In Nomine Doomini vol. 7: LITTLE ALBERT, CANCERVO, SONIC WOLVES

Numero stavolta dedicato a chi ama pulire i propri panni sporchi sulle rive dell’Arno, dell’Adda o dell’Aniene (sempre che non si sporchino peggio). Numero tutto tricolore, più o meno, così non perdiamo il passo con quello che accade nel Bel Paese, come spesso capita (e in coda infatti recuperiamo la nostra imperdonabile mancanza citando due uscite cui abbiamo mancato di dare risalto l’anno passato). Ché ormai il “nostro” doom è rinomato e ricercato soprattutto fuori confine. Poi, si sa, in musica i confini sono immaginari. Pure quelli tra i generi, per cui non ci facciamo scrupolo, stavolta, ad uscire dal nostro cupo e mesto orticello.

Con quella che può sembrare una forzatura bella e buona ci occupiamo in questa rubrica del nuovo album di LITTLE ALBERT, che è un album di blues, non di doom. Ora, musicofili migliori di me tirerebbero pure fuori chissà che albero genealogico per ricondurre le radici della musica del Destino fino al delta del Mississippi o ancora più in là. A me stavolta basta in realtà rilevare che Little Albert è il chitarrista dei Messa, la meraviglia doom nostrana. Doom e non solo, e il fatto che il chitarrista della compagine sia il meno metal dei quattro membri è già una bella peculiarità. In proprio di metal non ne suona, Piccolo Alberto (vero nome). Suona blues, dicevo, e in particolare questo The Road not Taken sembra particolarmente in fissa con quello che ha invaso l’inghilterra della British Invasion, col pendolo che oscilla in continuazione tra i due lati dell’Atlantico. Comunque, la musica che in tempi relativamente recenti ha fatto scuola a gente come Jack White e Joshua Homme (e a tratti si sente). Ma il Maestro alla fine era uno, Jimmy Page, cui Little Albert tende, musicalmente, con la sua magia (bianca) chitarristica. La chitarra che è una delle componenti della Meraviglia della musica della band Madre e che in questi trentasei minuti è protagonista, quasi solista. Un basso, una batteria e il cantato in stile, tra le righe, dello stesso Piccolo. Il resto, appunto, è Chitarra. La splendida chitarra di un musicista di cui dovremmo essere tutti ben gelosi, ormai. Tanto piacere che non sia metal, che non sia doom. Qui la mestizia è romantica e molto, molto stilosa.

Rientriamo saldamente in ambiente doom. Fanno un passo in avanti i CANCERVO, che avevamo incontrato qui e che sono già al terzo disco, intitolato proprio per l’appunto III. Se li avete già ascoltati, anche magari dal vivo, non potete non associarli con un cantato… parecchio enfatico, direi. Non era la parte che preferivo del suono dei tre lombardi, sinceramente. Anzi. Bene, a questo giro l’interpretazione s’è asciugata, rimane un lamento catacombale (qualcuno ha detto Abysmal Grief?), sicuramente meno originale. Ma è un bene. La musica resta incentrata sul Riff, sulla ripetizione ossessiva. Una formula basica, ma che stavolta riesce meglio a far entrare l’ascoltatore in una dimensione straniante ed angosciosa. Bella la copertina dai toni violacei, che fanno subito italian dark sound. Ecco, la direzione sta diventando quella (ecco, dicevo, i lugubri genovesi menzionati poc’anzi). Così i Cancervo escono un po’ dal loro isolazionismo valligiano e diventano uno dei nomi da ricordarsi quando si elencano le pattuglie più nere del doom dello stivale.

Altro III, quindi altro terzo album, e altra piccola realtà italiana (almeno in buona parte), i SONIC WOLVES. Dietro (alle pelli) c’è Vita, ormai fuoriuscito dagli Ufomammut, insieme a sua moglie Kayt Vigil, dagli Stati Uniti, in passato transitata brevemente per Pentagram e Hounds of Hasselvander. A questo turno alla chitarra c’è tale Nico Nigro, che ci mette la dose principale di wah wah ed heavy psych. A dire il vero, pure qui il legame col doom vien prevalentemente dal curriculum dei musicisti coinvolti, ma non si può certo dire che lo stoner/psych non sia attiguo e per certi versi affine. Nei Sonic Wolves prevalgono la dimensione rock’n’roll e le divagazioni psichedeliche (Heavy Lies the Crow). La voce della Vigil riprende invece direttamente certi anni ’90 femminili (non solo riot), per cui: zero enfasi, zero “bel canto”, attitudine grezza e via dalla mia strada, che oggi non è aria. In sostanza, disco in stile, gira bene. Dimensione ideale credo sia quella dal vivo. Se vi capitano a tiro, mi raccomando, non fate come certe brutte persone, non esagerate e mantenete un briciolo di sobrietà.

Detto questo, Signori, è proprio il caso di ricordare che da noi il Doom si diffonde come una magnifica pestilenza. A breve tornano Haunted e Black Spell e siamo sicuri ci sarà di che saziarci per bene. Continuano a saltare fuori nuovi gruppi promettenti. Fervono le attività dei Dead Flowers Graves, speriamo giungano presto a dare un seguito corposo all’interessante Ep di due anni fa. E poi gli Stryx, marchigiani. Altri nomi che tengo sott’occhio sicuro ora mi sfuggono. Spesso sono talmente tanti che letteralmente mi cascano dalle mani. Nel 2023 per dire mi sono sfuggite due uscite che forse non sono sfuggite a voi, aficionados del narcosatanismo: il viaggione Reaching for the Light, con cui i DEMONIO hanno dimostrato di fare sul serio, ed il perverso Ablanathanalba, dei WIZARD MASTER. Due belle chicche che è un peccato aver perso l’hanno scorso. Eh, signori, che volete, esce proprio tanta roba! (Lorenzo Centini)

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