni volta che accelerano, la sensazione d’essere al cospetto dei Metallica finisce per esser relegata alla sola voce. Provate a sentire Cult da Five Serpent’s Teeth se cercate i Metallica negli Evile. Ma lasciate perdere, per carità, l’ultimo album.

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Purtroppo con Five Serpent’s Teeth il thrash metal degli Evile ha cominciato a risultare meno snello ed estetico, più corposo rispetto a quegli esordi che personalmente ho adorato senza però mai gridare al miracolo. Ne hanno giovato i pezzi, e ne ha giovato l’estro di Matt Drake, che restava un clone decente ma sapeva mitigare il fattore indecenza e porsi con un certo mestiere.

Ora Matt Drake non c’è più, e canta suo fratello: un ottimo chitarrista.

Suo fratello canta letteralmente da cani, motivo per cui la melodia prorompente delle ultime due produzioni degli Evile è stata buttata nell’indifferenziato. In suo luogo troviamo un thrash metal estremo, spinto ma non necessariamente d’assalto come quello degli Evildead del ritorno in scena. Matt Drake per Ol Drake al microfono, in compenso, ci consegna la netta sensazione che la voce abbia tentato di riprendere i canoni di Enter the Grave, cancellando ogni cenno d’evoluzione o risvolto postumo. E’ il feeling ottantiano a non fuoriuscirne più, o almeno non in quella maniera.

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Il riferimento stavolta sono i Possessed, i Master, i Death Strike e tutte quelle belle cose vecchia scuola il cui mood è pressoché irripetibile. E infatti non viene ripetuto. Nonostante non si disponga di linee vocali esaltanti, è ancora una volta il fattore mid tempo a farla da padrone: Zombie Apocalypse è uno dei pezzi migliori e finisci per goderti le sue accelerazioni proprio in virtù del fatto che offrono dinamismo. Buona anche Gore, la title-track in scia agli Slayer e The Thing (1982), chiaro omaggio a un film semplicemente pazzesco, con ripetuti cambi di tempo e riff ben più strutturati del solito.

Non un brutto disco, questo Hell Unleashed, ma il cantante uccide tutto. Toglie spessore, toglie la possibilità che funzionino i ritornelli, toglie la speranza che un giorno questa band azzecchi l’album che meritatamente o meno meritatamente la consacrerà. Gli Evile hanno debuttato con l’ottimo Enter the Grave e proseguito alternando dischi carini a dischi all’incirca carini quanto gli altri. Questo è l’ennesimo di essi, e differisce dai precedenti senza elevare la propria qualità. E soffre come un cane ogni volta che qualcuno s’azzarda a cantare, motivo per cui non potrò che ritenerlo un passo indietro, almeno a un livello strettamente strategico. Peccato, perché di riff godibili qua dentro se ne trovano a palate (il finale di Disorder e il break centrale della title track non riesco a definirli in altro modo che con la parola “scuola”). (Marco Belardi)

Un commento

  • L’album non mi dispiace, prova del cantante annessa. La cosa che preoccupa è che l’unico progresso rispetto a Infected Nations consiste nel fatto che adesso quasi tutto l’album suona come Infected Nations.

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